DEL NERO, Niccolo
Nacque a Firenze il 24 apr. 1447, quartogenito di Brigida, di cui non si conosce il cognome, e di Bernardo di Simone.
Battiloro, iscritto all'arte della seta, fu varie volte priore e, a più riprese, rettore in vari luoghi del dominio fiorentino; per due volte, dal maggio al settembre del 1466 e dal dicembre 1468 al giugno 1469, Bernardo fu capitano delle galere della Repubblica fiorentina in altrettanti viaggi in Levante.
Alla morte del padre (tra il 1480 e il 1494), il D. ereditò, insieme con i fratelli Simone e Zanobi, varie proprietà immobiliari e la gestione di una bottega di battiloro e di una di lanaiolo, della quale ultima si occupò personalmente. Era questa una delle principali aziende laniere fiore:ntine nel periodo compreso tra gli ultimi anni del sec. XV ed i primi del successivo, specializzata nella produzione dei "panni di garbo", cioè di tessuti di lana importata soprattutto dalla Spagna. Questa direttrice del movimento commerciale non era stata forse estranea alla decisione del fratello del D., Francesco, di stabilirsi in Spagna. Il D. sposò nel 1484 Milia di Bartolomeo Gualterotti, ma non ebbe figli, tanto che alla sua morte suo erede universale fu il fratello Simone.
Esclusa la nomina a gonfaloniere di Compagnia, avvenuta l'8 genn., 1490, e quella a priore per il bimestre settembre-ottobre 1495, tutti gli altri incarichi politici a lui affidati sono da mettere in relazione con l'emigrazione in Spagna del fratello Francesco e con la familiarità con quella corte e con quel paese che, tramite questo, aveva conseguito: si tratta infatti essenzialmente di due ambascerie presso il re di Spagna e di una presso il viceré di Napoli.
Della prima ambasceria il D. fu incaricato con lettera d'istruzioni del 18 maggio 1497: il punto facale della politica estera fiorentina era la riconquista di Pisa, la città ribellatasi nel 1494.
A tale scopo era stato concluso un accordo con il re di Francia ma, sfumata ogni speranza di riavere Pisa con questo mezzo e conclusosi con un insuccesso anche il tentativo di Massimiliano di sottomettere con le armi la città ribelle, non.rimaneva ai Fiorentini altro da tentare che un accordo con la Spagna. Di questo tentativo era stato incaricato il vescovo di Arezzo Cosimo de' Pazzi, il quale doveva intervenire a Roma, ove sarebbero state discusse le condizioni di pace tra Francia e Spagna, ma poi fu deciso di inviare anche il D. in Spagna per rendere il tentativo più incisivo. Il D. non era un politico di professione; la scelta era caduta su di lui per vari motivi: anzitutto la conoscenza della Spagna e dei sovrani; poi la sua condizione di privato cittadino faceva presumere che avrebbe destato meno sospetti. Lo scopo principale di questa missione era far sì che gli emissari spagnoli destinati ad intervenire a Roma spezzassero una lancia in favore della restituzione di Pisa al dominio fiorentino. I Dieci di balia non mancarono tuttavia di raccomandare al D. di adoperarsi anche per rendere possibile l'importazione di grano siciliano a Firenze.
Scrivendo in data 21 ag. 1497 una lettera da Medina del Campo parzialmente in cifra ai Dieci di balia, il D. assicurava della buona disposizione dei regnanti di Spagna verso Firenze e i suoi problemi, ma aggiungeva di aver ricavato l'impressione che le buone parole fossero tutto quello che erano disposti a spendere in favore di Firenze. Non essendo riuscito ad ottenere impegni precisi e dubitando che la sua ulteriore permanenza in Spagna potesse servire a modificare il risultato della sua missone, egli chiese licenza di poter tornare in patria, ma tale licenza dovette tardare, dato che sette mesi dopo non era ancora tornato.
Il 24 marzo 1498, infatti, il fratello Simone fu invitato da Girolamo Savonarola a scrivere una lettera al D., ancora in Spagna, pregandolo di preannunciare a quei sovrani l'arrivo di un messaggio dello stesso Savonarola. Quest'ultimo era stato da poco scomunicato dal papa e pertanto aveva deciso di radunare un concilioa questo scopo aveva reper potersi difendere; datto le famose Lettere ai principi, ma, prima di spedirle, richiese l'ntervento di alcuni amici fidati che avevano relazioni con le diverse corti d'Europa, affinché orientassero l'animo dei sovrani in favore delle tesi savonaroliane. Simone obiettò che il fratello poteva non trovarsi più in Spagna, dato che la licenza gli era stata spedita già da alcuni mesi, ma non poté sottrarsi a tale compito e così inviò la lettera richiesta.
L'impressione ricavata dal D. sulle intenzioná dei sovrani spagnoli di spendere nella questione di Pisa soltanto parole doveva rivelarsi sostanzialmente esatta: infatti nel 1506, al tempo della seconda ambasceria del D. a Ferdinando il Cattolico, il risultato sperato non era ancora stato raggiunto.
Anche questa seconda ambasceria si inquadra nell'ambito dei tentativi di captatio benevolentiae di Firenze nei confronti della Spagna. In quell'anno si era sparsa la notizia che il re di Spagna, avendo deciso di visitare il Regno di Napoli, recentemente entrato a far parte dei suoi domini, avrebbe fatto tappa a Livorno. A Firenze si preparò allora un'ambasceria, di cui, oltre al D., facevano parte Giov. Vittorio Soderini e Alamanno Salviati, che si recasse a Livorno per ossequiarlo e per accompagnare i numerosi doni della Repubblica fiorentina.
L'ultimo incarico politico in cui il D. fu impegnato fu nel 1512 un'ambasceria a Raimondo de Cardona, nei pressi di Prato, dove questi si trovava con il suo esercito. Di questa legazione, oltre al D., facevano parte Ormannozzo Deti e Niccolò Valori, oltre a Baldassarre Carducci, che era partito alcuni giorni prima. A questi oratori che, per assolvere al loro incarico, dovettero far incessantemente la spola tra Prato e Firenze, era stato dato mandato di trattare le condizioni per il ritiro delle truppe spagnole dal territorio fiorentino; tuttavia alla fine dovettero piegarsi ad accettare in blocco le condizioni dettate dagli Spagnoli.
Il D. morì il 2 apr. 1518 a Firenze, e fu sepolto nella cappella di famiglia nella chiesa di S. Felicita.
Francesco, frateilo minore di Niccolò, nacque a Firenze il 3 ott. 1460. In un anno imprecisato, dopo il 1480, emigrò in Spagna, ove ben presto acquistò una posizione di grande prestigio presso la corte di Ferdinando il Cattolico. Questo sovrano gli affidò molti incarichi pubblici, tra cui quello di correttore delle isole Canarie. Si sposò con una gentildonna spagnola ed ebbe almeno due figli: Bernardino che fu viceré di Abruzzo e Girolamo che fu arcidiacono di Alica. Di lui si ricordano soprattutto due ambascerie presso il re di Spagna: della prima fu incaricato con lettera del 24 dic. 1495, allo scopo di dissipare presso i sovrani di Spagna i sospetti destati in campo internazionale dall'accordo di Firenze con la Francia: egli doveva insistere sul carattere difensivo di quel trattato, cui Firenze era stata indotta ad aderire dalla necessità di recuperare Pisa.
La seconda ambasceria è di tre anni più tardi. Nella lettera d'istruzioni del'20 marzo 1497 egli venne incaricato di ringraziare i sovrani di Spagna per l'azione svolta dai loro inviti alla Dieta di Roma in favore degli interessi fiorentini e del recupero di Pisa. La lettera si chiude con la raccomandazione a Francesco di farsi intermediario tra la sua terra di origine e la Spagna, ogni volta che se ne ravvisi la necessità e di adoperarsi in favore degli interessi dei mercanti fiorentini in quel regno.
Morì in Spagna, tra il 9 ag. 1517 e il 26 marzo 1518: alla prima data corrisponde la prima stesura del testamento del fratello Niccolò, in cui vengono nominati eredi universali i fratelli Francesco "dimorante in Spagna" e Simone; alla seconda, la stesura definitiva del testamento stesso, in cui si dispone che, essendo Francesco già morto, erede universale dovesse essere solo Simone.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Tratte, 443bis, e. 38; Ibid., Raccolta genealogica Sebregondi, ad vocem: Ibid., Raccolta geneal. Ceramelli-Papiani, ad vocem;Ibid., Signori, Dieci di balia, Otto di pratica..., 66, cc. 305 ss.; Ibid., Signori. Legazioni e commissarie. Elezioni e istruzioni a oratori, 23, cc. 10v-12; 27, cc. 2-6; Ibid., Grascia, 6, c. 370v; Ibid., Catasto, 905, cc. 139 ss.; 993, cc. 325 ss.; Ibid., Norarile antecosimiano, b. 2679, cc. 230, 342; Firenze, Bibl. naz., Poligrafo Gargani, nn. 1392 ss.; S. Ammirato, Istorie fiorentine, III, Firenze 1651, pp. 241, 283, 309; I. Nardi, Istorie della città di Firenze, a cura di A. Gelli, Firenze 1858, II, p. 319; P. Villari, La storia di Girolamo Savonarola..., II, Firenze 1888, pp. 135, CCLXXII; H. Hidetoshi, L'arte della lana..., Firenze 1980, pp. 282, 303. Su Bernardo di Simone cfr. anche: Arch. di Stato di Firenze, Tratte, 1093, e. 64; M. E. Mallet, Florentine galleys in the XVth Century, Oxford 1967, pp. 48, 71, 119, 124, 169, 171. Su Francesco di Bernardo vedi anche: Arch. di Stato di Firenze, Tratte, 444 bis, c. 26; Ibid., Signori. Legazioni e commissarie. Elezioni e istruzioni a oratori, 21, cc. 149 s.; Ibid., L. Mariani, Priorista, V, cc. 1088 ss.; A. Desjardins, Négociations diplom. de la France avec la Toscane, I, Paris 1859, p. 703; N. Rubinstein, Firenze e il problema della politica imperiale in Italia al tempo di Massimiliano I, in Arch. stor. ital., CXVI (1958), p. 11.