LAMBERTI, Niccolò (detto Il pela)
Scultore e architetto, morto a Firenze nel 1451. Fiorentino di nascita, non aretino, come aveva detto il Vasari, per confusione con Niccolò Spinelli, a cui è probabile spettino perciò i lavori di scultura per il duomo di Arezzo, e quelli di architettura per Borgo San Sepolcro e per la Certosa di Pavia; nel 1388 trovasi certo fra gli artisti addetti a S. Maria del Fiore. A Firenze, però, dove accanto a Giovanni d'Ambrogio, dirige i lavori della porta della Mandorla, ispira la schiera più tradizionalista, a cui si allaccia dapprima Donatello stesso. In scultura egli vi dà il S. Luca, già in una nicchia di Orsanmichele (1403-1406), e ora al Bargello, e il San Marco per la facciata del Duomo, finito nel 1415; ma la sua efficacia dovette essere ampia anche in architettura, come ci provano i lavori per la cattedrale di Prato e la stima che gli dimostrava il Brunellesco stesso. Sarebbe stato però a Firenze ormai un sorpassato, se non fosse andato a Venezia come proto di S. Marco. Ivi coronò, con aiuti toscani e lombardi, di un nugolo di statue le cuspidi e gli archi; fra cui notevoli i quattro Padri della Chiesa verso S. Basso, i due santi verso la Piazzetta e il S. Marco venerato da angeli del fastigio centrale. Presiedette ai lavori per il ripristino della chiesa dogale, resi necessarî dal terribile incendio del 1418, chiamando a collaborarvi, oltre al figlio Pietro, Paolo Uccello, quale maestro di mosaico. Ma fu questo suo dominio, unito all'adattabilità suadente del suo stile di transizione, che fece penetrare tra le lagune il Rinascimento. Al cui prevalere si deve d'altra parte il suo successivo allontanamento, che lo condusse dapprima a Bologna, ove più non esiste la tomba fatta per Alessandro V, e poi a Firenze.
Suo figlio Pietro, nato nel 1393 a Firenze, poté facilmente portare il Rinascimento ben più innanzi del padre a Venezia, dove quasi sempre operò, dopo il tirocinio toscano, di cui è prova la probabile collaborazione del 1410, per una statua di Orsanmichele, forse il lezioso S. Iacopo, con la bella storietta della base e con il suo tabernacolo. A Venezia egli appare già nel 1416 al seguito del padre; fece poi una breve parentesi verso il 1420 a Firenze, per eseguirvi la tomba di Onofri Strozzi in S. Trinita e l'Annunciazione per Orsanmichele; e si deve credere soppiantasse nel 1424 il padre, per i lavori dell'ala nuova del Palazzo Ducale. La sua attività a Venezia e nel Veneto si può dividere in tre momenti; quello dei lavori di S. Marco, dove egli prepondera, nella fascia del finestrone, nelle possenti statue della facciata, tranne per la cuspide centrale, nei busti dei fiorami, nei bellissimi doccioni verso S. Basso e in altre opere sparse per la città: quello dei lavori del Palazzo Ducale, ove campeggia il gruppo che il Reymond definì a ragione la più bella scultura di Venezia: il Giudizio di Salomone, ch'è sopra il famoso capitello della Giustizia, con la scritta Duo sotii Florentini incise (runt); attività che si estende secondo il parere del Fiocco, a quasi tutte le sculture di quel complesso, e ad alcune sculture come le quattro Virtù della Porta della Carta, eseguita solo dopo la sua partenza dai Bon, ma non commesse a questo. Terzo, quello veneto extra-lagunare, che è testimoniato dal monumento Fulgosio a Padova (Santo), e da quello Serego in S. Anastasia a Verona; dove l'artista, soppiantato ormai a Venezia dagli architetti locali, si recò per lavorarvi e per farvi l'imprenditore di marmi, e dove morì nel 1435 nel fiore degli anni.
Spetterà allo studio più approfondito di questo capitolo della scultura toscana nel Veneto, essenziale ivi per il prossimo trionfo del Rinascimento, di sceverare, accanto al maestro, la schiera numerosa degli aiuti, che non permettono talvolta altro che un giudizio generico, e dànno alle opere disuguaglianze grandi. Basti ricordare intanto, oltre a Giovanni Martino da Firenze che collaborò con Pietro alla tomba del doge Tommaso Mocenigo, Antonio da Firenze e il Nani, ormai precisati dai documenti.
Bibl.: L. P. (Planiscig), in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXV, Lipsia 1931 (s. v. Nicolò di Piero Lamberti; con la bibl. precedente); G. Fiocco, in Riv. d'arte, XII (1930), pp. 565-88; id., ibid., XIII (1931), pp. 266-84; id., in Atti Istituto veneto, XC (1931); R. Piattoli, Il Pela, Agnolo Gaddi e Giovanni d'Ambrogio alle prese con la giustizia, in Riv. d'arte, XIV (1932), pp. 377-82.