NICCOLO da Varallo
NICCOLÒ (Nicolò) da Varallo (Nicholaus de Varalo, Nicolaus de Varalo). – Non si conosce il luogo di nascita di questo maestro vetraio, nato intorno al 1425-30 da Leonardo da Varallo, anch’egli maestro vetraio documentato presso la Fabbrica del duomo di Milano dal 1439 al 1449 e autore nel 1439 di una perduta vetrata per la chiesa di S. Sebastiano in questa stessa città (Monneret de Villard, 1918, p. 185).
Le prime attestazioni degne di rilievo di Niccolò da Varallo, attivo dal 1445 al 1489 tra Milano, Lodi e la certosa di Pavia, risalgono al 1449, quando fu incaricato di completare nel duomo di Milano la vetrata di S. Giulitta e ottenne di sostituire il maestro vetraio Stefano da Pandino nella saldatura dei vetri della finestra di S. Caterina. Nel 1456 operò, sempre a Milano e su committenza di Filippo Borromeo, alle vetrate della cappella dell’Umiltà in S. Maria Podone, della cappella di S. Giovanni Evangelista in S. Francesco Grande e nel palazzo della famiglia prospiciente S. Maria Podone; nel biennio 1460-61, di nuovo in duomo, effettuò alcuni lavori di riparazione e pulitura, con l’aggiunta di nuovi antelli, sulla vetrata dell’Antico Testamento. Nel dicembre 1461 la Fabbrica del duomo gli vietò di metter mano alla vetrata di S. Elena, allogata a Cristoforo de Mottis. Lungo gli anni Sessanta del Quattrocento fu occupato, sempre in duomo, in lavori di riparazione e, nel 1470, nell’esecuzione di vetrate per una delle sacrestie. Il 21 luglio 1475 presenziò in veste di testimone, insieme al pittore Giacomo Vismara, a un compromesso tra Melchiorre da Lampugnano e Giovan Pietro da Corte, tutti pittori milanesi. Documentato il 21 gennaio del 1474 come testimone a un atto rogato presso la certosa di Pavia, operò nel corso degli anni Settanta nel cantiere vetrario dell’importante monastero stipulando, il 16 maggio 1477, un apposito contratto di società con Antonio da Pandino, al fine di dividersi «omnia et singula laboreria invedriatarum tam figuratarum quam redondinorum [...] in monasterio, ecclesia, domibus et casamentis ac ediffitiis monasterii Cartusie Papie» (Motta, 1904, p. 178). Contemporaneamente continuò la sua attività nel duomo milanese: effettuò lavori di piombatura e adattamento di alcuni antelli delle vetrate di S. Caterina e di S. GiovanniEvangelista (in massima parte opera di Cristoforo de Mottis); realizzò alcune reti di protezione per la vetrata di S. Giulitta e otto antelli per quella dell’Apocalisse (in opera nel 1482) e, dal 16 febbraio 1479, data del contratto di allogagione, fu impegnato nell’esecuzione della vetrata di S.Giovanni Damasceno voluta dall’Università degli speziali di Milano e trascinatasi in seguito ben oltre il crinale del Cinquecento. Nel 1483, con due atti rogati il medesimo giorno, 21 febbraio, da due distinti notai milanesi, strinse una società con Cristoforo de Mottis per dividersi i lavori nel duomo di Milano: «pro faciendo quascumque invedriatas ac retes pro finestriis in ecclesia maiori Mediolani» (Archivio di Stato di Milano, Notarile, 3324). I patti riguardavano anche i figli dei due maestri vetrai: nel caso di Niccolò, Leonardo da Varallo, documentatonel duomo alla fine degli anni Ottanta del Quattrocento (Annali, III, 1885, p. 45). Alla luce di questo contratto risulta più chiara la vicenda delle vetrate di S. Eligio e del Nuovo Testamento, la cui esecuzione materiale (il disegno spettava a Vincenzo Foppa) era stata affidata nel marzo 1482 a Cristoforo e Agostino de Mottis, ma per la quale risulta pagato dalla Fabbrica solo Niccolò da Varallo nel 1486 (Cristoforo e Agostino dovettero ricevere il proprio compenso – come specificava il contratto – direttamente dall’Università degli speziali).
Tra il 1484 e il 1486 si trasferì a Lodi per lavorare alle vetrate del duomo e dell’ospedale Maggiore, allora in costruzione; presso quest’ultimo fu rogato il 9 febbraio 1486 un atto inedito, dal quale il maestro risulta risiedere nella locale vicinia di S. Salvatore.
Nel 1488, di nuovo a Milano, assunse come apprendista in «arte faciendi invetriatas a finestris» (Biscaro, 1911, p.472)e in seguito come lavorante Giampiero Rodelli. Sul finire del nono decennio eseguì una vetrata, perduta, per la chiesa milanese di S. Andrea alla Pusterla Nuova.
Dei lavori da lui messi in opera sopravvivono nel duomo di Milano solo alcuni antelli della vetrata di S. Giovanni Damasceno, di S. Eligio e del Nuovo Testamento. Non è noto quali delle vetrate quattrocentesche della certosa di Pavia spetti alla sua esecuzione.
Risulta documentato per l’ultima volta presso il duomo milanese nel 1489. Non si conoscono il luogo, probabilmente Milano, e la data di morte.
Niccolò da Varallo, mai attestato – diversamente, per esempio, da Cristoforo, Agostino e Iacopino de Mottis o Pietro da Velate – nelle vesti di pittore, fu esclusivamente un maestro vetraio, esperto nel trasferire sul vetro il disegno fornito da un artista, nella cottura e legatura a piombo dei vetri e nella messa in opera degli antelli. Questa certezza è però acquisizione critica assai recente, dovuta – a seguito delle aperture di Romano (1969) – all’articolo di Gnaccolini del 1996. Dalle ricerche di Ugo Monneret de Villard del 1918 ai contributi di Caterina Pirina, riuniti nel volume del 1986, infatti, i maestri vetrai attivi nella cattedrale di Milano sono stati sempre individuati come autonome personalità artistiche, ritenuti autori dei cartoni e della esecuzione degli antelli figurati. Per tutto il Novecento, quindi, intorno al nome di Niccolò da Varallo – riconosciuto come una delle punte più avanzate della produzione artistica lombarda di orientamento ferrarese – si è venuto aggregando un catalogo di vetrate, affreschi e dipinti (cfr. Gnaccolini, 1996, pp. 78 s. n. 27) che devono invece essere restituiti a Vincenzo Foppa e ad anonimi maestri lombardi di ambito foppesco.
Fonti e Bibl.: L’attività di Niccolò da Varallo per il duomo di Milano è testimoniata da svariate note di pagamento, edite parzialmente dagli Annali della Fabbrica del duomo di Milano dall’origine fino al presente pubblicati a cura della sua amministrazione, I-VI, Milano 1877-85; Appendici, I-III, ibid. 1883-85, ad ind., e dai contributi di U. Monneret de Villard, Le vetrate del duomo di Milano, I, Milano 1918, pp. 65-111, 187-214; C. Pirina, Le vetrate del duomo di Milano dai Visconti agli Sforza, Milano 1986, ad ind.; e L.P. Gnaccolini, Ricerche su N. da V. «magister a vitreatis», in Paragone, XLVII (1996), pp. 63-84. I lavori per Filippo Borromeo (Isola Bella [Stresa], Archivio Borromeo, Mastro di contabilità, 1456, ff. 112, 116, 155, 160, 161, 179) sono elencati da G. Biscaro, Note di storia dell’arte e della cultura a Milano dai libri mastri Borromeo (1427-1478), in Archivio storico lombardo, XLI (1914), pp. 87 s. e S. Buganza, Palazzo Borromeo. La decorazione di una dimora signorile milanese al tramonto del gotico, Milano 2008, pp. 360-362. L’attestazione di Niccolò da Varallo presso la certosa di Pavia nel 1474 (Archivio di Stato di Pavia, Notarile, Gabba Antonio, pacco 1473-79) è segnalata da R. Maiocchi, Codice diplomatico artistico di Pavia dall’anno 1330 all’anno 1550, I, Pavia 1937, p. 207 n. 920; il contratto del 1477 con Antonio da Pandino (Archivio di Stato di Milano, Notarile, 1729) da E. Motta, Documenti d’arte per la certosa di Pavia, in Archivio storico lombardo, XXXI (1904), pp. 177-180 e C. Pirina, 1993 (infra); la commissione della vetrata di S. Giovanni Damasceno del 1479 e il contratto di apprendistato del 1488 (Archivio di Stato di Milano, Notarile, 1225, 1231) da G. Biscaro, La vetriata con la leggenda di S. Giovanni Damasceno nel duomo e il paratico degli Speziali di Milano, in Archivio storico lombardo, XXXVIII (1911), pp. 469-472. L’attività presso il duomo e l’ospedale di Lodi (Archivio storico del Comune di Lodi, Ospedale Maggiore, Registrum mandatorum, 1483-90, cc. 60, 76) è segnalata da A. Caretta - A. Degani - A. Novasconi, La cattedrale di Lodi, Lodi 1966, p. 35 e M. Marubbi, La pittura a Lodi nella seconda metà del Quattrocento, in L’oro e la porpora. Le arti a Lodi nel tempo del vescovo Pallavicino (1456-1497) (catal., Lodi) Cinisello Balsamo 1998, pp. 67-74, in particolare pp. 70, 74. Sono inediti gli atti del 1475 e 1483 (Archivio di Stato di Milano, Notarile, 1835, 2580, 3324: recuperati attraverso il Fondo Sironi; i contratti del 1483 sono segnalazioni di Carlo Cairati) e quello del 1486 (Lodi, Archivio storico civico, Notaio Luigi del Vescovo, fu Vescovino, 3, atto del 9 febbraio, segnalato da Carlo Cairati). Per la storia critica di Niccolò da Varallo: U. Monneret de Villard, La pittura su vetro, in F. Malaguazzi Valeri, La corte di Ludovico il Moro, IV, Le arti industriali. La letteratura. La musica, Milano 1923, pp. 77-103; C.L. Ragghianti, Studi sulla pittura lombarda del Quattrocento, I, 2, inLaCritica d’arte, VIII (1949), 27, pp. 31-46; ibid., 30, pp. 288-300; Id., Il Foppa e le vetriere del duomo di Milano, in Critica d’arte, s. 3, VI (1954), pp. 520-543; N. Gabrielli, Affreschi di N. da V. in Val Sesia, in Scritti di storia dell’arte in onore di Lionello Venturi, I, Roma 1956, pp. 255-270; G. Marchini, Le vetrate italiane, Milano 1956, pp. 44-54, 229-231; C.L. Ragghianti, Postilla foppesca, in Critica d’arte, IX (1956), pp. 285-292; F. Wittgens, La pittura vetraria del Rinascimento, in Storia di Milano, VII, Milano 1956, pp. 829-835; C. Debiaggi, Ultimi studi su N. da V., in Bollettino storico di Novara, I (1958), pp. 64-70; G.C. Sciolla, Ipotesi per N. da V., in Critica d’arte, XIII (1966), 78, pp. 27-36; ibid., 79, pp. 29-39; Id., Probabili affreschi di N. da V. nel Museo nazionale di Budapest, in Bollettino della Società piemontese di archeologia e belle arti, n.s., XX (1966), pp. 126-138; G. Romano, Il coro di Alba, Alba 1969, p. 29 n. 21; C. Pirina, The fifteenth century windows in the rear choir of the Duomo in Milan. II. Antonio da Pandino and scenes from the Life of Christ, in The Burlington Magazine, CXVIII (1976), pp. 4-14; C. Pirina - F. Rattè, Two stained glass panels from Milan cathedral in the Rotch Library, Massachusetts Institute of Technology, in Journal of glass studies, XXXI (1989), pp. 55-64; C. Pirina, Le due fasi delle vetrate nella certosa di Pavia, in Le vetrate italiane: patrimonio da salvare.Atti del Quarto Seminario sulle vetrate italiane, in Istituto lombardo Accademia di scienze e lettere. Rendiconti. Parte generale e atti ufficiali, 1993 [ma 1995], vol. 127, pp. 129-170; M.P. Zanoboni, Un Foppa ritrovato. L’autore delle vetrate di ‘S. Eligio’ e del ‘Nuovo Testamento’ nel duomo di Milano, in Rendiconti. Classe di lettere e scienze morali e storiche, CXXXII (1998), pp. 23-38; G. Bora, Prospettiva lineare e prospettiva ‘de’ perdimenti’: un dibattito sullo scorcio del Quattrocento, in Paragone, L (1999), pp. 3-45; S. Buganza, Foppa e la cultura artistica filo-ferrarese in Lombardia, in Vincenzo Foppa (catal., Brescia), Milano 2003, pp. 170-173; Id., Qualche considerazione sui primordi di Bramante in Lombardia, in Nuovi studi, XI (2004-05), pp. 69-103.