GRASSETTO, Niccolò
Nato a Padova nel 1449 o nel 1450, appartenne probabilmente alla stessa famiglia di Piove di Sacco, inurbatasi in città nella prima metà del secolo, da cui proveniva l'omonimo Niccolò Grassetto, vicario del vescovo di Padova Fantino Dandolo.
Nulla si sa dei suoi primi studi; nell'ottobre del 1471 il G. era già frate minore e risiedeva a Padova nel grande convento del Santo, dove iniziò a copiare e a miniare un manoscritto (il cod. 134, scaff. VIII della Biblioteca Antoniana di Padova) contenente il prologo e il primo libro del commento di Francesco di Meyronnes alle Sentenze. In seguito il capitolo generale lo inviò, come baccelliere biblico, nel convento di S. Francesco a Bologna, dove risulta presente nel settembre 1472. Qui, nello Studio teologico francescano, ebbe per maestro in teologia il novarese Stefano Tornielli. Tornato a Padova nel convento del Santo, il 6 giugno 1475 fu incorporato come baccelliere nella Universitas theologorum; licenziatosi il 3 marzo 1481, si laureò due giorni dopo, sotto la reggenza di Antonio Trombetta, una delle figure più rilevanti dello scotismo rinascimentale. Da questa data fino agli inizi del 1516 egli fece parte del Collegio teologico dello Studio di Padova.
Ricoprì poi anche varie cariche nel suo convento: guardiano nel 1482, nel 1483 e nel 1492; massaro dell'Arca di S. Antonio nel 1488 e negli anni 1497-98; il 5 apr. 1497 gli fu anche affidata, per un anno, la cura dei novizi.
Il 18 febbr. 1494 fu nominato inquisitore del S. Uffizio, carica che tenne fino al 1496, per poi riassumerla anche tra il 1500 e il 1504. È in questa veste che Agostino Nifo gli indirizzò, tra il 1495 e il 1496, una lettera stampata in calce al proprio commento alla Destructio destructionum di Averroè (Destructiones destructionum Averroys cum Augustini Niphi de Suessa expositione eiusdem Augustini questio de sensu agente, Venezia, Ottaviano Scoto, 1497 [Indice generale degli incunaboli delle biblioteche d'Italia, I, 1106]), dove si trova pure, a c. 129r, la risposta del Grassetto.
Le due brevi lettere sono un documento singolare del clima prodottosi nello Studio di Padova durante la lotta che il vescovo Pietro Barozzi condusse contro l'averroismo; questi, nel 1489, aveva proibito con un editto le discussioni "de unitate intellectus", ma guardava ormai con diffidenza anche a quel principio metodologico della "doppia verità", proprio non solo dell'averroismo ma anche di tutto l'aristotelismo, che aveva bene o male protetto secoli di libera discussione filosofica. Il Nifo era dunque impegnato in questi anni a rifarsi, come osservò B. Nardi, una "verginità filosofica antiaverroistica". Nella sua lettera il filosofo fece dunque rilevare al G. che dovere del commentatore era prima di tutto di esporre fedelmente il pensiero dell'autore prescelto, ma che egli, diversamente dai suoi colleghi, aveva sempre indicato con scrupolo e combattuto gli aspetti del pensiero di Aristotele e di Averroè contrastanti con la fede cristiana. Zelo di cui il G. gli rilasciò, nella sua breve risposta, pieno attestato: "placet mihi quod in philosophia, christianae fidei non immemor, in plurimis philosophos redargueris".
Il G. fu eletto nel 1505 visitatore della provincia di S. Antonio e nel 1506 il capitolo generale dei frati minori tenutosi a Roma lo elesse procuratore generale dell'Ordine. Probabilmente questi contatti romani lo fecero conoscere e apprezzare nell'ambiente della Curia, così che Ludovico Gonzaga, vescovo eletto di Mantova impossibilitato a risiedere nella propria sede per i dissidi con il marchese Francesco II Gonzaga, lo nominò suo suffraganeo.
Giunto a Mantova ai primi del 1516, il G. morì il 23 novembre dello stesso anno, a sessantasei anni, e fu sepolto nella chiesa di S. Leonardo.
Fonti e Bibl.: B. Nardi, Saggi sull'aristotelismo padovano dal secolo XIV al XVI, Firenze 1958, pp. 285 s., 311; L. Sbriziolo, "Magistri in sacra pagina" della seconda metà del Quattrocento, in Quaderni per la storia dell'Università di Padova, VI (1973), pp. 171 s., 176-178, 180; D. Cortese, Rettifiche su alcuni maestri teologi al Santo tra Quattrocento e Cinquecento: il maestro Sebastiano ed il maestro N. G. dell'Ordine dei minori, in Il Santo, XV (1975), pp. 275-295 (primo saggio che distingua i due omonimi francescani); Id., Francesco Della Rovere e le "orationes" sull'Immacolata del vescovo di Padova Fantino Dandolo (1448), ibid., XVII (1977), p. 214.