BOCCANEGRA, Niccolò
Primogenito del capitano del popolo Guglielmo, nacque a Genova probabilmente verso il 1257. Nel 1262 seguì il padre nell'esilio in Provenza, dove si trovava ancora nel gennaio del 1274, quando, poco tempo dopo la morte del padre, rivolgeva, insieme con la madre Giacomina e coi fratelli minori, un'istanza a Filippo III l'Ardito, per essere liberato dagli obblighi imposti al padre dalla convenzione stipulata col re relativa alla costruzione delle fortificazioni di Aigues-Mortes. Risolte le questioni pendenti (il re aveva aderito alla richiesta e ordinato la restituzione agli eredi delle somme già sborsate da Guglielmo), gli orfani, ancora in età minore, rientravano in Genova prima del 1276. Nel 1278, riconosciuto maggiorenne, il B. ricevette i conti della tutela dagli zii Marino e Iacopo Boccanegra. In quegli anni cominciò a dedicarsi alle speculazioni commerciali e all'attività armatoriale, insieme col fratello Ranierio, che allora fece parlare di sé per le sue audaci imprese in Oriente. Ripresa nel frattempo la guerra contro Pisa, il B. contribuì con il suo patrimonio all'armamento della flotta che doveva sconfiggere i Pisani alla Meloria (1284).
Nel 1289 fu nominato, in sostituzione di Lucchetto Doria gravemente ammalato, vicario genovese in Corsica, dove le continue ribellioni di Giudice di Cinerca, sostenute dai Pisani, mettevano in grave imbarazzo il dominio genovese. Le istruzioni ricevute prevedevano che il B., prima di passare in Corsica, doveva compiere un'incursione nell'isola d'Elba con lo scopo di colpire l'economia pisana che traeva dalle miniere di ferro notevoli ricchezze. Lasciò Genova il 5 luglio 1290 al comando di cento cavalieri e cento balestrieri dirigendosi verso l'Elba, che saccheggiò e devastò con estrema violenza. Gli abitanti, c'he all'arrivo del B. si erano rinchiusi in un castello (forse in quello di Capoliveri, sede del capitano pisano), dopo un breve assedio furono costretti a capitolare, facendo atto di sottomissione al Comune di Genova. In contropartita il B. si impegnò a garantire loro un trattamento analogo a quello di cui godevano gli abitanti di Bonifacio. Giunta nel frattempo nelle acque dell'Elba la flotta genovese comandata da Enrico De Mari, che aveva incarico di custodire l'isola, il B. fece vela verso la Corsica. Il 22 luglio presentò al podestà di Bonifacio, Ottolino Di Negro, le lettere patenti nelle quali al B. erano conferiti ampi poteri al fine di sottomettere l'isola al dominio genovese.
Dopo un soggiorno di dieci giorni a Bonifacio il B. mosse in direzione di Ornano e si fermò per tre settimane nella piana di Tarano, dove però gran parte del suo esercito si ammalò, probabilmente di malaria, costringendolo a ritornare a Bonifacio. Le tristi condizioni dei Genovesi indussero il ribelle Giudice di Cinerca a prendere l'offensiva. Solo dopo quattro difficili mesi passati a Bonifacio il B. poté riprendere in mano la situazione. Ottenuto dal Comune il pagamento del soldo per le truppe, sostituì i cavalieri ammalati con abitanti di Bonifacio e mosse una seconda volta contro Giudice, il quale però non accettò la battaglia e si rifugiò sulle impervie montagne. Il B. dovette accontentarsi di occupare alcuni castelli, che cedette poi a due antichi alleati di Genova, Enriguzio e Ranieri di Cinerca. L'autorità di Genova poteva così apparire sufficientemente consolidata, ma durante il ritorno verso Bonifacio, al passaggio di una stretta gola di montagna, il B. e i suoi uomini caddero in un'imboscata tesa loro da Giudice. Le perdite dei Genovesi furono gravi: oltre ottanta tra morti e prigionieri.
Il disastro con cui si era conclusa la spedizione del B. in Corsica dovette determinare, nonostante il successo riportato all'isola d'Elba, la fine della sua carriera. Non sembra infatti che egli abbia più avuto parte attiva nella vita politica della sua città.
Si ignora l'anno della sua morte.
Fonti e Bibl.: Cod. diplom. delle relaz. fra la Liguria, la Toscana e la Lunigiana ai tempi di Dante, a cura di A. Ferretto, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XXXI (1903), n. 2, pp. 116, 220; Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, a cura di C. Imperiale di Sant'Angelo, V, Roma 1929, pp. 116-118; L. T. Belgrano, I Genovesi ad Acque Morte, in Giorn. ligustico di archeologia, storia e lettere, IX (1882), pp. 331-333; G. Caro, Genua und die Mächte am Mittelmeer, Halle 1895-98, I, pp. 12, 119; II, pp. 35, 147-151; U. Assereto, Genova e la Corsica (1358-1378) in Giorn. stor. e lett. della Liguria, I (1900), pp. 249, 269.