FORTEGUERRI, Niccolò
Nacque a Pistoia il 6 nov. 1674 da Iacopo e Marta Fabroni. La famiglia paterna era di antica nobiltà toscana e aveva dato numerose personalità illustri alla Chiesa e alle lettere; quella materna aveva forti legami con la Curia romana. Poiché era il terzogenito, il F. fu avviato alla carriera ecclesiastica e il 21 ott. 1686 prese la prima tonsura. Iniziò gli studi a Pistoia, per proseguirli quindi a Siena, dove entrò nel collegio dei Tolomei il 25 apr. 1691.
Nel 1692 la sua adesione all'Accademia degli Innominati, fondata dai convittori del collegio dei Tolomei, sollevò le proteste della famiglia. Ben presto l'attività poetica gli valse però l'attenzione dei superiori del collegio, che gli commissionarono alcune opere sacre.
Nel 1693 compose un dramma, Atalia (Siena 1694), che fu musicato dal maestro di cappella del duomo di Siena G. Fabbrini e rappresentato nel collegio. Sempre nel 1694 dette alle stampe a Siena una dissertazione sull'origine delle cose, Conclusiones ex universa philosophia, in linea con la prospettiva aristotelica in voga all'Accademia degli Innominati.
Il F. tuttavia non abbandonò l'idea degli studi giuridici e nel 1694 si trasferì a Pisa, dove si perfezionò alla scuola di G. Averani e si laureò il 10 maggio 1695. A Pisa proseguì anche gli studi letterari e frequentò le lezioni di B. Averani, di L. Bellini e A. Marchetti. Si convertì così a una poetica antiaristotelica, nutrita dalla lettura di Platone e dalla scoperta di Lucrezio. In quegli anni lesse i classici e tentò alcune traduzioni da Plauto, Euripide, Orazio, Terenzio e Seneca, oggi conservate nell'archivio Forteguerri. Inoltre non disdegnò la letteratura italiana e studiò con passione Dante e Petrarca.
Nell'estate 1696 tornò a Pistoia, dove si fermò sin quasi alla fine dell'autunno. Nel frattempo scrisse a C.A. Fabroni, cugino della madre e segretario della congregazione di Propaganda Fide, che lo invitò a raggiungerlo. Il F. partì per Roma, dove continuò a servirsi come viatico della propria abilità poetica e si introdusse nei circoli letterari.
Nel 1700 ascese al soglio Clemente XI, molto legato al Fabroni, che nominò cardinale nel 1706. Il nuovo papa accolse il F. tra i suoi intimi e cercò di facilitargli la carriera. Il F. prese allora contatto con la diplomazia pontificia e nel 1701 accettò di accompagnare in Spagna il cardinale A.F. Zonzadari, nunzio straordinario alla corte di Filippo V. Con l'aiuto finanziario della famiglia si imbarcò a Genova il 4 febbr. 1702. Il viaggio fu tempestoso; una volta in Spagna, il nunzio e il suo segretario dovettero peregrinare per alcuni mesi al seguito del re, impegnato nella guerra di successione spagnola. Soltanto nell'ottobre 1702 il F. rientrò a Madrid. Il soggiorno nella capitale spagnola si rivelò estremamente noioso, anche se gli permise di comporre la favola pastorale Dorinda.
Nel 1705 il F. riuscì a farsi richiamare a Roma dove riferì a Clemente XI del suo soggiorno spagnolo. In seguito a questo colloquio ebbe varie pensioni, tra cui una di 30 scudi sulla pieve di Montecatini, e fu incaricato dal papa di scrivere un'opera sull'attività di Propaganda Fide e sulla situazione della fede cattolica nel mondo. La stesura delle Memorie intorno alle missioni gli prese tre anni (1706-1709), nel corso dei quali frequentò la colonia toscana e i circoli arcadici e soggiornò numerose volte a Pistoia.
Il suo lavoro fu bene accetto a Propaganda, ma il risultato finale fu deludente. Le Memorie trattavano infatti delle sole missioni in Africa, America e Asia, mentre a quel tempo il nucleo dell'attività missionaria riguardava l'Europa e la lotta contro i protestanti. Il F. invece era affascinato dai paesi lontani e non prese in considerazione quanto stava a cuore al papa e a Propaganda. Di conseguenza Clemente XI relegò in archivio la sua relazione, mentre Propaganda proseguì a fare affidamento su quella di U. Cerri del 1677.
Il 10 luglio 1710 il F. era stato nominato cameriere onorario. In seguito divenne canonico di S. Maria Maggiore (7 dic. 1712) e quindi di S. Pietro (10 ag. 1713). Il 20 sett. 1714 fu infine nominato votante dell'una e dell'altra Segnatura di giustizia.
Negli stessi anni il F. era membro dell'Accademia degli Intronati di Siena, era iscritto alla Crusca e nel 1710 era stato accettato nell'Arcadia con il nome di Nidalmo Tiseo. Il periodo della sua faticosa scalata burocratica era stato caratterizzato da grande operosità culturale. Nel 1711 aveva pronunciato in Campidoglio il discorso In lode delle nobili arti della pittura, della scultura e dell'architettura (Roma 1711). Nello stesso anno aveva pubblicato a Bologna alcune sue poesie nel Saggio di rime dell'Enfatico Intronato. Nel 1712 aveva pronunciato il Discorso pastorale per la salute di Clemente XI (Roma 1712) e nel 1715 l'orazione per la traslazione del corpo di s. Leone Magno. Inoltre qualche suo componimento poetico era stato raccolto da G.M. Crescimbeni nell'antologia di Rime degli Arcadi (II, Roma 1716), mentre alcuni suoi componimenti in prosa apparvero nell'omologa raccolta di prose arcadiche.
Da queste opere appare chiaro che il F. era un autore di discreto talento, spesso appannato, però, da esigenze celebrative e dal ricorso alla retorica encomiastica. Le opere in versi erano in genere migliori di quelle in prosa, perché l'intento retorico-celebrativo era meno forte e lasciava spazio a una personale rivisitazione di stilemi petrarchesco-stilnovistici. Il successo in seno all'Arcadia non era comunque dovuto alle sue capacità letterarie: vi concorse anche la sua carriera ecclesiastica, in particolare quando, in qualità di referendario, il F. divenne uno dei controllori dell'attività arcadica e dispose quindi di un certo potere nella scena culturale romana.
La discrepanza fra il successo letterario, per quanto effimero, e le difficoltà di trovare un buon impiego burocratico si venne acuendo dopo il 1715. Il F. aveva infatti sperato, non è chiaro basandosi su quali calcoli, in una promozione a cardinale, ma questa naturalmente non venne. Per reazione iniziò nel 1716 il Ricciardetto, poema burlesco in 30 canti, che gli assicurò fama postuma e la stima di coloro che lessero il manoscritto, terminato nel 1726 e leggermente ampliato nel 1730. Il Ricciardetto riprendeva la tradizione del poema cavalleresco, rovesciandone le consuetudini in chiave satirica. Inoltre mescolava la mera satira letteraria con attacchi a personaggi particolarmente in vista della Curia. Tale operazione divenne ancora più velenosa nei Capitoli, una cinquantina di epistole satiriche, inviate tra il 1718 e il 1734 ad alcuni amici di Pistoia.
Dopo il 1715 il F. non scrisse più per la stampa e si limitò alla sua attività satirica, più o meno segreta, e al lavoro quale referendario, cui si aggiunse il 10 ag. 1720 quello di ponente della Consulta, dove operò nei successivi dieci anni. La morte di Clemente XI e l'elezione di Innocenzo XIII nel 1721 gli fecero sperare di poter infine ottenere la porpora. Di nuovo tuttavia il suo sogno svanì rapidamente e il F. si ritrovò a dover seguire soltanto i processi della Consulta. In questo periodo accennò più volte a un possibile ritiro a Pistoia, ovviamente mai concretizzato, e ritornò al vecchio amore per i classici latini e greci, esercitandosi a tradurre Plauto e Terenzio.
Durante il pontificato di Benedetto XIII sperò ancora una volta di ottenere la porpora. Dedicò quindi al nuovo papa una copia delle Memorie intorno alle missioni. Si alienò, però, le simpatie di Benedetto XIII, quando prese le parti del cardinal Fabroni in lotta contro il cardinale N. Coscia, favorito del papa. Persa ogni speranza di promozione, prese allora a lamentare la corruzione dei tempi. Questa vena gli guadagnò le simpatie del cardinale L. Corsini, che apprezzò il Ricciardetto e, asceso al soglio pontificio con il nome di Clemente XII nel 1730, non si dimenticò del suo vecchio amico.
Il F. tornò allora in auge, ma fattosi più accorto, non pretese un irraggiungibile cardinalato, ottenendo invece la nomina a segretario di Propaganda Fide. Nel luglio 1733 fu inviato a trattare con il granduca di Toscana, Gian Gastone de' Medici. Nel corso di questa missione si ammalò e dovette ritirarsi a Pistoia sino al mese di novembre. Rientrò quindi a Roma, ma nel settembre del 1734 si ammalò nuovamente e fu sostituito da un prosegretario. Si trasferì allora a Pistoia.
Dei pochi anni di attività a Propaganda sono documentati gli interventi per le missioni dell'Astrachan, nonché per la nomina nel 1732 di Filippo Maria di S. Agostino a vescovo di Ispahan e quella di Domenico Salvini a Naxivan in Armenia. Nel settembre 1734, poco prima di ammalarsi definitivamente, propose inoltre la nomina di due vescovi cinesi, Giambattista Ku e Giovanni Yin, che avevano studiato a Napoli. La malattia non gli permise di sostenere la proposta, che si ricollegava idealmente alle Memorie, dove aveva sostenuto la necessità di formare un clero indigeno per la Cina. Era un progetto che fu più volte ripreso e discusso nel corso del Settecento, senza, però, alcun seguito concreto.
Il F. morì a Pistoia il 17 febbr. 1735.
Alla morte del F., gran parte della sua opera era ancora inedita. Il Ricciardetto non fu pubblicato in vita dell'autore, per sua espressa volontà. Apparve nel 1738 a Venezia (con la falsa indicazione di Parigi) e fu messo all'Indice l'anno seguente. Una prima scelta dei Capitoli vide la luce nel 1765 nella Raccolta di rime piacevoli (Genova), mentre altre undici epistole furono poste in appendice all'edizione milanese del 1813 del Ricciardetto. Una buona percentuale del suo canzoniere si trova ancora oggi tra le carte dell'archivio di famiglia, nonostante l'edizione (tra la seconda metà del Settecento e la prima metà dell'Ottocento) di alcuni sonetti e madrigali. La Dorinda infine è stata pubblicata solo nel 1984, in appendice a Letteratura e vita di N. F. di C. Prencipe Di Donna (pp. 47-113).
Alla pubblicazione postuma del Ricciardetto e alla sua immediata messa all'Indice spetta tuttavia la fama del F. quale poeta satirico disgustato dalla corruzione ecclesiastica. Nella seconda metà del Settecento e nell'Ottocento il poema eroicomico ebbe numerosissime edizioni in varie lingue e incontrò il favore di U. Foscolo e di G. Leopardi, nonché degli anticlericali di fine Ottocento, in particolare dopo che nel 1876 D. Gnoli trovò la chiave per dare il nome ai personaggi messi in berlina. Il Ricciardetto non ebbe comunque il plauso di tutta la critica ottocentesca - fu per esempio giudicato di scarso valore da F. De Sanctis - e divenne ben presto palestra di studi per una critica fortemente regionale.
Nel 1828 A. Mai, prefetto della Biblioteca Vaticana, tentò di pubblicare un'edizione a stampa delle Memorie intorno alle missioni. Il cardinale B. Cappellari, allora prefetto di Propaganda Fide, non dette tuttavia l'autorizzazione, affermando che la relazione presentava parecchi errori. Il Cappellari non aveva torto, ma ovviamente non voleva che si pubblicasse in Vaticano il testo di un autore apprezzato dagli anticlericali. L'opera approntata per la stampa dal Mai rimase quindi nella Biblioteca Vaticana e fu utilizzata da G. Moroni per le voci sul Siam e il Madagascar del suo Dizionario. Le Memorie sono state quindi edite soltanto nel 1982 (Napoli) da C. Prencipe Di Donna e sono state apprezzate per la loro cauta apertura verso la comprensione dei popoli extraeuropei.
La produzione postuma del F. offre infine alcune traduzioni. Come si è già detto, egli lavorò sui classici greci e latini sin dagli anni pisani. In particolare elaborò la teoria che si dovesse tradurre senza prendere eccessive libertà con il testo originale. Su questo tema il F. tornò in alcune note manoscritte del 1714-1715, studiate dalla Prencipe Di Donna. L'esigenza di raggiungere tale correttezza lo portò a emendare più volte la traduzione delle commedie di Plauto, delle quali infine una soltanto fu da lui preparata per la stampa. Fu inoltre pubblicata, appena dopo la sua morte, una traduzione delle commedie di Terenzio. I risultati non sono tuttavia all'altezza della lunga preparazione: il F. si rivela infatti un traduttore attento al testo, ma troppo pedissequo.
Opere (oltre ai titoli segnalati nel testo): In funere Innocentii XII oratio, Romae 1700; In traslatione s. corporis s. Leonis magni oratio, ibid. 1715; Ragionamento allegorico intorno all'origine delle cose, in G.M. Crescimbeni, Prose degli Arcadi, II, Roma 1716; Discorso pastorale per la pericolosa infermità e ricuperata salute del ss. pontefice Clemente XI, ibid.; Risposta in forma di lettera ad Alfasibeo Cario, ibid.; Madrigale, in Lirici filosofici, amorosi, sani e morali del secolo XVIII, Venezia 1788, p. 126; Due canzonette. Cinque sonetti, in Lirici misti del secolo XVIII, ibid. 1789, pp. 325-337; Tre epistole poetiche ed altri versi, Pistoia 1851. Traduzioni: Terenzio, Commedie, Urbino 1736; Plauto, Anfitrione, ibid. s.d.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio di Propaganda Fide, Acta, voll. 101 (1731), 102 (1732), 103 (1733), 104 (1734), 105 (1735); Ibid., Acta Congregazioni particolari, vol. 6 (1734-1736); Bibl. ap. Vaticana, Vat. lat. 7210 e 8430, ff. 305-340; Borg. lat. 499, f. 240; Capp. 272, ff. 204 s.; A. Fabroni, De vita et rebus gestis Clementis XII, Romae 1760, p. 35; Vitae Italorum doctrina excellentium, IX, Pisa 1782, pp. 10-31; F.M. Renazzi, Storia dell'università degli Studi di Roma, IV, Roma 1806, pp. 130 ss.; G.B. Baseggio, N. Fortiguerri, in E. De Tipaldo, Biografie degli Italiani illustri…, VIII, Venezia 1841, pp. 203-207; U. Foscolo, Opere, X, Firenze 1859, pp. 148-152; G. Procacci, N. F. e la satira toscana dei suoi tempi, Pistoia 1877; V. Capponi, Biografia pistoiese, Pistoia 1878, pp. 190-194; F. De Sanctis, Scritti vari inediti o rari, a cura di B. Croce, I, Napoli 1892, p. 375; C. Zacchetti, L'elemento imitativo nel "Ricciardetto" di F., Reggio Calabria 1892; F. Camici, Notizie della vita e delle opere di N. F., Siena 1895; C. Zacchetti, A proposito di F., Reggio Calabria 1896; P. Guerra, Di una variante del Ricciardetto, Firenze 1897; C. Zacchetti, Una vita ined. di N. F., Oneglia 1898; Id., Dal poema epico al poema eroicomico, Melfi 1898, passim; F. Bernini, Il "Ricciardetto" di N. F., Bologna 1900; G. Zaccagnini, L'elemento satirico nei poemi eroicomici e burleschi italiani, Napoli 1901, passim; G. Beani, Intorno ad alcuni scritti ined. di mons. N. F., Pistoia 1905; A. Schmidlin, Die Afrika Missionen nach F. (1707), in Zeitschrift für Missionswissenschaft, XVI (1926), pp. 123-133; Id., Die Amerika Missionen nach F. (1706), ibid., pp. 194-203; Id. - P.F. Harig - P. Maarschalkerweerd, Die asiatischen Missionen nach F. (1707), ibid., XVIII (1928), pp. 131-144; E. Carusi, Nei margini dell'Archivio Moroni, in Aevum, VII (1933), pp. 58-61; G. Casati, L'Indice dei libri proibiti, III, Milano-Roma 1939, p. 140; G. Natali, Il Settecento, Milano 1950, pp. 1045-1049; Sacrae Congregationis de Propaganda Fide Memoria rerum, a cura di J. Metzler, II, Rom-Freiburg-Wien 1973, ad Indicem; F. Surdich, L'America nelle "Memorie intorno alle missioni" di N. F., in Atti del III Convegno internazionale di studi colombiani, Genova 1979, pp. 621-632; C. Prencipe Di Donna, Letteratura e vita in N. F., Napoli 1984; M. Sanfilippo, L'image du Canada dans les rapports du Saint-Siège, 1622-1908, in Revue intern. d'études canadiennes, V (1992), pp. 9-24; C. Prencipe Di Donna, Per l'edizione critica dei "Capitoli" di N. F., in Studi e problemi di critica testuale, XLVII (1993), pp. 85-113.