GUCCI, Niccolò
Discendente da un'antica e agiata famiglia di Cortona, legata sin dal XV secolo alla potente famiglia dei Vitelli, nacque da Piero, in una data collocabile nel primo quindicennio del XVI secolo.
Intorno al 1530 intraprese un breve apprendistato, probabilmente al fianco del tipografo cremonese Antonio Mazzocchi, che forse ebbe modo di conoscere per tramite del conterraneo Leone Passerini, priore a Cremona. Nel 1533 in società con il Mazzocchi e con il fiorentino Pietro Rezzi stampò a Firenze la Mandragola di N. Machiavelli. Dopo pochi anni trasferì le modeste attrezzature tipografiche a Siena. In quella città, in società con il Mazzocchi, nel 1536 diede alle stampe tre opere: I quattro giochi, commedia di Ventura Brolio (su istanza di Giovanni Landi, stampatore, editore e libraio attivo a Siena nella prima metà del Cinquecento); l'Egloga rusticale del parentado fatto con Marietta e Guasparino e lo Stracale dell'attore-autore senese Pierantonio Legacci dello Stricca. Autentico tipografo itinerante, l'anno seguente il G. riportò torchio e caratteri a Firenze. Qui si pose al servizio di Benedetto Giunti, tra i maggiori stampatori ed editori del tempo, il quale commissionò alla società Gucci e Mazzocchi la stampa del Liber de marasmo specie tabis attribuito a Galeno: per la prima volta entrambi gli associati risultano indicati nel colophon con la qualifica di impraessores. Anche l'edizione della Clizia di N. Machiavelli, data alle stampe nel 1537, vide l'interessamento del Giunti, anche se nulla prova che egli abbia concorso alle spese sostenute dal G., dal Mazzocchi e dal Rezzi, i soli a comparire nel colophon. Dello stesso anno è pure l'edizione dei Settesalmidella penitentia di David composti da Pietro Aretino.
La fama del G. dovette raggiungere presto Città di Castello, se è vero che nel 1538 i Priori lo invitarono insieme con il socio Mazzocchi per commissionare loro la stampa del Liberstatutorum Civitatis Castelli, con il quale per la prima volta l'arte tipografica fu introdotta in città. Nella società a quella data sicuramente le professionalità risultavano distinte e al G. toccava una posizione subalterna rispetto al Mazzocchi, cui è attribuito il grado di magister, ruolo apicale nelle arti. L'impegno imposto dall'edizione ufficiale in cinque volumi in folio, sontuosa nel formato, corretta nella composizione tipografica e ornata nel frontespizio da una pregevole immagine xilografica, indusse il G. a coinvolgere nell'impresa anche il fratello Bartolomeo. Fu questa la prima e ultima volta che i fratelli Gucci collaborarono a un'edizione, e il nome di Bartolomeo non è ricordato in alcun'altra occasione. Dopo gli Statuti tifernati, nell'ottobre 1538 il G. e il socio, su commissione di Girolamo Cerboni, misero sotto i torchi ancora un'edizione tutta castellana, il De obsidione Tifernatum di Roberto Orsi da Rimini, podestà di Città di Castello nel 1474. Dopo la stampa della fortunata traduzione del secondo libro dell'Eneide a opera del cardinale Ippolito de' Medici, pubblicata con la data del 20 luglio 1539, e dei Carmina di Gregorio da Città di Castello, umanista e professore di greco alla Sorbona, risospinti anche dalla carestia che affliggeva in quel tempo Città di Castello, nell'ottobre 1540 i due tipografi trasportarono la loro officina con tutte le attrezzature di corredo a Cortona, città di origine del Gucci.
A Cortona il G. e il Mazzocchi impressero subito tre edizioni. Il Liber statutorum della città di Mondolfo, gli Epigrammaton libri di Muzio Camillo, gli Annales di Francesco Francani, promossi con forza da Girolamo Cafaro, maestro di retorica e grammatica, originario di Salerno, che da Firenze era stato chiamato a Cortona, stipendiato dalla Comunità. L'accoglienza che gli Annales trovarono presso i letterati cortonesi è manifestata negli epigrammi premessi all'edizione, dove si raccontano le eroiche gesta legate all'assedio sostenuto dalla città al tempo della discesa di Carlo V in Italia. La città natale non dovette garantire tuttavia al G. il volume d'affari utile a sostenere l'attività tipografica; presto vi fu la necessità di inseguire la domanda, laddove essa si presentava, anche lontano da Cortona. Tra il 1541 e il 1545 egli fu di nuovo impegnato a Firenze e a Siena in operette di largo smercio e scarso impegno finanziario, come pubblicazioni popolari religiose, specialmente a sfondo agiografico (la Historia di s. Giovanni Crisostomo e quella di s. Giuliano, o l'Oratione di s. Hieronymo al crocifisso per impetrar gratie), oltre che in stampe e ristampe per il teatro popolare senese, come è il caso delle commedie rusticali del Legacci (se ne conoscono ben quattro edizioni nel solo 1544). Per l'impressione di questi materiali minori il G. lavorò sovente per conto del libraio G. Landi, talvolta svincolandosi dal socio Mazzocchi, come accadde per la terza ristampa dell'Egloga rusticale e per un Savonarola, pubblicati a Siena nel 1543.
La Predica dell'amore divino di G. Savonarola rappresenta un unicum nella carriera professionale del G., che risulta a quelle date tipografo affermato e pienamente autonomo, in grado di farsi autore di un progetto editoriale di sicuro successo, senza coinvolgere nell'impresa altri colleghi, e nemmeno ponendosi sotto il patrocinio di personaggi illustri o autorità pubbliche. L'omelia del frate, omessa nella raccolta dei sermoni di commento a Ezechiele nella quale avrebbe trovato naturale collocazione, fu tuttavia pubblicata dal G. "con gratia & privilegio", sul testo che Stefano da Capodiponte aveva raccolto direttamente in latino e che era stato subito tradotto in volgare da C. Peraccini da Pistoia, forse per iniziativa dello stesso stampatore.
In quegli anni il G. dovette eleggere Cortona come sede privilegiata di stampa: pare confermarlo il fatto che nel 1544, per l'edizione di un carme in onore di Carlo V e per i Commentaria di Pisa, nella sottoscrizione i due soci, tralasciati i rispettivi cognomi, preferirono valersi del solo toponimo di origine del G. ("per Ant. et Niccolò da Cortona"). Nel 1546 fu ancora G. Cafaro, animatore del panorama editoriale locale, a richiamare il G. nella città natale. Qui egli diede subito alle stampe ben due manuali indispensabili all'insegnamento del grammatico, la Grammatices phoenix e il De conscribendis epistolis, sempre in società con il Mazzocchi.
Da quell'anno non si ha più alcuna notizia del G., che forse morì dopo breve tempo.
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