NIBELUNGI
. Il Nibelungenlied, poema dei Nibelungi, è il più importante poema epico nazionale germanico e uno dei più cospicui monumenti dell'epica universale. Nella forma, in cui ci venne tramandato anonimo, esso è stato composto intorno al 1200 e attesta la sua origine austriaca. Ma il suo contenuto è antico; e vastissimo è il territorio geografico in cui nacquero, in epoche varie, le singole parti onde la sua materia leggendaria è costituita; in esso si può dire che confluisca la maggior parte della saga eroica tedesca. Gli avvenimenti e i personaggi della sua favola sono in parte fantastici e in parte storici; e mentre in alcuni, d'origine più remota, traspariscono motivi e figurazioni che presentano addentellati col mito, in altri riecheggiano, con maggiore o minor precisione, nomi o fatti storici dell'epoca delle trasmigrazioni, del quarto e quinto secolo dell'era volgare.
Il contenuto del poema, nella sua forma definitiva, è costituito da un lungo seguito di avvenimenti, dipendenti l'uno dall'altro in rapporto di offesa e di vendetta, e che si possono riassumere schematicamente così: Sigfrido, figlio di Sigmundo, re a Xanten nei Paesi Bassi (giovane eroe, di cui le leggende narrano una puerizia piena di favolose avventure, delle quali è nel poema solo vagamente accennata quella della valchiria Brunilde destata dal sonno secolare entro il rupestre castello avvolto di fiamme, e quella dell'immenso tesoro da lui tolto al re dei nani Nibelungo) è preso da un nostalgico amore per la bellissima Crimilde, sorella di Guntero re dei Burgundî, presso il quale egli si reca ed è trattenuto come ospite e amico. Con un inganno innocente egli ottiene per Guntero la mano della forte e splendida Brunilde regnante lungi in oltremare, in cambio della promessa di aver Crimilde in sposa. I due matrimonî sono conchiusi, ma Brunilde, che viene a conoscere l'inganno di cui fu vittima e rosa da un'antica gelosia, che ha le sue radici nell'antefatto citato, si vendica facendo uccidere Sigfrido a tradimento da Hagen. Crimilde ne è inconsolabile e passa anni e anni in lagrime e in lutto; solo nel gran tesoro dei Nibelungi, lasciatole dal marito, ella trova qualche conforto al suo dolore di vedova. Ma Hagen, temendo che il tesoro possa diventare nelle mani di lei pericoloso strumento di forza e di vendetta, glielo toglie e lo sommerge nel Reno. Crimilde allora giura vendetta e ordisce con demoniaca tenacia un ordito spaventoso. Perciò accoglie volentieri la proposta di Attila e si unisce col potente re degli Unni per poter mettere più facilmente in effetto il suo piano. Attende anni e anni ancora, e alfine, giacché al tradimento si risponde col tradimento, invita i Burgundî a una festa e li fa assalire proditoriamente per distruggerli. Adesso l'azione precipita verso una generale catastrofe, nella quale lasciano a volta a volta la vita in feroci combattimenti gli eroi burgundî, Unni, Ostrogoti, e la stessa Crimilde. Sulla fantastica scena di rovina e di sangue rimangono soli e inermi superstiti il grande Teodorico e il suo fido Ildebrando.
Le varie leggende che s'intrecciano a formare questa favola di grande respiro, frutto complesso dell'immaginazione colpita dai grandiosi e sanguinosi eventi delle invasioni, ci sono conservate, in varie elaborazioni, oltreché nel Nibelungenlied, nella rimanente epica tedesca; e, specialmente nella parte delle leggende che interessa il Nibelungenlied, sono stati ravvisati tre nuclei centrali: la leggenda del giovane Sigfrido! la leggenda di Brunilde e dell'amore di Sigfrido, la fine del regno dei Burgundî. Mitico-fiabesco, ad onta di tutti i replicati vani tentativi di darne un' interpretazione evemeristica (Sigiberto, Segerico, Arminio!..., ecc.) appare il motivo di Sigfrido, il quale, svoltosi in origine forse dal nucleo primitivo di una fiaba di Rosaspina - altri hanno pensato anche ad aura leggenda - crebbe in seguito coi motivi del drago e del tesoro e si concretò finalmente nella leggenda di un eroe fatale, tragicamente perito. Nessun riferimento storico offre il motivo di Brunilde. Elementi storici invece sono quelli dei re e del popolo dei Burgundî, la cui distruzione per opera degli Unni nel 437 fu certo il fatto memorando da cui nacque il motivo della strage finale alla corte di Attila; storico il matrimonio di quest'ultimo con una germanica (Hildico) dalla quale sarebbe stato ucciso la notte stessa delle nozze. Più conforme alla realtà storica, appare questa parte della leggenda nella forma in cui ci venne conservata nell'Edda (v.) e nella Völsungasaga. Mentre, cioè, nel poema, Crimilde vendica la morte di Sigfrido sopra i proprî fratelli, in quelli essa vendica invece, sotto il nome di Gudruna, l'assassinio di essi sopra il marito Attila. Forse un tale mutamento dell'azione e delle parti rispecchia anche un'evoluzione naturale del concetto etico presso i Germani, per i quali anticamente il legame della consanguineità era il più sacro e obbligava più fortemente che non il vincolo matrimoniale.
La fusione della leggenda di Sigfrido, che numerosi indizî fanno ritenere originaria della regione del Reno, con quella dei Burgundî si compì certamente presso i Franchi renani, immediati successori dei Burgundî, già nel secolo V, qualche tempo dopo la morte di Attila. A tarde tradizioni ostrogote, passate ai bavaro-austriaci, si deve invece la fusione con la leggenda di Teodorico, nonché quella idealizzata concezione di Attila, su cui s'impernia in parte, l'accennata trasformazione della saga primitiva.
Quanto alla genesi del poema, di cui non si può negare l'unità del disegno generale e della forma, bisogna ammettere che nella originaria forma lirico-drammatica del Heldenlied, le singole canzoni eroiche in sé conchiuse intorno ai singoli fatti e personaggi della leggenda, siano state a mano a mano composte per la recitazione da singoli poeti; che dalle corti dei signori si siano poi diffuse come patrimonio comune fra il popolo, che ne divenne il custode; finalmente, e certo sull'esempio della letteratura cortigiana, esse vennero riunite e coordinate, rielaborate in forma di poema destinato alla lettura, e ciò per opera di un artista. Chi questi sia stato non è possibile stabilire, sebbene dal testo traspaiano epoca e luoghi della sua vita. Già prima di lui, d'altronde, il passaggio dalla forma del Lied alla forma dell'epos sembra essersi compiuta: se la congettura di una Nibelungias, in latino, composta già nel sec. X alla corte di Piligrim arcivescovo di Lorsch (Passau), può apparire priva di sufficiente fondatezza, su più larghi e sicuri indizî si basa invece l'ipotesi d'un poema bavarese sulla Nibelunge Not, il quale, composto verso la metà del sec. XII, sembra essere stato comune fonte al Nibelungenlied e alla Thidrekssaga. La forma metrica del poema è quella di una particolare strofa di quattro versi rimati a due a due e composti di due emistichî, il primo con quattro arsi e il secondo con tre; solo nell'ultimo verso della quartina i due emistichî sono eguali e hanno quattro arsi. Il numero delle strofe nelle diverse recensioni tramandateci si aggira intorno alle 2400.
Il poema dei Nibelungi è, nella sua essenza, un prodotto genuino e tipico del paganesimo germanico. Ma, come in ogni altro documento della poesia medievale, anche in questo è evidente, dal principio alla fine, l'influsso del cristianesimo e della mentalità cavalleresca. È un influsso però che, all'infuori di singole figure come quella di Rüdiger, è rimasto alla superficie, come una vernice esteriore, frutto di una tendenza ad adattare ogni cosa alle condizioni del tempo. Così, mentre solo indeterminati e problematici echi sono rimasti delle antiche credenze religiose, e anche il soprannaturale, che vi spunta qua e là, appare spesso piuttosto del dominio della fiaba, gli eroi e le dame praticano rigorosamente il rituale cristiano. Ad onta di ciò, la tessitura morale del poema è rimasta inalterata. L'etica che domina il decorso dell'azione e gli atti dei personaggi principali è puramente germanica e pagana, ed è in quel principio di fedeltà (triuwe, "Treue") pratico e non astratto, che giustifica ogni sacrificio, in quella legge secondo la quale il delitto chiama e impone il delitto, in quell'oscura e tragica fatalità per cui alla gioia seguono ineluttabilmente il dolore e la morte.
Manoscritti, edizioni e traduzioni. - Il Nibelungenlied ci è stato tramandato in una decina di manoscritti completi, oltre a una ventina di frammenti, scoperti dal 1755 in poi, dei quali i tre pergamenacei contrassegnati con le lettere A, B, e C, conservati rispettivamente a Monaco, San Gallo e Donaueschingen, sono i più antichi e importanti. I primi due, dei quali A è il più breve (2316 strofe), terminano con le parole der Nibelunge nôt e costituiscono la lezione vulgata; il terzo, che è il più ampio (2440 strofe), termina con le parole der Nibelunge liet. Si discusse a lungo quale dei tre fosse il più attendibile e il più vicino alla redazione originaria del poema, e si fecero molte e contraddittorie ipotesi, da quella del Lachmann (1816) che ritenendo la tarda Klage, aggiunta in coda ai mss., come testo antico e fonte del Nibelungi, giudicò A il più antico, escludendo da esso un gran numero di strofe dichiarate spurie, ricostruì le sue famose 20 canzoni originali (v. epopea, XIV, p. 125), a quella dello Holtzmann (1854) e del Pfeiffer (1862) che credettero la redazione C la più antica e, sostenendo l'unità del poema, ammisero come autore, il primo lo scrivano Konrad, a servizio dell'arcivescovo Piligrim di Lorsch (Passau), e il secondo il Minnesänger Kürenberg; a quella del Bartsch (1865) che ritenne B e C elaborazioni di un più antico originale, la prima d'intonazione popolare, la seconda una levigatura cortigiana, A una forma abbreviata di B. Sono accettate ora generalmente le conclusioni del Paul e del Braune, i quali, escludendo il testo più antico, ritengono B il più prossimo all'originale, C un'elaborazione posteriore, nella quale le numerose aggiunte avrebbero lo scopo di eliminare le contraddizioni, e A di secondaria importanza.
L'editio princepas, della sola 2ª parte, è del Bodmer, Chriemhilden Rache und die Klage, Zwey Heldengedichte aus dem schwäbischen Zeitpunkte, Zurigo 1757; la prima completa è di C. H. Myller, Der Nibelungen Liet, ein Rittergedicht aus dem XIII. oder XIV. Jahrh.- Zum erstenmale aus der Handschrift ganz abgedruckt, Berlino 1782; la prima edizione critica è di Fr. H. von der Hagen, Der Nibelungen Lied, zum erstenmale in der ältesten Gestalt aus der St. Galler Handschrift mit Vergleichung der übrigen Handschriften herausgegeben, Breslavia 1816.
Per il ms. A, v. l'ed. del Lachmann, Der Nibelunge Not mit der Klage, mit den Abweichungen der gemeinen Lesart, Berlino 1826. - Per il ms. B, l'ed. del Bartsch, Der Nibelungen Not, Lipsia 1870-80 (poi continuamente ristampata, nella collezione Deutsche Klassiker des Mittelalters, voll. 3; buona ediz. scolastica con vocabolario, 7ª ed., Lipsia 1932). Per il ms. C, le ed. del Holtzmann, Das Nibelungenlied, Stoccarda 1854; e di F. Zarncke, Das Nibelungenlied, Lipsia 1854; 6ª ed., 1887. Ediz. in facsimile di A con pagine saggio di B e di C, a cura di L. Laistner, Monaco 1886. Traduzioni in Neuhochdeutsch di K. Simrock (1827); J. Scherr (1860), A. Schröter (1903); H. Junghans (s. a. nelle ed. Reclam). Testo con versione a fronte, a cura di W. Freye, Berlino (s. a.:, nella Goldene Klassiker Bibliothek). Versioni italiane: in prosa di A. Gabrielli, La rovina dei Nibelungi, Città di Castello 1887; in versi di S. Pizzi, I Nibelungi, Milano 1889.
Bibl.: Per la bibl. più antica elencata in Th. Abeling, Das Nibelungenlied und seine Literatur, Lipsia 1907, v.: K. Lachmann, Über die ursprüngliche Gestalt des Gedichts von der Nibelunge Not, Berlino 1816, in Kleinere Schriften, I, Berlino 1876; N. Müllenhoff, Zur Geschichte der Nibelunge Nôt, in Zeitschrift für deutsches Altertum, X (1855); W. Wilmanss, Beiträge zur Geschichte und Erklärung des Nibelungenliedes, Halle 1877; E. Kettner, Die österreichische Nibelungendichtung, Berlino 1897; W. Williams, Der Untergang der Nibelungen, nelle Abhandlungen dell'Acc. delle scienze di Gottinga, 1903; W. Braune, Die Handschriftenverhältnisse des Nibelungenliedes, Halle 1900; A. Heusler, Lied und Epos in der germanischen Sagendichtung, Dortmund 1905.
Fra la bibl. del periodo posteriore, v. A. Heusler, Nibelungensage und Nibelungenlied, Dortmund 1921; 3ª ed., 1929; id., Die altgermanische Dichtung, Lipsia 1924; R. C. Boer, Untersuchungen über den Ursprung und die Entwicklung der Nibelungensage, voll. 3, Halle 1906-08; G. Roets, Nibelungias und Waltharius, nei Sitz. Ber. der Berliner Akad. d. Wiss., XXV (1911); K. Vogt, Volksepos und Nibelungias, in Mitteilungen der Gesellschaft für schlesische Volkskunde, XIII-IV (1912); F. Panzer, Studien zur germanischen Sagengeschichte, II, Monaco 1912; E. Mogk, Die germanische Heldensage, Lipsia 1917; 2ª ed., 1927; J. Körner, Die Klage und das Nibelungenlied, Lipsia 1920; H. de Boor, Die färöischen Lieder des Nibelungenzyklus, Heidelberg 1918; G. Neckel, Die Nibelungenballaden, nella Festchrift Braune, Halle 1920; J. R. Dietrich, Der Dichter des Nibelungenliedes, Darmstadt 1923; F. Neumann, Schichten der Ethik im Nibelungenlied, in Festschrift Mogk, Halle 1924; H. Delbrück, Das Werden des Nibelungenliedes, in Historische Zeitschrift, CXXXI (1925); H. Hempel, Nibelungenstudien, Heidelberg 1926; E. Tonnelat, La chanson des Nibelungen, Parigi 1926; A. Schröfl, Der Urdichter des Liedes von der Nibelungen Nôt, Monaco 1927; H. Sperber, Heuslers Nibelungentheorie, nella Festschrift Jellinek, Vienna 1928. Poiché gli studî di quest'ultimo periodo si sono andati riferendo sempre più largamente al rapporto del Nibelungenlied con la saga nordica, cfr. anche la bibliografia alle voci epopea; edda; saga. Fra le recenti trattazioni d'insieme della materia, v.: B. Vignola, Il poema dei Nibelungi, Verona 1912; G. Holz, Der Sagenkreis der Nibelungen, 2ª ed., Lipsia 1914; J. Körner, Das Nibelungenlied, Lipsia 1921; H. Schneider, Heldendichtung, Ritterdichtung, Geistliche Dichtung, Lipsia 1925; id., Die germanische Heldensage, Lipsia 1928 segg. Per le teorie dei romantici sui Nibelungi, v. J. Körner, Nibelungenforschungen der deutschen Romantik, Heidelberg 1911.