Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Il De revolutionibus orbium coelestium (1543) dell’astronomo polacco Niccolò Copernico segna l’inizio di una trasformazione dell’astronomia e della cosmologia. La principale innovazione introdotta da Copernico è che la Terra non è immobile al centro dell’universo, ma ruota intorno al Sole, come gli altri pianeti. Gli intenti di Copernico non sono rivoluzionari, essendo il suo scopo quello di ristabilire un principio di ordine e di armonia nei moti celesti. Benché più semplice, elegante e precisa di quella tolemaica, la sua concezione del cosmo non si afferma immediatamente. Ad essa si oppongono concezioni basate sul senso comune, la fisica aristotelica e la presunta incompatibilità fra eliocentrismo e la lettera dei Testi Sacri.
Niccolò Copernico nasce a Thorn (Torún in polacco), in Pomerania nel 1473, studia a Cracovia, poi a Bologna e Ferrara, dove consegue il dottorato in diritto nel 1503. Nel 1495 lo zio Lucas Watzenrode, vescovo di Varmia, ottiene per lui un canonicato del capitolo di Varmia, posizione che gli garantiva libertà di studi e una rendita. Dal 1506 fino alla morte (1543) vive quasi sempre a Frauenburg, dove svolge attività amministrative, pratica medicina e studia astronomia ed economia. Nel 1500 a Roma tiene lezioni di matematica davanti a un folto pubblico. Non è facile stabilire con esattezza quando Copernico abbia ideato il proprio sistema del mondo. Tra il 1508 e il 1514 egli compone il Commentariolus in cui espone il sistema eliocentrico e fa riferimento a un trattato più ampio su cui sta lavorando. Il Commentariolus circola manoscritto tra astronomi e filosofi. Nel 1539 riceve la visita di un giovane matematico di Wittenberg, Georg Joachim Rheticus. A quest’epoca, Copernico ha già preparato una prima versione del De Revolutionibus orbium caelestium. Anche se restio a dare alle stampe l’opera, Copernico consente al giovane astronomo di leggere il manoscritto e di pubblicarne una breve sintesi. Rheticus dà alle stampe la Narratio prima nel 1540, e forse ciò contribuisce a vincere le resistenze dell’astronomo polacco alla pubblicazione dell’opera maggiore. Tuttavia, Rheticus non può lavorare alla pubblicazione dell’opera di Copernico in quanto chiamato a insegnare a Lipsia. Al suo posto subentra Andreas Osiander, pastore luterano. Intanto, Copernico, colpito da un ictus non è in grado di controllare la stesura definitiva, che sarà pubblicata lo stesso anno della morte dell’autore, con una prefazione anonima di Osiander. Questi è preoccupato per possibili reazioni negative da parte dei teologi alla teoria copernicana ed è fedele all’idea che il compito dell’astronomo sia quello di osservare e definire modelli geometrici, non fisici del cosmo. La sua prefazione presenta il sistema di Copernico come un’utile ipotesi per calcolare i moti dei pianeti, non come un sistema vero del cosmo.
Niccolò Copernico
Sulla rotazione terrestre
De revolutionibus orbium caelestium, Cap. V
È già stato dimostrato che anche la Terra ha la forma di un globo; resta da vedere, mi sembra, se anche il movimento ne segua la forma e quale luogo dell’universo occupi, senza di che non si può trovare un calcolo sicuro delle apparenze [fenomeni] celesti.
Sebbene la maggior parte degli autori sia concorde [nell’asserire] che la Terra resta inerte nel centro del mondo, cosicché giudicano impensabile e financo ridicolo supporre il contrario, tuttavia, se considereremo più attentamente la cosa, la questione ci apparirà non ancora risolta e perciò niente affatto trascurabile. Infatti, ogni mutazione locale apparente deriva o dal movimento della cosa guardata, o da quello di chi guarda, o da mutazione certamente ineguale di entrambi. Perché fra cose mosse in modo eguale nello stesso senso non si percepisce movimento, intendo dire fra l’oggetto veduto e colui che lo vede Ora è proprio la Terra quella da cui è visto quel circuito celeste e offerto alla nostra vista. Se dunque si ipotizza qualche movimento della Terra, esso apparirà in tutte le cose che gli sono esterne come di eguale velocità, ma in senso opposto, come se quelle cose passassero via, quale è innanzi tutto la rivoluzione diurna. Questa, infatti, sembra trascinare l’intero mondo, fuorché la Terra e quelle cose che sono intorno ad essa. Ma se si ammettesse che il cielo non ha nulla di questo movimento, e invece la Terra ruota da occidente verso oriente, se qualcuno esaminasse seriamente quanto riguarda l’apparente sorgere e tramontare del Sole, della Luna e delle stelle, troverebbe che proprio così avviene. E poiché è il cielo quello che contiene e abbraccia tutto, il luogo comune di tutte le cose, apparirà subito perché si debba attribuire un movimento piuttosto al contenuto che al contenente, a ciò che è collocato piuttosto che a quello che colloca.
Copernico, De revolutionibus orbium caelestium, a cura di A. Koyré, trad. it. di C. Vivanti, Torino, Einaudi, 1975
Il compito dell’astronomo dall’antichità e fino a Copernico era quello di escogitare dei modelli geometrici con i quali calcolare i moti dei corpi celesti. Per i greci l’astronomia era una scienza matematica e allo stesso tempo basata su osservazioni sistematiche dei corpi celesti. Per più di diciotto secoli, l’astronomia era stata geometria applicata e quasi sempre separata e distinta dalla cosmologia. Gli astronomi arabi e latini si erano dedicati principalmente all’elaborazione di tavole astronomiche finalizzate a predire le posizioni dei pianeti. A differenza dei suoi predecessori, Copernico stabilisce una stretta connessione tra astronomia e cosmologia: il suo sistema del mondo nel quale la Terra non è più al centro dell’universo, ma diviene uno dei pianeti, non è un semplice modello di carattere matematico, ma una rappresentazione vera del cosmo.
Il sistema di Copernico non è tanto il risultato di nuove osservazioni astronomiche o calcoli matematici più sofisticati, ma piuttosto il frutto di un nuovo modo di interpretare dati osservativi già disponibili. L’universo eliocentrico, secondo Copernico, è in grado di render conto di tutti i fenomeni celesti noti, incluse le irregolarità di moti planetari, per mezzo di una struttura di gran lunga più semplice di quella adottata dai tolemaici.
Nella sua dedica al papa Paolo III, Copernico spiega i motivi che lo hanno spinto a riformare l’astronomia: il disaccordo tra gli astronomi e la molteplicità dei sistemi astronomici, nonché l’incapacità di rappresentare con esattezza i moti planetari rimanendo fedeli al principio del moto circolare uniforme. Copernico è convinto che l’astronomia geodinamica offra un’immagine sistematica del cosmo, che non è invece presente in quella tolemaica, dove si considerava ogni singola costruzione separatamente dalle altre. I meccanismi escogitati da Tolomeo servivano a spiegare singoli problemi (velocità o posizione), ma non componevano un quadro unitario, un’immagine sistematica del cosmo.
Nel I libro del De revolutionibus, che costituisce un trattato di cosmografia, Copernico presenta in forma semplificata il proprio sistema del mondo. Il motivo centrale che lo caratterizza è l’attribuzione alla Terra di tre movimenti: 1. un moto di rivoluzione. Copernico dimostra che, considerando la Terra un pianeta orbitante intorno al Sole, si spiegano facilmente le presunte anomalie dei moti planetari; 2. un moto giornaliero intorno ai poli, da cui dipendono i fenomeni che nella cosmologia aristotelica erano attribuiti a un velocissimo moto diurno dei cieli; 3. un moto con il quale Copernico giustifica il fatto che, malgrado il suo moto annuale, l’asse della Terra è sempre rivolto verso lo stesso punto della sfera celeste. Questo terzo moto farebbe descrivere all’asse terrestre la superficie di un cono, spostandosi in direzione opposta a quella del centro della Terra, ovvero da est a ovest.
La rivoluzione annuale della Terra consente non solo di render conto in modo più semplice delle apparenti anomalie dei moti planetari, ma consente anche di determinare le distanze dei pianeti dal Sole e il tempo impiegato da ciascun pianeta per percorrere la propria orbita. Il sistema copernicano ha il vantaggio rispetto a quello tolemaico di far corrispondere a distanze maggiori tempi di rivoluzione più lunghi. La velocità dei pianeti corrisponde alla loro distanza dal Sole. Copernico può ben esser fiero di introdurre un principio di ordine e simmetria, a suo parere assente nell’astronomia tolemaica.
Il sistema eliocentrico è preferibile a quello geocentrico, anche perché, secondo Copernico, attribuisce al Sole la posizione centrale che a esso spetta. Così scrive nel capitolo X del I libro del De Revolutionibus: “Al centro di tutte le cose si trova quindi il Sole. Chi, infatti, in questo bellissimo tempio porrà questa lampada in un altro luogo, migliore di quello da cui può illuminare tutto nello stesso tempo? Per la verità non a caso alcuni lo chiamano lucerna del mondo, atri mente, altri rettore. Trismegisto lo chiama Dio visibile, l’Elettra di Sofocle l’onniveggente”. La dignità e centralità del Sole sono motivi presenti in più di una tradizione filosofica: la metafisica della luce (che nel Medioevo è associata agli studi di ottica), il neoplatonismo e l’ermetismo.
Occorre però precisare che, sebbene Copernico collochi il Sole al centro dell’universo, non lo pone però al centro dei moti dei pianeti. Il centro dell’orbe della Terra è un punto situato in prossimità del Sole ed esso è anche il centro dei moti dei pianeti. Per questa ragione sarebbe preferibile definire il sistema copernicano geocinetico piuttosto che eliocentrico.
Copernico è consapevole delle difficoltà che la concezione geocinetica avrebbe incontrato presso gli aristotelici; così all’obiezione che l’atmosfera sarebbe rimasta indietro, a causa del moto quotidiano della Terra intorno al proprio asse, risponde che anche l’atmosfera partecipa del moto della Terra. All’obiezione invece di carattere astronomico, per cui durante il moto annuale della Terra si sarebbero dovute osservare delle variazioni della distanza angolare delle stelle fisse ai due punti estremi dell’orbita terrestre, risponde ampliando enormemente le dimensioni dell’universo (che tuttavia rimane finito). In tal modo le variazioni della posizione della Terra non comporterebbero alcun effetto nell’osservazione delle stelle fisse.Allontanandosi sensibilmente dalla concezione aristotelica del cosmo, Copernico sostiene inoltre che, pur essendo un corpo pesante, la Terra si muove naturalmente con un moto circolare (proprio come gli altri corpi celesti), in virtù della propria forma sferica. In tal modo implicitamente nega la distinzione aristotelica tra i moti dei corpi celesti e quelli dei corpi terrestri. Il concetto di pesantezza (gravità) è reinterpretato in una direzione chiaramente antiaristotelica: i gravi cadono sulla Terra non per raggiungere il loro luogo naturale (come insegnava la fisica aristotelica), ma in quanto dotati di una naturale tendenza a unirsi al corpo di cui fanno parte. La gravità non è dunque una prerogativa dei corpi terrestri, in quanto la stessa tendenza è presente, per Copernico, anche nelle parti che formano i corpi celesti.