NICCOLO Chiaramonte
NICCOLÒ Chiaramonte. – Nulla di preciso si conosce circa il luogo e la data di nascita di questo cardinale, che dati interni alla biografia fanno collocare entro le ultime tre decadi del XII secolo.
La certezza sul cognomen ‘de Claramonte’ e perciò sulla sua appartenenza alla nobiltà feudale dell’Italia meridionale poggia, invece, su un documento del 1220 trascritto da Ferdinando Ughelli. Nell’occasione descritta da questa lettera il già cardinale Niccolò, a Viterbo, mostrava al miles Federico di Chiaramonte alcune preziose reliquie e gli concedeva indulgenze per aver preso la croce contro gli infedeli. Sia nell’intitulatio sia nella narratio si fa riferimento al legame di sangue che intercorreva tra Niccolò e il nobile chiaramontano: «Nicolaus Tusculanorum Episcopus de Claramonte vulgariter nuncupatus… D. Federicus de Claramonte consanguineus noster miles creatus» (Ciaconio, 1677, coll. 62 s.).
La famiglia dei Chiaramonte, di origini franche (Clarmont), si insediò nel Sud Italia in età normanna, dando vita a due rami genealogici distinti che si svilupparono in due aree geografiche differenti: uno in Basilicata e in Calabria, l’altro nelle contee di Modica e Caccamo in Sicilia. È difficile dire con certezza a quale dei due rami appartenne Niccolò. La storiografia ha accettato le conclusioni a cui giunsero Ughelli e Augusto Ciaconio, secondo i quali era siculus. Probabilmente, invece, il futuro cardinale provenne dalle fila del ramo continentale della domus chiaramontana. A tal proposito fa riflettere un elemento riconducibile alla carriera precardinalizia di Niccolò, desumibile da una lettera papale contenuta nel registro dei primi due anni di pontificato di Onorio III: all’anno 1217 è citato un «dilectum filium Nycholaum monachum Casemarii tunc poenitentiarium nostrum» (Arch. segreto Vaticano, Reg. Vat. 9, ep. 733, c. 176r). Niccolò era entrato a far parte della comunità cistercense di Casamari tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo. Alcune filiazioni di Casamari, come quella di S. Maria del Sagittario in Basilicata, aggregata alla rete cistercense nel 1200, erano legate ai signori di Chiaramonte; è dunque probabile che il futuro cardinale provenisse da questo ramo della domus più che da quello siciliano.
Niccolò non è da confondere, invece, con un altro «frater Nicolaus», anch’egli presente a Casamari alla fine del XII secolo, citato da Luca di Cosenza nella sua Beati Joachim brevis vitae synopsis quale scriba di Gioacchino da Fiore e poi priore dell’abbazia cistercense di Corazzo in Calabria (Grundmann, 1977, II, p. 353).
Entrato a far parte di una comunità monastica che, a cavallo tra XII e XIII secolo, fu un centro culturale e spirituale molto importante e un bacino da cui attingere uomini fidati per importanti incarichi a servizio della Chiesa, secondo una notizia vaga riferita da Alberico delle Tre Fontane, divenne abate anche se non sappiamo di quale abbazia (Chronica Albrici, 1874, p. 907). Non stupisce, dunque, trovarlo nel 1215 tra i cappellani del papa e coinvolto, insieme al cistercense e notaio papale Rainiero Capocci, in una causa relativa alla condotta dell’abate di Montecassino (Rycardo de Sancto Germano notarii chronica, 1866, p. 337).
Le incombenze presso la Curia crebbero durante i primi anni di pontificato di Onorio III: agì in particolare come penitenziere minore e come agente del papa. Nel 1217, in una lettera di Federico II indirizzata ai canonici del capitolo di Meissen, egli è citato anche come suddiacono papale e canonico del suddetto capitolo (Huillard-Bréholles, 1852, I,2, pp. 525 s.). Questo documento, col quale si richiedeva ai canonici di sostenere con il necessarium Niccolò, loro procuratore, nonostante non fosse residente, attesterebbe il rapporto di fiducia creatosi tra il futuro cardinale e Federico II, amicizia che il papa avrebbe poi sfruttato per i piani della Curia.
Gli stretti legami con gli ambienti curiali e l’appartenenza a un ordine caro a Onorio III dovettero favorire invece la sua candidatura al titolo cardinalizio. Secondo il chronicon di Alberico delle Tre Fontane il papa creò Niccolò cardinale vescovo di Tusculum durante la prima ordinazione cardinalizia del 1219, avvenuta il 6 gennaio (Chronica Albrici, 1874, p. 907). La prima sottoscrizione cardinalizia di Niccolò a un documento papale è del 13 febbraio 1219. Niccolò sembra essere stato da subito nelle preoccupazioni del pontefice: nel settembre dello stesso anno, infatti, constatando che il neoletto cardinale non aveva una dimora adeguata nell’Urbe, gli concesse la chiesa di S. Maria in Monasterio con tutti i suoi diritti (Pressutti, 1888-95, II, App., n. 2192). Nei primi due anni di cardinalato rimase sempre al fianco di Onorio III, collaborando alle attività ordinarie della Curia.
Dal 1220 fu coinvolto in alcune missioni diplomatiche molto delicate. La prima fu quella del dicembre dello stesso anno presso Federico II. Durante tutto il 1219 erano state intavolate trattative tra la Curia e Federico II perché quest’ultimo accettasse la separazione del Regno di Sicilia dalla corona imperiale. Federico, intanto, sperava ancora di poter volgere a suo favore gli eventi. Mentre si trovava sul monte Mario, a nord-ovest di Roma, fu però raggiunto nel suo accampamento da due legati papali, il cardinal Niccolò e il suddiacono e cappellano papale Alatrino, i quali avevano ricevuto da Onorio III il triplice mandato di verificare la disponibilità di Federico II a mantenere separate le due corone; mettere in risalto agli occhi del re le difficoltà della Terrasanta e la necessità di un suo pronto intervento; ottenere la promessa di far pubblicare per il giorno dell’incoronazione imperiale il progetto di legge a favore della Chiesa e dei suoi diritti, discusso in concistoro, e allegato alle lettere legatizie. Niccolò ottenne da Federico II la promessa di corrispondere ai propositi della Curia. Tornato a Roma, il 22 novembre presenziò all’incoronazione imperiale di Federico II in S. Pietro e si fermò nell’Urbe fino alla fine dell’estate del 1221.
Alla fine di febbraio partecipò alla cerimonia di entrata nel monastero di S. Sisto di Roma delle sorores che Onorio III aveva affidato alla cura dell’Ordine dei predicatori (A. Walz, 1967). Il papa aveva coinvolto Niccolò in una commissione cardinalizia nata per assistere Domenico di Guzmán nel realizzare il progetto di un «universalem coenobium monalium» a Roma, secondo l’originale piano innocenziano (Cariboni, 2005, pp. 341-344). Questo fatto documenta il coinvolgimento di Niccolò con il neonato Ordine dei predicatori.
Nel novembre 1221 i ritardi nella preparazione della crociata insinuarono nel papa il dubbio sulle intenzioni dell’imperatore. Onorio III, perciò, inviò nuovamente Niccolò in Sicilia presso Federico II per obbligarlo a stabilire una data di partenza per l’Oriente e a renderla pubblica. Niccolò aveva il compito di fissare un incontro tra il papa e l’imperatore, che si svolse probabilmente a Roma nel dicembre 1221.
Alla fine di gennaio 1222, di ritorno dalla Curia, il legato e Federico II fecero tappa a Cosenza, dove Niccolò celebrò il rito di riconsacrazione della cattedrale, fatta ricostruire dall’arcivescovo cistercense Luca, che Niccolò aveva certamente conosciuto di persona a Casamari (Adorisio, 2000). La presenza di Niccolò in questa occasione documenta il ruolo strategico che la città calabrese e la sua Chiesa avevano assunto nella regione meridionale sia per il papato sia per Federico II.
Tornato presso la Curia, vi rimase almeno sino all’estate del 1222. Tra il settembre di quell’anno e l’estate del successivo si pone la legazione nel Sud della Francia, commissionatagli da Onorio III con lo scopo di predicare contro l’eresia. Si conosce poco di questa missione, ma dai dati a disposizione si può concludere che dovette essere un fallimento. Una lettera del papa, tràdita da una copia collazionata, contenuta in un manoscritto che nel XVIII secolo si trovava a Herfort, potrebbe consentire di comprenderne lo svolgimento (Shannat, 1723). Se il contenuto di tale fonte fosse vero, infatti, si tratterebbe di un durissimo rimprovero del papa nei confronti del proprio legato, il quale avrebbe disatteso del tutto i mandati della missione, preferendo alla predicazione l’accumulo di ricchezze. Il pontefice dunque lo avrebbe richiamato in Curia intimandogli di non richiedere altri incarichi legatizi, avendo egli dato scandalo in una regione in cui si giocava una partita delicatissima per la Chiesa. Nonostante questa débâcle, la carriera curiale di Niccolò non fu compromessa ed egli continuò a collaborare con il pontefice tra il 1224 e il 1226 come uditore, penitenziere e consulente per questioni riguardanti la vita religiosa.
La sua attenzione per le nuove forme di vita spirituale è documentata anche da alcune frequentazioni della sua domus cardinalizia, come quella di frate Egidio, uno dei primi compagni di Francesco d’Assisi. La sua ultima sottoscrizione cardinalizia conservata è del 27 febbraio 1226 (Pressutti, 1888-95, App., n. 6000). Oltre questa data non si hanno più sue notizie nelle fonti.
Morì probabilmente il 25 settembre 1227 e fu sepolto nell’abbazia di Fossanova.
Fonti e Bibl.: J.F. Shannat, Vindemiae literariae, I, Fulda-Leipzig 1723, p. 190 n. 23; Rycardi de Sancto Germano notarii chronica, in Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, XIX, Hannover 1866, p. 337; Chronica Albrici monachi Trium Fontium, ibid., XXIII, Hannover 1874, p. 907; Chronica XXIV Generalium Ordinis Minorum, a cura di B. Messa, Firenze 1897, pp. 83 s.; A. Walz, Die «Miracula Beati Dominici» der Schwester Cäcilia, in Archivum Fratrum Praedicatorum, XXXVII (1967), p. 23; Vita Beati Fratris Egidii, in Scripta Leonis, Rufini et Angeli sociorum S. Francisci, a cura di R.B. Brooke, Oxford 1970, pp. 324-326. Letteratura erudita: F. Ughelli, Italia sacra, Roma 1643, I, coll. 265-269; IX, coll. 274-294; A. Ciaconio, Vitae et res gestae pontificum, II, Roma 1677, coll. 62 s. Fonti pontificie: A. Potthast, Regesta pontificum Romanorum, I-II, Berlin 1874-75, nn. 5986, 6020, 6078, 6112, 6124, 6444, 6576, 6591, 6634, 6840, 6849, 7164, 7245, 7254, 7255, 7261, 7330, 7335, 7364, 7478, 7483, 7541; P. Pressutti, Regesta Honorii Papae III, I-II, Roma 1888-95, nn. 2043, 2201, 2204, 2261, 2766, 3581, 3614, 3637, 4447, 4562, 4646, 5219, 5302, 5449, 5577, 5639, 5643, 5903, 6000, e App., nn. 2192, 2208. Fonti imperiali: Friderici II. imperatoris Constitutiones, in Monumenta Germaniae Historica, Leges, II,2, Hannover 1837, pp. 242 s.; Historia diplomatica Friderici secundi, a cura di J.L.A. Huillard-Bréholles, Paris 1852, I,2, pp. 525 s., 880 s., 896; II,1, pp. 220, 222, 229, 273; Regesta imperii, a cura di J.F. Böhmer - J. Ficker - E. Winkelmann, V,1, Innsbruck 1881, n. 1371a; V,3, ibid. 1892, nn. 6403, 6444, 6489, 6490, 6491. Studi: E. Göller, Die päpstliche Pönitentiarie von ihrem Ursprung bis zu ihrer Umgestaltung unter Pius V, I,1, Rom 1907, p. 131; A. Paravicini Bagliani, Cardinali di Curia e familiae cardinalizie, I-II, Padova 1972, ad ind.; H. Grundmann, Ausgewählte Aufsätze, II, Stuttgart 1977, p. 353; F. Neininger, Konrad von Urach († 1227). Zähringer, Zisterzienser, Kardinallegat, Paderborn 1994, ad ind.; W. Stürner, Friedrich II., I-II, Darmstadt 2000, ad ind.; A.M. Adorisio, Il «Liber usuum Ecclesiae Cusentinae» di Luca di Casamari arcivescovo di Cosenza, Casamari 2000, pp. 15 s., 30 s.; M.P. Alberzoni, I nuovi Ordini, il IV concilio Lateranense e i Mendicanti, in Domenico di Caleruega e la nascita dell’Ordine dei Frati Predicatori. Atti del 41° Convegno..., Spoleto 2005, pp. 76, 83; G. Cariboni, Domenico e la vita religiosa femminile. Tra realtà e finzione istituzionale, ibidem, pp. 341-344.