NICCOLO di Assisi
NICCOLÒ (Nicola, Nicolutius) di Assisi. – Frate minore e vescovo di Assisi fra il 1339 e il 1348, nacque ad Assisi. Nei codici è indicato come Zutii, Çutii, de Succis, da interpretarsi come patronimico (Fucci per alcuni, come Di Costanzo e Gams; Zucci o Zucchi per altri, come Wadding ed Eubel) e non come gentilizio (come ritiene Ughelli, che lo dice figlio di Pietro, scambiandolo con un confratello che nel 1348 gli fungeva da segretario). Per la mancanza di cognomi, nulla è dato di sapere sul casato, di certo tra le famiglie più in vista di Assisi.
Sono quattro le attestazioni, relative agli stessi anni, di frati minori, scrittori originari di Assisi e aventi lo stesso nome: di due conosciamo il patronimico, appunto Niccolò Fucci e Niccolò [Francesco] Comparini (Assisi, Bibl. Comunale ms. 158, c. 262 v.: «ad usum fr. Nicolai Comparini de Asisio de ordine minorum»). Un terzo, che compare come frater Nicolaus de Assisio, senza l’aggiunta del patronimico, operava presso la Curia avignonese nel 1338 e trascrisse per il papa un codice. Un quarto frater Nicolaus de Assisio, ugualmente senza l’aggiunta del patronimico, fu uno degli studenti stranieri di passaggio a Norwich (1337-38) e quindi a Oxford (1339-40 circa), dove insegnavano i maestri Roger Roseth, Haverel, Barthélemy di Repps e Giovanni di Went, raccolse le loro lezioni e scrisse il cod. Vat. Chig. B. V. 66 (Lectura in IV libros Sent. Fr. Rogerii Roseth) che, a c. 14, reca l’anno e il luogo della trascrizione: «scriptum apud Norvicum anno Domini 1337»e, a c. 86r, il nome del copista: «explicit hoc opus quod multis laboribus scripsi apud Norvicum in provincia Anglie quoniam aliquando feci plus quam 3a folia in die. Ideo omnes qui hic legent pro me, qui hoc scripsi, scilicet pro fr. Nicolao de Assisio, Deum exorent». Si tratta però non di quattro, bensì di due frati minori. Il fr. Nicolaus de Assisio, che opera in Inghilterra va identificato – come suggerisce Cenci (1974) – con il fr. Nicolaus Comparini de Assisio: scrivono, negli stessi anni, codici in Inghilterra, ambedue imitando la lettura inglese. Invece il fr. Nicolaus de Assisio, che trascrive un codice di Avignone per il papa, va identificato con Niccolò, futuro vescovo.
Questi si trovava in Avignone in qualità di cappellano del cardinal Matteo Orsini, domenicano e maestro in teologia, il quale era stato vescovo di Agrigento (1326), quindi di Siponto (1327), finché il 18 dicembre 1327 fu creato cardinale del titolo dei Ss. Giovanni e Paolo da Giovanni XXII e il 18 dicembre 1338 fu nominato vescovo di Sabina (m. 18 agosto 1340). Fu appunto Matteo Orsini a proporre a Niccolò, suo cappellano, tra il 1335 e il 1336 la compilazione di due Tavole che fungessero da guida al lettore: una al commentario di s. Tommaso d’Aquino alle sentenze di Pietro Lombardo, l’altra alla Secunda Secundae della Summa Teologica (Assisi, Bibl. Comunale ms. 552, c. 128v e 286v: «explicit tabula super secunda secunde S. Thome edita de mandato rev. in Chr. p. et d. d. fr. Matthei de Ursis, miseratione divina Ss. Iohannis et Pauli presbiteri card. a fr. Nicolao cucii de Asisio ordinis minorum capellano dicti domini anno Domini MCCCXXXV, in festo apostolorum Petri et Pauli [...] Çutii de Assisio […] MCCCXXXVI., XVII die mensis martii»). La compilazione di questo indice analitico, disposto per ordine alfabetico, presuppone una preparazione specifica, acquisita probabilmente a Parigi, strettamente congiunta a un’attenta lettura delle opere dell’Aquinate.
Nel 1337, alla morte di Corrado – vescovo di Assisi dal 1329 – il capitolo della cattedrale, scavalcando il diritto di riserva papale e rivendicando un precedente privilegio canonicale, propose tre ecclesiastici: un benedettino, Gentile abate di Parrano, in diocesi di Nocera; Gaulfreduccio Colae Oddatii, canonico di Perugia, e il frate minore Niccolò Fucci che ricopriva l’ufficio di custode del Sacro convento, anche se all’epoca si trovava ancora ad Avignone, presso il cardinal Orsini. Benedetto XII, non tenendo conto di questa terna, scelse il francescano Pastore de Serrats che, nella bolla di nomina, dice capace di difendere i diritti e gli interessi della S. Sede, definendolo personam utilem et fructuosam. Questi però, dopo appena due anni, fu trasferito alla sede arcivescovile di Enbrun (e nel 1350 creato cardinale da Gregorio XI) e al suo posto il 15 marzo 1339 il papa nominò Niccolò il quale, l’8 aprile successivo, si impegnò a pagare alla Camera 200 fiorini, pari alla terza parte del fruttato annuo del vescovado di Assisi.
Era appena trascorso un mese dall’elezione quando su richiesta dello stesso vescovo (electi assisinatis), Benedetto XII, il 16 aprile, nominò tre conservatori dei privilegi del vescovado nella persona dei vescovi di Nocera, di Foligno e di Camerino allo scopo di inquisire sui beni sottratti alla mensa vescovile di Assisi. Con lettera del 10 maggio 1339, il pontefice esortò Niccolò a governare diligentemente la sua diocesi; il giorno successivo fu consacrato dal cardinale Matteo Orsini.
All’epoca sulla città gravava l’interdetto, comminato nel 1323 da Giovanni XXII, a motivo del furto del tesoro pontificio che la S. Sede, al momento di stabilirsi ad Avignone, aveva riposto nella sagrestia del Sacro Convento di Assisi: furto perpetrato dal partito ghibellino guidato da Muzio di ser Francesco il quale si era impadronito della città nel 1319-20. Il 31 ottobre 1338 il pontefice incaricò Jean Amiel, chierico della Camera apostolica, di recarsi ad Assisi al fine di recuperare i documenti e di redigere l’inventario del tesoro. L’ingresso ufficiale in diocesi di Niccolò, avvenuto il 21 maggio 1339, fu l’occasione per sospendere l’interdetto per due mesi. La piena sottomissione della città ad Amiel e la promessa di pagare l’ammenda di 700 fiorini d’oro sortirono, di lì a poco, la sua cancellazione definitiva.
Due anni dopo Benedetto XII, con lettera inter curas datata Avignone 15 aprile 1341, nominò Niccolò vicario spirituale di Roma e del distretto romano, ufficio rimasto vacante a seguito della morte di Giovanni Pagnotta, agostiniano, vescovo di Anagni. Da allora Niccolò, cui già il pontefice aveva affidato la cura di visitare le chiese e i monasteri non esenti, di riformare gli abusi e di punire i reati (Bullarium franciscanum, VI, 81, nr. 130 e n. 3; Wadding, Annales minorum, VII, 1932, p. 581, n. 40), cumulò i due uffici.
Con funzione di cancelliere del duca, Niccolò partecipava al Consiglio di Gualtieri VI, ultimo discendente dei conti di Brienne e duca d’Atene che Roberto d’Angiò, nel 1326, aveva inviato in sua vece a Firenze, e che nel 1342 diede inizio alla tirannia della città. Del consiglio facevano parte i vescovi di Lecce, di Arezzo, di Pistoia e di Volterra, oltre al podestà Baglioni di Perugia e al fratello di Niccolò, Guglielmo i quali – scrive Giovanni Villani (I, 1857, p. 448) – «erano uomini corrotti in ogni vizio a sua maniera». Guglielmo, fedele esecutore dei voleri del duca, si dimostrò un giudice inflessibile, «dilettandosi nel fare crude giustizie d’uomini»; finché, dopo aver emanato numerose sentenze capitali, «venne in tanto odio di tutto il popolo che il 26 luglio (1342) la città si sollevò contro il tiranno chiedendo che fosse consegnato nelle loro mani Guglielmo e un figliolo di lui nominato Gabriello, per farne giustizia». Il 1° agosto successivo, mentre la folla inferocita si era assembrata dinanzi al palazzo, il duca ordinò che i due fossero consegnati all’«arrabbiato popolo» e ai «parenti e amici di cui il padre avea giustiziati». Seguì uno spettacolo macabro. Il primo a essere trucidato fu Gabriele il quale aveva appena 18 anni e da poco era stato creato cavaliere: alla presenza del padre Guglielmo «il tagliarono e smembrarono a minuti pezzi». Quindi fu la volta di Guglielmo: «e feciono il simigliante e chi ne portava un pezzo sulla lancia e chi un su la spada per tutta la città; ed ebbonvi de’ sì crudeli e con furia sì bestiale e tanto animosa che mangiarono delle loro carni crude e cotte» (Villani, I, 1857, p. 455).
Dopo l’orribile fine del fratello e del nipote, Niccolò rientrò in Assisi, portando con sé il nipote Francesco, altro figlio di Guglielmo, il quale figura cone teste in un atto rogato il 12 gennaio 1348 nella sala vecchia del vescovado, cioè nel palazzo dello zio.
Risultano pochi atti compiuti da Niccolò come vescovo di Assisi. Pietro, abate del monastero benedettino di S. Pietro, il 13 marzo 1342 eleggendo il chierico Bartolo Savini da Foligno, ma residente ad Assisi, a rettore della chiesa di S. Maria di Bagnaria, nel distretto di Assisi – beneficio rimasto vacante per la morte del precedente rettore, essendo detta chiesa con cura d’anime – aggiunse la clausola che l’elezione doveva essere confermata dal vescovo Niccolò: dal che parrebbe evincersi che, in precedenza, ci sia stato un intervento da parte del vescovo nei riguardi degli ordini esenti, operanti in diocesi – tali per esempio i benedettini – teso a rivendicare la propria autorità in materia. Era invece di obbedienza vescovile il monastero di S. Angelo di Limigiano che nel 1334 Paolo Trinci, su incarico di Clemente VI, unì all’abbazia esente di S. Croce di Sassovivo; Niccolò per questa cessione pretese e ottenne per il vescovado di Assisi alcuni beni.
Sono noti altri episodi minori. Certo Pucciarello di Tommaso di Guarnerio, di porta S. Francesco, era stato accusato di usura: il 12 gennaio 1348 fu istruito un processo in vescovado e il vescovo, su richiesta dello stesso Pucciarello, incaricò il pubblico banditore di rendere noto, il giorno 26 gennaio, a tutti coloro che erano in grado di accusarlo in fatto di usure di presentarsi entro cinque giorni per denunciarlo; poiché nessuno si presentò, il 1° febbraio il vescovo emise sentenza favorevole all’imputato. Il 4 aprile successivo lo stesso vescovo scrisse al legato, cardinale Bertrando de Deaux, del titolo di S. Marco, avvertendolo che il capitano e il giudice di Assisi avevano condannato Francesco Ciccoli Ansavini, rettore della chiesa di S. Pietro de Lucigliano. Non si precisa il motivo della condanna; sta di fatto che il legato, informato, impose che il capitano e il giudice revocassero il giudizio se non volevano incorrere nella scomunica in quanto il chierico, godendo del privilegio ecclesiastico, non poteva essere giudicato da un tribunale civile.
In qualità di vicario di Roma il Bullarium Franciscarum registra il giuramento ricevuto da Pietro di Sassoferrato, già inquisitore in Assisi, provinciale della Marca di Ancona, eletto il 1° dicembre 1341 penitenziere apostolico minore a S. Pietro in Roma. Di Costanzo (1797) ricorda che Niccolò fu presente all’elezione della badessa di S. Ciriaco in via Lata, elezione che però fu contestata, come si apprende da una bolla di Clemente VI del 1347; e nel 1343 ebbe dal pontefice l’incarico di eseguire alcune bolle a favore degli Armeni di Roma.
Morì nel 1348, tra il 12 aprile e il 14 agosto successivo.
Il 21 agosto il suo successore, il minorita Bertrando Lagerio de Figiac, trasferito dalla chiesa di Ajaccio in Corsica ad Assisi, si obbligava a versare alla Camera apostolica i 200 fiorini dovuti pro communibus servitiis.
Fonti e Bibl.: G.G. Di Costanzo, Disamina degli scrittori e dei monumenti riguardanti s. Rufino vescovo e martire di Assisi, Assisi 1797, pp. 282-284; F. Ughelli, Italia sacra sive de episcopis Italiae …, I, Venezia 1797, col. 480; Croniche di Giovanni, Matteo e Filippo Villani, secondo le migliori stampe e corredate di note filologiche e storiche, I, Trieste 1857, pp. 299 s., 443 s., 448, 455; A. Cristofani, Delle storie d’Assisi libri sei, Assisi 1866, pp. 141, 169; 4a ed., Venezia 1875, pp. 198 s., 220; F. Ehrle, Zur Geschichte des Schatzes, der Bibliothek und des Archivs der Päpste im vierzehnten Jahrhundert, in Archiv für Literatur und Kirchengeschichte, I (1885), par. IV, pp. 238-286; par. V, pp. 286-305, 324-364; Agostino da Stroncone, L’Umbria seraphica, in Miscellanea francescana, 3 (1888), pp. 171 s.; Bullarium franciscanum, a cura di C. Eubel,VI, Roma 1902, pp. 68 s., n. 1, 75, 84 n. 136, 108, n. 130; J.M. Vidal, Benoît XII Lettres communes, I, Paris 1903, n. 6547; III, ibid., 1911, 171 n. 6947; 186, n. 7186; 198, n. 7327; 379, n. 9054; 390 n. 9126; Id., Benoît XII. Lettres closes et patentes intéressant les pays autres que la France, Paris 1913, I , coll. 603-605, n. 2041-2048, 615, n. 2106, 644 s., n. 2208, 701s., n. 2394; C. Eubel, Hierachia Catholica Medii Aevi, I, Münster 1913, pp. 16, 87, 113, n. 8; L. Alessandri, Bullarium pontificium quod estat in archivo sacri conventus S. Francisci assisiensis, in Archivum franciscanum historicum, X (1917), p. 199, n. 262; J.H. Sbaralea, Supplementum et castigatio ad scriptores trium ordinum S. Francisci a Waddingo, aliisve descriptos, II, Roma 1921, p. 289; P. Pansier, Histoire du livre et de l’imprimerie à Avignon, I, Avignon 1922, p. 9; L. Wadding, Annales Minorum, VII (1323-1346), Firenze 1932, pp. 576, n. 35, 581, n. 40, 266 s. (a. 1339 n. 2), 292 (a. 1341 n. 4), 294 (suppl. Melissano n. 1); G. Mercati, Altri codici del sacro convento di Assisi nella Vaticana, Città del Vaticano 1937, pp. 119 s.; A. Fortini, Assisi nel Medioevo, Roma 1940, pp. 263-299; H. Hoberg, Taxae pro communibus servitiis…, Città del Vaticano 1949, p. 15; V. Doucet, A biographical register, I, Oxford 1957, p. 65; P.B. Gams, Series episcoporum Ecclesiae catholicae…, Graz 1957, p. 669; C. Schmitt, Un pape réformateur et un défenseur de l’unité de l’Eglise, Benoît XII et l’ordre des fréres mineurs (1334-1342), Firenze 1959, pp. 301, 303, 305-307, 311; M. Sensi, S. Angelo di Limigiano, abbazia temporaneamente dipendente dal monastero di S. Pietro in Perugia, in Bollettino della Deputazione di storia patria per l’Umbria, LXIV (1968), pp. 74-95; C. Cenci, Documentazione di vita assisana 1300-1530, I, Grottaferrata 1974, pp. 77, 82, 84 s., 88, 91, 95, 97, 100 s.; Id., Bibliotheca manuscripta ad Sacrum conventum assisiensem, Assisi 1981, I, pp. 23, 305 s., nn. 154 s., 310, 320, 327; II, pp. 457, 477; S. Brufani, La vita religiosa in Assisi dal 1316 al 1367, Assisi 1982, pp. 18, 20 s., 31, 156; Inventario e regesti dell’Archivio del Sacro Convento d’Assisi, a cura di S. Nessi, Padova 1991, pp. 32, n. 291, 124, n. 434.