NEVIO (Cn. Naevius)
Poeta latino, nacque nella Campania. L'anno della sua nascita è ignoto, ma sappiamo da Gellio che combatté nella prima guerra punica e che nell'anno 235 a. C. cominciò a fare rappresentare le sue commedie. Era un uomo di liberi sensi, di carattere fiero e aggressivo, e assalì sulla scena con gli spiriti dell'antica commedia ateniese personaggi illustri del suo tempo. Ci è stato tramandato un verso da lui scritto contro Q. Cecilio Metello, console l'anno 206 (fato Metelli Romae fiunt consules) e la risposta dello stesso Metello (dabunt malum Metelli Naevio poetae). Anche l'Africano maggiore fu da lui deriso in una commedia. Ora a Roma questo non era tollerato dalle leggi. N. fu dunque messo in prigione, dove scrisse due commedie (Ariolus e Leon), che diedero qualche soddisfazione a quelli che erano stati offesi nelle commedie precedenti, e perciò fu liberato dai tribuni della plebe. Ma poco dopo fu costretto dai suoi nemici a lasciare Roma e morì esule ad Utica l'anno 201.
N. cominciò con lo scrivere commedie e tragedie, di cui ci restano solo frammenti. Egli aveva particolare attitudine per il genere comico e lo coltivò a preferenza del tragico. Abbiamo di lui poco più di trenta titoli di commedie palliate e più di cento frammenti che però son quasi tutti brevissimi e comprendono tutti insieme poco più di centotrenta versi. Il frammento più notevole è nella Tarentilla e rappresenta in modo perspicuo una fanciulla che civetta con tutti. N. trattò con libertà i suoi modelli, intrecciandovi allusioni comiche a usi e costumi italici e a persone del suo tempo e praticando per il primo la contaminatio. Volcacio Sedigito nel suo canone dei poeti comici gli assegnò il terzo posto, dopo Cecilio e Plauto.
Come poeta tragico, N. è meno importante. Conosciamo solo sei titoli di sue tragedie con pochi frammenti che comprendono poco più di cinquanta versi. Però N. fu il creatore della praetexta: abbiamo due titoli, Romulus e Clastidium, con qualche verso. Con la prima praetexta celebrava il fondatore di Roma, con l'altra il console M. Claudio Marcello, che l'anno 222 vinse e uccise di sua mano a Clastidium il regolo gallo Virdumaro.
Negli ultimi anni della sua vita N. compose in metro saturno un poema epico, il Bellum Poenicum.
Questo poema, scritto in forma continua, fu poi diviso in sette libri dal grammatico C. Ottavio Lampadione. Ce ne sono rimasti una cinquantina di frammenti, di cui i più lunghi sono di tre versi. I primi due libri trattavano delle fondazioni di Roma e di Cartagine. Nevio faceva risalire le origini di Roma ai fuggiaschi di Troia condotti da Enea nel Lazio. Romolo era detto nipote di Enea. Il viaggio di Enea era stato disturbato da una tempesta, come poi nell'Eneide: anche da N. Virgilio imitò i lamenti di Venere e le promesse di Giove. È probabile che anche nel poema di N. Enea si fermasse a Cartagine e che la tragica passione di Didone fosse rappresentata come una causa remota della guerra punica. Poi nel terzo libro, saltando gli avvenimenti intermedî, cominciava l'argomento del poema, cioè la narrazione della prima guerra punica. Le fonti del poema sono incerte: forse per la parte mitica Timeo. Il Bellum Poenicum era letto anche nell'età augustea come un'opera nuova. Cicerone lo ammirava come una statua di Mirone. Ennio, che ostentava il suo disprezzo per il metro con cui era stato scritto, lo imitò tuttavia e omise negli Annales la guerra punica cantata da N. Delle imitazioni di Virgilio si è già detto.
Gellio (Noct. Att., I, 24,2) riporta un superbo epitaffio, che il poeta stesso avrebbe scritto per sé, ma molti moderni dubitano che sia di Nevio.
Ediz.: L'edizione completa più recente dei frammenti delle commedie e delle tragedie è quella del Ribbeck (Com. rom. fragm., 6 e Trag. rom, fragm., 321) e dei frammenti del poema quella del Morel.
Bibl.: Oltre ai capitoli delle grandi letterature dello Schanz, del Teuffel, del Leo, dell'Ussani e delle storie della poesia latina del Ribbeck e del Plessis, si consulti: O. Ribbeck, Die römische Tragödie im Zeitalter der Republik, Lipsia 1875, p. 44; F. Marx, Naevius, in Berichte der sächs. Gesell. der Wiss., LXIII (1911), iii, p. 39 segg.; G. A. Alfero, Gli ultimi anni di N., in Entaphia per E. Pozzi, Torino 1913, p. 193 segg.