Matematico e fisico (Borgo San Sepolcro 1600 - Pisa 1635). Allievo e amico di Galilei, fornì importanti contributi nell'ambito dello studio della fisica.
Allievo a Pisa di B. Castelli presso la cattedra di matematica, al termine dei suoi studi si trasferì a Firenze, dove divenne allievo e amico di Galilei, che si valse del suo aiuto per la traduzione in latino di alcune sue opere e di lettere dirette a scienziati stranieri e rimase poi con lui in continuo rapporto epistolare (sono conservate le lettere di A. a Galilei, di contenuto familiare e scientifico, mentre sono andate perdute quelle di Galilei ad A.). Proprio grazie alla designazione di Galilei, nel 1626 fu nominato successore di Castelli alla cattedra pisana di matematica. Durante la permanenza di Galilei a Roma per il processo (1633) ne seguì con trepidazione le sorti, sottraendo nel momento più critico della vicenda dalla villa di Arcetri, con la collaborazione di Suor Maria Celeste, le carte che, se trovate, avrebbero potuto peggiorarne la situazione; come precettore in casa Medici, si adoperò poi, anche dopo la condanna, a mantenere viva la stima e la protezione di questi verso il Maestro.
Notevoli i suoi contributi nel campo della fisica: fece acute osservazioni sui fenomeni di capillarità ("moto occulto" dell'acqua), indipendentemente dai risultati cui era già giunto Leonardo, da lui ignorati; estese le leggi, cui aveva già accennato Galilei, sulla vibrazione delle corde; studiò le variazioni di volume che subiscono le soluzioni nel congelarsi; eseguì misure sulla resistenza che l'acqua offre al moto in essa d'un solido. Dei suoi scritti si ha a stampa la sola prolusione tenuta a Pisa nel 1626: De mathematicae laudibus, 1627.