Scrittore e avventuriero (Benevento 1515 - Roma 1570). Dopo alcuni scritti mediocri (Hisabella, 1535: cento epigrammi latini) o addirittura plagiari (Tempio di amore, 1536, a esaltazione delle donne veneziane, plagio dell'omonimo poemetto di Iacopo Campanile), fu a Venezia segretario e poi acerrimo nemico di Pietro Aretino, contro cui inveì (Pistole vulgari, 1538; Dialoghi piacevoli, 1539). Ferito da Ambrogio Eusebi, caro all'Aretino, passò a Casal Monferrato, dove pubblicò contro l'Aretino una collana di sonetti (1541), seguiti da un'oscena aggiunta intitolata Priapea (1542). A Casale pubblicò anche, in lode delle donne della città, il Dialogo dove si ragiona delle bellezze (1542); passò poi a Mantova, e seguì G. Cantelmo, conte di Popoli, cui dedicò il pedantesco romanzo La Philena (1547), nell'Italia meridionale, dove si adoperò per lo sviluppo dell'Accademia cosentina. Nel 1558 andò a Roma, dove, arrestato, liberato e mescolatosi a beghe e a scorrettezze della Curia, visse sino a che fu condannato dall'Inquisizione per i suoi libelli e impiccato. Per alcune osservazioni contenute nei Dialoghi piacevoli e nel Petrarchista (1539) è di solito ricordato, ma non a ragione, come antipetrarchista.