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ANTINORI, Niccolò

di Gemma Miani - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)
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ANTINORI (in franc. Anthinory), Niccolò

Gemma Miani

Nacque a Firenze nel 1454 nel quartiere di Santo Spirito, da Tommaso di Bernardo di Tommaso e da Alessandra di Giovanni Benci. Appartenne al ramo principale di questa famiglia di mercanti che non era tra le più antiche casate fiorentine, e che solo nella seconda metà del sec. XV raggiunse una posizione preminente nella società del tempo con Bernardo, primo tra gli Antinori ad ottenere il gonfalonierato (1474); solo nel 1494 per la prima volta questa famiglia fu citata fra le più influenti di Firenze.

Tra la fine del sec. XV e l'inizio del XVI, l'A. sviluppò una vasta rete di traffici soprattutto in direzione di Lione, le cui fiere egli aveva presto cominciato a frequentare. Primogenito dì quattro fratelli, egli si valse soprattutto della collaborazione di uno di loro, Lodovico, dedito come lui alla mercatura. Degli altri due fratelli, Raffaello non è sicuramente identificabile con un omonimo mercante presente a Lione nel 1522; e Carlo, ecclesiastico erudito, si spense nel 1503 mentre si preparava ad accedere alla dignità episcopale. I due fratelli Niccolò e Lodovico erano presenti a Lione nel 1493 e senza dubbio già da tempo. Questa attività commerciale a distanza era organizzata mediante una società commerciale, rappresentata a Lione da Lodovico e a Firenze dall'A., il quale ultimo, conservando la sede fiorentina, ebbe altresì la possibilità di unire alla cura degli affari l'esercizio delle prime magistrature cittadine e l'esecuzione di importanti missioni politiche, a cominciare dal 1484, anno in cui fu per la prima volta priore nel settembre-ottobre. Lodovico, di cui si ignora la data di nascita, si era invece trasferito a Lione, dove aveva acquistato il diritto di "residenza", e godeva del favore di Carlo VIII che gli aveva attribuito un impiego nella Falconeria reale. A Lione la sede della società si trovava nella rue Tramassac, in una casa appartenente a Guillaume Rosselet, che Lodovico aveva preso in affitto assieme al merciaio fiammingo Guillaume Dier. L'unica notizia sull'estensione dei traffici degli Antinori da Lione riguarda le relazioni avute con la Germania. Nella primavera del 1493, il fiorentino Raffaele Vecchietti, fattore della società, nel viaggio di ritorno da Norimberga, da dove importava un convoglio di merci e una somma di denari, veniva arrestato al passaggio del Reno, in terra imperiale, per ordine dell'abate di San Gallo che gli confiscò mercanzie e denari. In questa occasione Carlo VIII intervenne personalmente presso le antiche Leghe della Germania del Sud e l'imperatore Federico III per sollecitare il rilascio dei beni e l'indennizzo dei mercanti.

Si ignora fino a quando abbia continuata a sussistere la società dei due fratelli. Lodovico tornò a Firenze prima del 1509, anno nel quale fu eletto tra i priori per luglio-agosto. Non si conosce la data della sua morte, anteriore comunque al 1521, quando i suoi affari erano continuati a Lione dalla società "Andrea Sertini, eredi di Lodovico Antinori e compagni".

L'A. nel periodo della Repubblica fiorentina divenne priore (gennaio-febbraio 1498), commissario ad Arezzo (1498), commissario a Pistoia per riprendere possesso della città (1501), di nuovo priore (luglio-agosto 1501); e fece parte dei Dieci della Guerra nel 1512. Anche dopo il ritorno dei Medici ebbe conferite alcune cariche, tra cui quella di gonfaloniere per il quartiere di Santo Spirito nel 1515 che non esercitò per motivi di salute. Nello stesso 1515 egli si trovò tra gli Ufficiali di Monte nuovamente istituiti che si impegnavano a prestare al Comune per un anno la somma di 50.000 fiorini d'oro con l'interesse del 12 per cento l'anno. Nei primi anni del sec. XVI egli aveva acquistato dai Boni il palazzo situato sulla piazza allora detta "della Padella", che divenne la sede definitiva degli Antinori. Dal suo matrimonio con Nannina Martini aveva avuto due figli: Alessandro e Camillo, i quali come il padre esercitarono la mercatura. L'A. morì nel 1528, nel corso della grave crisi che scosse profondamente l'economia fiorentina. L'anno seguente tuttavia la fortuna della famiglia era stimata dall'ambasciatore veneziano A. Surian tra le più importanti di Firenze, non inferiore ai 100.000 ducati.

Fonti e Bibl.: P. Mini, Discorso della nobiltà di Firenze, Firenze 1593, pp. 35, 146; S. Ammirato, Istorie fiorentine, III, Firenze 1651, pp. 113a, 184c, 230e; C. F. Ménestier, Eloge historique de la ville de Lyon, Lyon 1669, p. 242; J. W. Imhoff, Genealogiae viginti illustrium in Italia familiarum in tres classes divisae, Amsterodami 1710, p. 109; G. Cambi, Istorie, Firenze 1785, I, pp. 29, 88, 94., 97, 105; II, passim; III, ibid 1786, p. 72; A. Ademollo, Marietta de Ricci ovvero Firenze al tempo dell'assedio, a cura di L. Passerini, IV, Firenze 1846, pp. 1303-1308; E. Alberi, Le relazioni degli ambasciatori veneti al Senato durante il sec. XVI, s. 2, V, Firenze 1858, p. 423; B. Varchi, Opere, I, Trieste 1858, pp. 27 s. , 140, 221, 237, 303, 338, 339; H. A. Charvin-Feugerolles, Les Florentins à Lyon, Lyon 1893, pp. 22 s.; E. Picot, Les Italiens en France au XVI siècle, Bordeaux 1901, pp. 98, 301; Lettres de Charles VIII roi de France, a cura di P. Pélicier, III, Paris 1902, p. 351 s.; R. Davidsohn, Geschichte von Florenz, IV, 2, Berlin 1925, pp. 428, 437; R. Ehrenberg, Le siècle des Fugger,Paris 1955, p. 141; Dict. de biographie française, II, col.1526.

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