COCCO, Niccolò
Primogenito di Francesco di Niccolò, del ramo a SS. Apostoli, e di Bianca da Lezze di Donato, nacque a Venezia nel 1402. La multa ed il bando (più tardi, tuttavia, revocati) che nel 1431 colpirono il padre, ritenuto corresponsabile, come provveditore in campo, della sconfitta subita dai Veneziani presso Cremona, ad opera dei Milanesi, contribuirono forse a distoglierlo dalla politica e a indirizzarlo verso il mondo della mercatura: nel 1432 era "patrono" di una galera che commerciava in Levante, ad Haifa, e soltanto nel 1440 troviamo il suo nome tra i titolari del magistrato alla Ternaria. Eletto più tardi, nel 1443, alla Quarantia, l'anno successivo rifiutò di andar consigliere a Retimo, per non compromettere, con una prolungata assenza da Venezia, gli affari e l'economia della sua numerosa famiglia: dai matrimoni con Zanettina Vizzamano, sposata a Candia nel 1433, e poi con Lucia di Benedetto Dolfin, con cui si unì nell'anno 1441, egli ebbe infatti cinque figli, Antonio, Daniele, Francesco, Giacomo, Vincenzo, ed una figlia, Paola, andata sposa al ricco banchiere Pietro Ciera (secondo il Cappellari Vivaro avrebbe avuto otto figli, quattro maschi e quattro femmine).
Nel 1447 fu avvocato dei carcerati, due anni dopo savio agli Ordini, nel 1450 giudice del Forestier e, dopo alcuni anni, auditor delle Sentenze Nove, nel 1454.
Una carriera politica sin qui priva di ambizioni, che possiamo facilmente spiegare con la presenza, nel C., di altri interessi: il 12 maggio 1448 e il 24 maggio 1452 era tra i mallevadori delle galere per la Tana; il 16 ott. 1455 comparve dinanzi alla Signoria, con Maffeo Pesaro, quale rappresentante di Guglielmo Crispo, duca dell'Arcipelago, e il 19 maggio 1466 venne eletto capitano delle galere di Alessandria. È questa una data decisiva nella vita del C., che da allora pose a servizio dello Stato l'esperienza accumulata in tanti anni di rapporti con il Levante: il 17 giugno 1467 fu eletto rettore alla Canea, dove rimase tre anni. Le buone capacità diplomatiche, di cui dette prova nell'isola, gli valsero, nel '70, la nomina ad ambasciatore presso la Porta.
Dopo aver strappato Negroponte alla Repubblica, Costantinopoli sembrava infatti disposta alla pace, forse per prevenire il formarsi di una coalizione di Stati cristiani. Le istruzioni che, il 2 genn. 1471, il Senato consegnò al C. e al collega, Francesco Cappello, prevedevano, come soluzione ottimale, la restituzione dell'isola in cambio di 250.000 ducati; l'alternativa poteva essere costituita dalla reciproca restituzione dei territori conquistati o dalla loro conservazione, sulla base dell'uti possidetis. Apparve subito chiaro che le trattative erano destinate al fallimento: di fronte alle esorbitanti richieste del gran visir (restituzione di Lerrino e pagamento di un tributo annuo di 100.000 ducati), ai due inviati restavano margini troppo tenui per trattare. Così, dopo alcuni mesi trascorsi inutilmente a Costantinopoli, dove il Cappello morì improvvisamente, il C. decise di lasciare la città: si imbarcò di nascosto su una nave di pescatori e rientrò in patria.
Il cattivo esito della missione non ebbe ripercussioni sull'attività politica del C., che l'8 dic. 1472 fu eletto capitano a Caridia dove, per la morte di Benedetto Gritti, dovette esercitare, nel giugno 1474, anche l'incarico di viceduca. Le sue principali attenzioni furono rivolte alla manutenzione del porto, al controllo dei carichi delle galere, alla confezione del biscotto per l'armata (su quest'ultimo punto, in particolare, insistono le ducali senatorie). Aveva settantadue anni, il C., quando ritornò in patria, e settantasei allorché gli venne affidato il capitanato di Bergamo. Accettò, pur essendo ormai tra i più vecchi e autorevoli senatori (nello stesso 1478 fu tra gli elettori del doge Giovanni Mocenigo), e nel reggimento seppe dar prova di consumata abilità, riuscendo a venire a capo degli attriti che opponevano la città alle comunità della provincia.
Il 3 apr. 1480 era nuovamente inviato ambasciatore a Costantinopoli: ufficialmente l'oggetto della sua missione concerneva la regolazione di alcune vertenze, in pratica si trattava di concordare la posizione della Repubblica di fronte alla progettata invasione del Regno, da parte ottomana.
In questa circostanza, la condotta di Venezia, presa tra il desiderio di indebolire Ferdinando d'Aragona, il timore di dispiacere al Turco e quello di suscitare la collera del pontefice, fu ambigua ed incerta: al C. si ordinò di assicurare il sultano dei favorevoli sentimenti del Senato, salvo poi a sconfessarne l'azione quando egli parve eccedere nel fornire garanzie alla Porta per l'impresa di Otranto.
Il 3 maggio 1481 si trovava ancora a Costantinopoli, e di lì annunciava la morte di Maometto II. Al suo rientro a Venezia, il 1º ottobre di quello stesso anno veniva eletto savio di Terraferma e poi, il 1º dicembre 1482, avogadore di Comun. Morì alcuni mesi dopo, nel 1483, a Venezia, mentre ricopriva tale carica.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, M. Barbaro, Arbori de' patritii…, II, pp. 357, 360; Venezia, Bibl. naz. Marciana, ms. It., cl. VII, cod. 15 (= 8304): G. A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, I, cc. 266v-267r; Ibid., Civico Museo Correr, cod. Cicogna 3781: G. Priuli, Pretiosi frutti..., I, cc. 152v-153r; Arch. di Stato di Venezia, Avogaria di Comun. Balla d'oro, reg. 162, cc. 40r, 43r; Venezia, Bibl. naz. Marciana, ms. It., cl. VII, cod. 538 (= 7734): Libro di nozze, c. 40v. Sull'attività e la carriera politica: Arch. di Stato di Venezia, Avogaria di Comun. Prove d'età per patroni di galera, reg. 177, c. 35v; reg. 178, sub die; Segr. alle voci. Misti, reg. 4, cc. 10r, 21r, 43v, 80r, 109v, 111v, 145v, 154r; reg. 5, cc. 20v, 41v, 44r; reg. 6, cc. 19r, 83r, 112r; sull'attività a Candia, Ibid., Archivio del duca di Candia, b. 2/27, che contiene quarantasei ducali al C. capitano dell'isola, dal 14 dic. 1472 al 24 dic. 1473, e tre a lui come viceduca, del giugno 1474; sul reggimento di Bergamo, Ibid., Senato,Terra, reg. 8, c. 36r; sull'ambasceria a Maometto II, del 1482, Civico Museo Correr, cod. Cicogna 2993/III/I. Vedi ancora: Il Diario rom. di Jacopo Gherardi da Volterra…, in Rerum Italic. Script., 2 ed., XXIII, 3, a cura di E. Carusi, pp. LXV, 53; M. A. Sabellici Historiae rerum Venetarum ab urbe condita, in Degl'istorici delle cose veneziane..., I, Venezia 1718, p. 747; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Venez., Venezia 1827-42, II, p. 166; IV, p. 335; V, pp. 268 s.; D. Malipiero, Annali veneti dall'anno 1457 al 1500, a cura di F. Longo-A. Sagredo, in Arch. stor. ital., VII (1843), 1, pp. 67, 123, 132; E. Cornet, Le guerre dei veneti nell'Asia. 1470-1474. Documenti cavati dall'Archivio dei Frari in Venezia, Vienna 1856, pp. V, 15-20, 38; H. Noiret, Documents inéd. pour servir à l'histoire de la domination vénitienne en Crète de 1380 à 1485, Paris 1892, pp. 502, 509, 524, 542; C. Manfroni, Storia della marina italiana dalla caduta di Costantinopoli alla battaglia di Lepanto, Roma 1897, p. 83; F. Babinger, Maometto il Conquistatore e il suo tempo, Torino 1957, pp. 424 s., 563 s., 605.