NEWMAN, John Henry, cardinale
Teologo, e più ancora apologista, inglese, nato a Londra il 21 febbraio 1801, morto a Edgbaston l'11 agosto 1890.
Della giovinezza del N., il momento principale e decisivo, è rappresentato dalla sua "prima conversione": all'età di 16 anni, egli ebbe "coscienza di ciò che è un dogma" e questa e la credenza ch'egli ebbe di essere eletto alla gloria eterna servì a farlo "riposare nel pensiero di due esseri, entrambi unici, supremi, entrambi testimoniati da un complesso di prove abbaglianti": l'io e il suo Creatore. Ma questa prima conversione, che il N. non dimenticò mai, avvenne sotto l'influsso di dottrine calviniste e lo condusse a imporsi una condotta strettamente puritana; tuttavia egli non riusciva a sentire in sé veramente quelle forti emozioni, quel rinnovamento totale dell'essere, che secondo gli "evangelici" del tempo, dovevano necessariamente accompagnare ogni conversione.
Nel giugno 1817, si recò a Oxford. Baccelliere nel 1820, due anni dopo divenne fellow dell'Oriel College; nel 1824 fu ordinato diacono anglicano, nel 1826 tutor nello stesso Oriel College, nel 1828 curato della chiesa di Santa Maria, succedendo all'amico E. Hawkins, che era divenuto provost di Oriel. Ma intanto faceva nuove amicizie, mentre veniva sempre più staccandosi dal Hawkins; tanto che nel 1832 abbandonò il posto d'insegnante. La nuova amicizia decisiva fu quella con R. H. Froude, che il N. accompagnò in un viaggio in Italia e nei paesi del Mediterraneo, seguito poi da un altro viaggio che il N. compì, da solo, in Sicilia. Nel corso di questo, colto da una gravissima febbre e salvo, ebbe la sensazione "che Dio certamente aveva qualcosa da fargli fare nel suo paese". Per il N., che credette sempre in presagi e che sempre sentì alitare intorno a sé il mondo invisibile, avvezzo "a parlare e vivere come se questo mondo invisibile fosse reale", non fu un caso che il suo ritorno in patria, nel luglio 1833, coincidesse con quel sermone di J. Keble sull'"apostasia nazionale", in cui egli giustamente ravvisò la prima manifestazione del "movimento di Oxford".
A questo il N. diede per alcuni anni intera la sua attività. Suo è il tentativo soprattutto di ricostruire una tradizione anglicana nella teologia, ricollegandosi del pari ai Padri della Chiesa e ai teologi inglesi del secolo XVII; sua, in grandissima parte, la dottrina dei tre "rami" della chiesa universale, il cattolico-romano, il greco e l'anglicano: quest'ultimo, presentato come via media tra il protestantesimo e il cattolicismo, che contro il primo afferma il principio e l'autorità della tradizione, contro il secondo respinge e condanna abusi e innovazioni. Il N. si dedica in questo tempo a studî storici sul cristianesimo primitivo, specialmente nel libro sugli ariani del sec. IV; contribuisce con una traduzione di S. Atanasio e numerosi studî alla Library of the Fathers, e in pari tempo nei numerosi sermoni diffonde e sostiene le idee del suo partito. Egli si preoccupa "Del modo di condurre la controversia con Roma"; ma sostiene che la Chiesa cattolica va giudicata sulla base del suo modo attuale di comportarsi, oltre che sui documenti ufficiali; combatte la dottrina riformata della giustificazione per la sola fede, rimproverando a questa teologia di far concentrare l'attenzione del cristiano quasi unicamente su sé stesso.
A poco a poco, trascinato dalla logica intima dei suoi principî, il N. è preso da dubbî. La via media da lui preconizzata non era la stessa che era stata seguita dai semiariani? Non è quella che il potere civile favorisce sempre, per la sua stessa natura, portato com'è ad amare soprattutto nella religione una certa moderazione, ch'è tiepidezza di fede e assenza di fervore? E, se scisma è l'erigere altare contra altare, che altro è il tentativo del governo inglese di accordarsi con quello prussiano per la creazione d'un vescovato comune a Gerusalemme? Per di più, con questo, si dà la Chiesa anglicana in braccio al protestantesimo. Inoltre, la frase di S. Ottato e di S. Agostino riporta il N. a studiare quella controversia donatista, nel corso della quale il concetto di scisma era stato chiarito e definito; ora, un articolo di N. P. Wiseman sugli ariani contiene una citazione di Agostino stesso: tra scismatici, eretici e ortodossi, securus iudicat orbis terrarum. E, se si accettano principî nettamente cattolici, come si possono accettare i 39 articoli di fede dell'anglicanismo? Il N. cerca di spiegarli: essi non volevano escludere coloro che sentivano di appartenere alla tradizione cattolica, e questi ora non volevano essere esclusi. Ma i Remarks on certain passages of the thirty nine articles, il novantesimo, e celebre, dei Tracts for the times, è condannato dall'università, poi dai vescovi. Il N. sospende la pubblicazione dei Tracts e si ritira a Littlemore.
Come membro della Chiesa anglicana, egli è ora "sul letto di morte". È sostanzialmente cattolico; tale era anzi già da qualche anno, pure senza darlo a divedere, giacché pensava che sarebbe stata slealtà indurre gli ascoltatori dei suoi sermoni ad abbandonare quella chiesa, di cui egli faceva ancora parte. Eppure, esita ancora. Al suo solito, attende un presagio. I suoi amici si convertono; egli attende. Intanto, incomincia a scrivere il celebre Essay on the development of christian doctrine; ma pochi mesi dopo, il 9 ottobre 1845, entra nella Chiesa cattolica.
Questa celebre opera è stata da alcuni giudicata severamente, da altri - per le stesse ragioni - esaltata come una prima proclamazione di teorie, che il razionalismo e il modernismo avrebbero fatte loro. Per giudicarla con equanimità, bisogna tenere presente l'avvertenza dello stesso N.: l'autore non era ancora cattolico, non pretendeva di essere un teologo, scriveva per lettori non cattolici. Il suo scopo era di esaminare se la cosiddetta "corruzione" dei principî del cristianesimo originario nella chiesa cattolica fosse veramente tale, oppure effetto di uno sviluppo legittimo. Perciò il N. distingue tra lo sviluppo che, in base ai criterî e alle analogie da lui stesso usati, si potrebbe chiamare "fisiologico" e quello "patologico". Naturalmente, egli trova che il deposito della fede, sostanzialmente, non si è modificato nella chiesa cattolica durante il corso dei secoli; ma qualche volta non indica nettamente - a giudizio dei teologi cattolici - la misura precisa dell'identità sostanziale tra il dogma primitivo e il suo sviluppo ulteriore. Per rendersene conto, però, si deve osservare che il N. si preoccupa di difendere, contro lo scritturalismo protestante, il principio della tradizione; è naturale che, incapace ancora di svincolarsi completamente da certe premesse che sono quelle dei suoi avversarî, esageri nel senso contrario a loro.
Circa un anno dopo la conversione, egli si reca a Roma; dove, dopo qualche mese di studî, il 30 maggio 1847, è ordinato prete. Nello stesso anno, scrive il romanzo Loss and gain, racconto, ma solo in minima parte autobiografico, di una conversione. Nel dicembre, torna in Inghilterra; e il 1° febbraio successivo, fonda l'Oratorio di Maryvale; la comunità si accresce presto, e il N. nel febbraio 1852 si stabilisce nella nuova casa di Edgbaston, presso Birmingham. Dal 1848 egli ha come superiore, vicario apostolico per l'Inghilterra centrale, il vescovo W. B. Ullathorne, saggio e moderato, che lo stima e gli vuol bene. Ma nel 1850, il ristabilimento della gerarchia anglicana suscita nuove polemiche. Una leggerezza del Wiseman coinvolge il N. in un'aspra polemica contro l'ex-domenicano Achilli, che procura al N. un processo e una condanna pecuniaria. Ma il 12 novembre 1851 egli è nominato rettore della istituenda università cattolica di Dublino. E in favore di questa egli pronuncia o scrive le conferenze e i saggi On the scope and nature of university education (poi The idea of a university), notevoli per la modernità di certi concetti pedagogici e altresì per la definizione del metodo teologico come strettamente deduttivo, simile a quello della geometria.
Bisogna avere presente questo, se si vuol comprendere e valutare obiettivamente la fondamentale e più celebre fra tutte le opere del N., la Grammatica dell'assenso (An Essay in aid of a grammar of assent). Se il N. distingue, in maniera che può ricordare la distinzione del Pascal tra l'esprit de géométrie e l'esprit de finesse, le proposizioni "razionali" e "reali"; se esalta il valore del "senso dell'illazione"; se insiste sul fatto che a darci la certezza di una cosa basta la convergenza di probabilità diverse le quali, presa una a una e per sé, non sono più che probabilità: si deve tuttavia ricordare in primo luogo che egli scrive un "saggio" non un trattato teologico completo, e una "grammatica", normativa sì, ma prima di tutto descrittiva.
In secondo luogo, si è osservato in difesa del N. che egli si limita a dimostrare il fatto della rivelazione, non tutti quelli che la teologia chiama preambula fidei (esistenza di Dio, ecc.). Ed è vero. Il N. fa soprattutto appello alla propria esperienza personale, né si preoccupa affatto di convincere degli atei; egli si rivolge a chi è già disposto ad ammettere l'esistenza di Dio, invoca il testimonium animae perché si rivolge, per così dire, all'anima naturaliter christiana. Ma è anche vero che, professando di non essere teologo, egli ubbidisce a un certo senso di repulsione e diffidenza verso la scienza teologica, ed è vero che alcuni passi delle sue opere, in cui si ritrovano le stesse concezioni fondamentali, non sono accettabili dalla teologia cattolica. È tuttavia giustizia riconoscere che, quand'egli scriveva, non era ancora sopravvenuta la definizione del Concilio Vaticano.
A questo, il N. non prese parte, neppure come teologo. Egli aveva attraversato anni difficili, dal 1858 in cui aveva dovuto abbandonare la sua "campagna in Irlanda", mentre negli anni immediatamente successivi una serie di equivoci e di disgraziati incidenti lo aveva messo in urto, anche personale, con H. E. Manning, cardinale e primate cattolico d'Inghilterra. Questi aveva ritenuto il N. autore d'un articolo apparso nella rivista The Rambler, mentre non solo non era di lui, ma pubblicato dopo che il N. ne aveva lasciato la direzione. Inoltre malintesi, che per disattenzione o trascuratezza d' intermediarî non furono chiariti subito, avevano reso sospetto anche a Roma il N., che del resto non nascondeva la sua avversione per l'"ultramontanismo" estremo del Manning, di W. G. Ward, e di qualche altro.
Ma il N. si era invece riconquistato interamente la stima del grande pubblico inglese, durante la polemica con gli anglicani C. Kingsley e con E. B. Pusey, l'antico suo compagno di lotte, il quale, nel suo Eirenicon, identificava la dottrina cattolica con le idee appunto del Manning. Nel rispondere a quest'ultimo, il N. sottolineava appunto il suo distacco dagli ultramontani; contro il primo, fra l'altro, scriveva la famosa storia della sua vita spirituale, Apologia pro vita sua.
In queste polemiche, il N. aveva evitato di trattare la questione, allora così scottante, dell'infallibilità pontificia. Una sfida più precisa rivoltagli dal Ward fu raccolta da un discepolo del N., il padre I. Ryder, che però scrisse di propria iniziativa. Ma, sopraggiunto il Concilio Vaticano, il N., che riteneva inopportuna in quel momento la definizione dell'infallibilità e stava piuttosto con la corrente moderata, alla quale apparteneva anche l'Ullathorne, sperò che si soprassedesse, e deplorò in una lettera privata allo stesso Ullathorne il modo di procedere della "fazione violenta e aggressiva" degl'infallibilisti a oltranza. La lettera, pubblicata per una indiscrezione e falsata, suscitò un putiferio. Tuttavia, poco dopo il concilio, il N. ne difese le definizioni dogmatiche contro gli attacchi di Gladstone, il quale sosteneva ch'esse rendevano ormai cosa impossibile l'essere insieme un buon patriota inglese e un fedele cattolico. È notevole, in queste risposte (la lettera al duca di Norfolk, Difficulties of Anglicans), la proclamazione del valore della coscienza: il N. sa che questa è la voce del Dio della rivelazione e che il papa non potrà mai senza negare sé stesso - senza suicidarsi, come dice il N. - pronunciarsi contro la coscienza e la legge morale.
Gli ultimi anni del N. si svolsero, dopo tante lotte, in relativa tranquillità. Nel 1877 fu proclamato fellow onorario del Trinity College di Oxford, nel 1879 Leone XIII, aderendo al desiderio unanime dei cattolici inglesi di veder onorato l'eminente apologista, lo creava cardinale diacono del titolo di S. Giorgio in Velabro. Il papa onorava in lui un grande inglese: ma si può dire che non fu pura coincidenza che il rigido e severo Pio IX conferisse il cappello cardinalizio al Manning, il diplomatico Leone XIII al N.: giacché, come si diceva in Inghilterra, si sarebbe sempre potuto prevedere, in una questione, quale sarebbe stata l'opinione del primo; ma quello che importava conoscere era il pensiero del secondo. Autorevolissimo nel suo paese per la dottrina e le mirabili doti di scrittore, prosatore e poeta (ricorderemo il "Sogno di Geronzio"); teologo forse audace, e che forse non del tutto a torto il modernismo rivendica - per certi lati dell'insegnamento di lui - come proprio padre spirituale, il N. fu forse colui che più operò per ricondurre numerosi Inglesi alla Chiesa cattolica, alla quale egli conciliò almeno il rispetto dell'intero mondo anglosassone, già così mal disposto. E sulle sue audacie teologiche vale forse, più che mai, il giudizio di un contemporaneo, il p. Mazio: "Non so come sia, ma è proprio così: tutte queste cose sorprendenti il N. riesce sempre a ricondurle, alla fine, a una buona conclusione".
Scritti: Delle opere del N., edizione definitiva, Londra 1870-1879, voll. 37. Inoltre: Letters and correspondence of J. H. N. during his life in the English Church, a cura di A. Mozley, Loondra 1891; Correspondence of J. H. N. with J. Keole and others, Birmingham 1917. Inoltre, opere postume: Stray essays, Londra 1890 (fuori commercio); Meditations and devotions, ivi 1893; My campaign in Ireland, ivi 1896 (fuori commercio); Addresses to card. N. with his replies, ivi 1905; Sernon notes, ivi, 1913.
Trad. ital.: il romanzo Callista, Milano 1859 e Alba 1928; Perdita e guadagno, Milano 1856; Anglicanismo, cattolicismo e culto della Vergine, Piacenza 1909; Discorsi scelti, Roma 1910; Fede e ragione, Torino 1907; Il papa, il Sillabo e l'infallibilità papale, Piacenza 1909; Preghiere e meditazioni, Napoli 1906 e Torino 1907; Meditazioni, Milano 1926.
Bibl.: A. Abbott, The anglican career of card. N., Londra 1897, voll. 2; W. Barry, Outline of the life of card. N., ivi 1904; W. Ward, Life of J. H. card. N., ivi 1911, voll. 2 (da completare con altre biografie dello stesso autore); P. Thureau-Dangin, N. catholique, Parigi 1912; H. Bremond, N. Essai de biographie psychologique, ivi 1906; id., Le développement du dogme chrétien; id., La psychologie de la foi; id., La vie chrétienne, Parigi 1905-1906 (estratti delle opere, con introd. e comm.); R. Kassner, N. Apologie des Katholizismus, Monaco 1920; E. Przywara, N. Christentum, Friburgo in B. 1922; id., Ringen der Gegenwart, Augusta 1929, II, pp. 802-872; B. Newman, Card. N., Londra 1925; J. L. May, Card. N., Londra 1929; H. Tristam e F. Bacchus, in Dictionn. de théol. cathol., XI, i, coll. 327-398.