Neuropatologia
Scienza che indaga le malattie neurologiche attraverso lo studio della morfologia delle lesioni del tessuto nervoso, la n. nacque alla fine del Settecento come illustrazione di lesioni del cervello e si sviluppò nell'Ottocento come corollario della neurologia, dando un contributo sostanziale allo studio delle correlazioni fra sintomi e sede delle lesioni. Questo tipo di n., basata sull'analisi macroscopica del cervello, è utilizzata oggi come diagnostica per immagini (tomografia assiale e risonanza magnetica). Nella seconda metà dell'Ottocento il microscopio ottico e le colorazioni cellulari consentirono le scoperte della n. cellulare e della n. tessutale. La prima studia come soffrono, reagiscono e muoiono le cellule del tessuto nervoso, la seconda traccia i paradigmi morfologici delle malattie. Il livello subcellulare è stato indagato nel corso della seconda metà del Novecento col microscopio elettronico, la cito-istochimica e l'analisi chimica del tessuto, e successivamente con l'immuno-cito-istochimica e l'ibridizzazione in situ. Il progresso delle conoscenze neuropatologiche è stato favorito dall'uso di modelli sperimentali animali e cellulari, compresi i transgenici e le cellule transfettate. Oggi, seguendo l'evoluzione della neurobiologia, la n. è diventata una disciplina composita e versatile che va oltre la morfologia integrandosi con la clinica, la neuroradiologia, l'anatomia patologica e l'epidemiologia, e allargando il metodo d'indagine a morfometria, neurofisiologia, chimica, biochimica, biologia e genetica molecolare. Il suo scopo principale è la conoscenza della patogenesi delle malattie neurologiche.
Neuropatologia cellulare
Tutte le cellule che partecipano all'organizzazione del sistema nervoso (neuroni e glia, ependima, cellule dei vasi e della meninge) possono andare incontro a processi patologici. I neuroni (v. nervoso, sistema, App. V) sono le cellule evolute per la gestione dei processi di informazione, necessaria all'individuo per adattarsi all'ambiente. Sono dotati di prolungamenti (neuriti: molti dendriti e un assone) che aumentano la superficie cellulare e, grazie a contatti efficienti (sinapsi: v. nervoso, sistema, App. V), consentono la formazione di circuiti fra cellule (neuroni, recettori di senso, cellule muscolari e ghiandolari) anche molto lontane una dall'altra. La forma dei neuroni, funzionale alla loro attività, è mantenuta da un'impalcatura proteica (citoscheletro) costituita da neurotubuli, filamenti intermedi e neurofilamenti, lungo la quale scorrono flussi di citoplasma da e verso il corpo cellulare. I flussi dendritici e quello assonale trasportano alla membrana cellulare le molecole necessarie ai processi di informazione che il neurone deve elaborare.
I neuroni maturi sono il risultato di una serie di generazioni di cellule che risalgono ai capostipiti della doccia neurale. Una volta raggiunti la posizione e il ruolo definitivi, i neuroni perdono la capacità di dividersi divenendo così cellule perenni e non sostituibili se muoiono prima dell'individuo al quale appartengono. La loro morte avviene per modificazioni del microambiente capaci di attivare il programma stabilito ad hoc (apoptosi, o morte programmata), oppure di alterare irreversibilmente l'assetto strutturale delle proteine della membrana e citoplasmatiche (necrosi). L'apoptosi (caratterizzata dalla frammentazione della cromatina nucleare) si verifica soprattutto nel corso dello sviluppo del cervello per eliminare i neuroni in sovrannumero. La necrosi, conseguenza di insulti metabolici o fisici (soprattutto ipossia, acidosi, calore), rappresenta l'evento finale di un processo che assume la forma di vacuolizzazione (da degenerazione dei mitocondri), rigonfiamento ed eosinofilia del citoplasma e del nucleo, raggrinzimento del corpo cellulare e frammentazione dei neuriti.
Il neurone va soggetto a molti tipi di degenerazione. In alcune malattie da difetto enzimatico ereditario (per es. malattie lisosomiali, ceroidolipofucsinosi e glicogenosi) o presunte tali (per es. malattia di Lafora), i metaboliti non digeriti si accumulano nel corpo e nei neuriti. La disfunzione che ne consegue è dovuta alla modificazione della forma del neurone e all'ostacolo che il deposito può opporre al flusso del citoplasma. Quando l'accumulo si verifica all'origine dell'assone, sulla deformazione si sviluppano spine dendritiche per sinapsi sovrannumerarie che alterano l'equilibrio elettrico della cellula. L'edema intracellulare che deforma i neuroni della corteccia e sottocorticali nelle encefalopatie spongiformi (per es. malattia di Creutzfeldt-Jakob, v. encefalopatie: Encefalopatie spongiformi trasmissibili, in questa Appendice) ha effetti clinici vistosi: mioclono, epilessia, onde elettroencefalografiche periodiche. Probabilmente, l'edema intracellulare è la conseguenza di una disfunzione delle pompe ioniche della membrana cellulare.
Molte malattie croniche (soprattutto demenze degenerative e malattie extrapiramidali) hanno in comune la degenerazione del citoscheletro neuronale. Questa può essere dovuta all'abnorme fosforilazione di una proteina (proteina tau) che, in condizioni normali, contribuisce all'organizzazione spaziale dei microtubuli (v. cellula, App. V e in questa Appendice). Quando l'organizzazione spaziale è sconvolta, il citoscheletro si ammassa in convoluti argentofili (degenerazione neurofibrillare) o si addensa in depositi lungo l'assone (distrofia neuroassonale) o nel corpo cellulare (corpi di Pick, corpi di Lewy). Formazioni simili possono essere provocate anche dall'accumulo di neurofilamenti, come nelle intossicazioni sperimentali da iminodipropionitrile e da alluminio. Conseguenze della patologia del citoscheletro sono il blocco del flusso assonale e la compromissione delle sinapsi. Il progressivo accorciamento dell'assone (morte a ritroso) si verifica quando il neurone non è in grado di mantenere un livello metabolico all'altezza delle sue funzioni. In questo caso, anche i dendriti e il corpo cellulare si rimpiccioliscono. Un uguale riassetto delle dimensioni cellulari può essere dovuto alla denervazione (degenerazione transinaptica).
Per quanto privi della capacità di riprodursi, i neuroni maturi hanno ancora quella di rigenerare, che ricompare soprattutto quando soffre l'assone. L'interruzione di questo prolungamento provoca la lisi del frammento distale e della sua guaina di mielina, e la reazione della microglia per lo smaltimento dei detriti (degenerazione walleriana). La cellula reagisce nel tentativo di ripristinare l'assone perduto. Nei neuroni di moto ciò comporta il rigonfiamento del corpo (reazione assonale) dovuto alla proliferazione di reticolo endoplasmico per la sintesi delle proteine. La reazione è tanto più vistosa quanto più vicina al corpo cellulare è la lesione dell'assone, e risente dell'azione stimolante o inibitoria di molecole sintetizzate per l'occasione da astrociti e microglia. L'impegno può comportare la morte del neurone e il risultato (aleatorio a causa della reazione gliale) è tanto migliore quanto più piccolo è il tratto di assone da ricostruire. L'attitudine dei neuroni a rigenerare si manifesta nell'infanzia con la riorganizzazione di circuiti compromessi da una lesione, e nel corso dell'invecchiamento col rimaneggiamento delle sinapsi e dell'albero dendritico (plasticità).
Vi sono nel tessuto nervoso tre tipi di cellule gliali: gli astrociti e gli oligodendrociti, di origine ectodermica, e la microglia, di origine mesodermica. Gli astrociti sono elementi stellati che coi loro prolungamenti a ponte fra vasi intraparenchimali, ependima, pia madre e cellule consentono scambi di molecole fra sangue, liquor e neuroni, e danno al tessuto una certa resistenza elastica. Durante lo sviluppo del cervello, gli astrociti stimolano la crescita degli assoni, favoriscono l'organizzazione delle connessioni e guidano i neuroni verso la loro posizione definitiva. L'azione neuroprotettrice degli astrociti si esplica come riserva di energia (glicogeno), mantenimento dell'omeostasi dei liquidi extracellulari, controllo del glutammato e di altre molecole neurotossiche, modulazione dell'attività della microglia e di altre cellule immunocompetenti giunte dal sangue. Caratteristico del citoplasma degli astrociti è lo sviluppo dei microfilamenti, maggiore in quelli della sostanza bianca (astrociti fibrosi) che in quelli della sostanza grigia (astrociti protoplasmatici). Gli astrociti perdono gran parte della loro capacità neuroprotettrice quando, per effetto di insulti metabolici (per es. ipossia, ipoglicemia) che ne danneggiano le pompe ioniche, accumulano sodio e acqua. Le stesse condizioni forzano queste cellule a trasformarsi in astrociti fibrillari (gliosi). Ciò comporta l'ipertrofia dei microfilamenti distribuita armoniosamente fra corpo e prolungamenti, e spesso la suddivisione del nucleo. Diventano allora immunochimicamente dimostrabili le proteine caratteristiche del citoscheletro astrocitario, in particolare la proteina acida gliofibrillare, la vimentina, e una cristallina. Talvolta l'ipertrofia del citoscheletro si manifesta in modo discontinuo, prediligendo il corpo cellulare oppure i prolungamenti. Ne risultano cellule di grosse dimensioni con prolungamenti corti (gemistociti), o filamenti tozzi e tortuosi (fibre di Rosenthal). Agli astrociti fibrillari compete l'organizzazione delle cicatrici dove il tessuto ha sofferto. La gliosi è isomorfa se la lesione rispetta l'architettura del tessuto danneggiato, altrimenti è anisomorfa.
Gli oligodendrociti sono cellule di supporto al neurone, di cui circondano il corpo (satellitosi), e proteggono l'assone. Per quest'ultima funzione usano la membrana cellulare con la quale costruiscono per l'assone una guaina di mielina (mielinogenesi). Un solo oligodendrocita prende parte alla formazione di più guaine, destinando un prolungamento a un segmento internodale. Questo è la frazione di guaina compresa fra due nodi di Ranvier, punti in cui l'assone è nudo e può depolarizzarsi, permettendo la conduzione saltatoria del potenziale d'azione veloce ed economica (nei nervi le cellule di Schwann, omologhi periferici degli oligodendrociti, forniscono un segmento ciascuna). La sofferenza degli oligodendrociti si riflette sulle guaine. Vi sono mutazioni che compromettono la mielinogenesi. Una mutazione del gene per la proteina proteolipidica e una del gene per la galattocerebrosidasi inibiscono la formazione di mielina e provocano la morte degli oligodendrociti (malattia di Pelizaeus-Merzbacher e malattia di Krabbe), mentre una mutazione del gene della proteina basica della mielina non consente alle cellule di formare guaine di spessore adeguato. La sofferenza degli oligodendrociti si manifesta come edema del citoplasma perinucleare o come distruzione della guaina fra due nodi (demielinizzazione). Il primo è l'effetto di un danno metabolico acuto, la seconda dell'azione di virus, sostanze tossiche e cellule immunocompetenti. La demielinizzazione può causare la morte dell'oligodendrocito o esserne la conseguenza, e prelude a tentativi di rimielinizzazione da parte di cellule affluite dal tessuto circostante.
La microglia costituisce con le cellule perivascolari e i macrofagi delle meningi un sistema di cellule immunocompetenti. Essa ha il compito di proteggere il tessuto nervoso dai patogeni capaci di stimolare una risposta immunitaria, e di ripulirlo dei detriti derivati dalla disintegrazione tessutale. Nel periodo perinatale, la microglia è rotondeggiante (di aspetto ameboide in vitro) come i fagociti mononucleati del midollo osseo cui è affine. Assume in seguito la forma ramificata della microglia quiescente e di quella attivata ma non ancora fagocitica, e la forma rotonda dei macrofagi. Tutte le patologie del tessuto nervoso sollecitano la microglia ad attivarsi, proliferare e trasformarsi in macrofagi. Queste modificazioni sono accompagnate dalla comparsa di molecole nuove sulla superficie delle cellule (per es. recettori del complemento, antigeni dei sistemi di istocompatibilità, antigeni leucocitari, molecole di adesione cellulare, epitopi macrofagici) e dalla sintesi di sostanze citotossiche (per es. radicali liberi, ossido d'azoto, proteasi, aminoacidi eccitatori) e trofiche (per es. fattori di crescita, interleuchine, plasminogeno), che mostrano di quanti meccanismi la microglia può avvalersi per proteggere i neuroni e rimuovere tutto ciò che è definitivamente compromesso. Coerente con le sue funzioni, la microglia attivata ritrova la capacità di muoversi già avuta nel cervello fetale, grazie alla quale raggiunge le cellule da attaccare e, completatane la fagocitosi, si sposta verso il liquor e il sangue.
La struttura dei vasi intraparenchimali è affatto particolare per consentire sia il passaggio di molecole selezionate dal sangue al tessuto sia lo smaltimento dei detriti. La densità dei vasi è altissima, data la quantità di sangue (750 ml/min: 1/6 della portata cardiaca per un organo che è 1/50 della massa corposa) richiesta dal metabolismo cerebrale, che è molto intenso e alimentato solo da glucosio e ossigeno. Il sangue arriva al tessuto attraverso le arterie penetranti e i capillari, e lo abbandona con le vene. Entrando nel parenchima dallo spazio fra aracnoide e pia (spazio subaracnoideo), le arterie trascinano con sé un rivestimento di meninge. Lo spazio fra questo rivestimento e la parete dell'arteria (spazio di Virchow-Robin in continuità con quello subaracnoideo) è disponibile al passaggio di macrofagi che lo raggiungono dal tessuto, o di cellule che provengono dal sangue e dal liquor. La parete dei capillari cerebrali funge da filtro attivo (barriera emato-encefalica) ed è costituita da endotelio, membrana basale e piedi vascolari degli astrociti. Questo endotelio possiede giunzioni intercellulari così strette da impedire la diffusione di molecole fra una cellula e l'altra. La membrana basale è una struttura fibrillare di laminina e collagene, sdoppiata per alloggiare cellule perivascolari, un avamposto di cellule immunocompetenti a difesa del cervello. I prolungamenti astrocitari appoggiati sulla membrana basale sono coerenti con la mediazione metabolica fra sangue e tessuto esercitata dagli astrociti. La rottura della barriera ematoencefalica è la conseguenza di un danno metabolico acuto (per es. ipossia e acidosi tessutale) o cronico (per es. carenza di tiamina), e permette il passaggio di metaboliti citotossici. Le vene non hanno rivestimento meningeo e la loro parete è a contatto diretto col tessuto.
Il cervello è rivestito all'esterno dalla pia-aracnoide, all'interno dall'ependima. La pia-aracnoide è formata da due foglietti di connettivo, uno dei quali aderente alla superficie cerebrale, che delimitano lo spazio subaracnoideo. Questo contiene liquor e vasi. Il rivestimento meningeo è vulnerabile alle infezioni e reagisce secondo le modalità del connettivo. Un ultimo rivestimento di meninge (dura madre) si trova fra aracnoide e involucro osseo. L'ependima è uno strato di cellule neuroectodermiche che tappezza i ventricoli, l'acquedotto, i plessi corioidei e il canale ependimale centromidollare. Dove è danneggiato, degenera e scompare.
Neuropatologia tessutale
Il sistema nervoso può soffrire per cause che interferiscono col suo sviluppo o che lo danneggiano a sviluppo ultimato. Il risultato è una malformazione o una lesione.
Malformazioni
Le malformazioni sono tanto più gravi quanto più è precoce la compromissione dello sviluppo. Quelle incompatibili con la vita derivano dal cattivo funzionamento di geni che regolano la segmentazione e l'organizzazione rostrocaudale del tubo neurale. Un disturbo dei processi di induzione (terza settimana di vita intrauterina) comporta un'alterazione dei rapporti fra sistema nervoso e scheletro. In questo caso, le malformazioni più comuni sono quelle dello stato disrafico e faciotelencefaliche, e la sindrome di Arnold-Chiari. La compromissione dei processi di differenziazione e di migrazione neuronale, iniziati dopo l'induzione e conclusi nel periodo perinatale, determina micro o macrocefalia, proliferazione abnorme di uno o più stipiti cellulari e ritardi nella migrazione. A questo gruppo appartengono le facomatosi (polidisplasie a tendenza blastomatosa), le ipo-displasie (la maggior parte cerebellari) e le eterotopie di sostanza grigia. Sono malformazioni anche i difetti dell'organizzazione dei circuiti neuronali dovuti a turbe della sinaptogenesi.
Le malformazioni sono causate da anomalie di programmazione genetica (valga l'esempio delle cromosomopatie 4, 8, 9, 18, 21 e X associate a microcefalia e delle mutazioni associate ad alcune facomatosi: neurofibromatosi 1 e 2, von Hippel-Lindau, sclerosi tuberosa ecc.) o da fattori esogeni che agiscono sulla capacità delle cellule di dividersi e migrare (per es. raggi X, malnutrizione, ipossia, disendocrinie, virus e agenti antimitotici).
Lesioni
Le caratteristiche di una lesione dipendono da come la causa, la disintegrazione del tessuto, la cicatrizzazione e la rigenerazione si sono sovrapposte e intrecciate. La distruzione del tessuto sollecita la reazione di microglia, vasi e meningi, le cui cellule fagocitano e digeriscono i detriti muovendosi verso il sangue e il liquor. Gli esteri del colesterolo sono il prodotto finale più abbondante della digestione. La disintegrazione è seguita dall'organizzazione di un tessuto cicatriziale gliale o gliomesenchimale.
Questo processo può essere patologicamente rallentato. In alcune malattie lisosomiali con turbe della mielinogenesi (leucodistrofie), dove gli oligodendrociti muoiono per l'accumulo di lipidi non digeriti, i macrofagi portatori dello stesso difetto stentano a digerire i detriti tessutali e si soffermano a lungo nel tessuto e negli spazi perivascolari. Un lipide non digerito che cristallizza (per es. cerebroside, colestanolo) evoca una reazione da corpo estraneo dai macrofagi (cellule globoidi). La reazione cicatriziale è scarsa se la lesione si manifesta nel periodo perinatale oppure se è di grandi dimensioni. In questi casi, la tendenza del tessuto a colliquare favorisce la formazione di cavità cistiche (per es. poroencefalie da encefalopatia perinatale, encefalite necrosante, traumi). Tanto più grave è la lesione, tanto minore è la possibilità che la rigenerazione neuronale riesca a ripristinare qualche circuito. La gliosi fibrillare ostacola la rigenerazione del neurite. Tuttavia, se il danno sopravviene nell'infanzia, una funzione perduta può essere in parte vicariata dall'organizzazione di circuiti alternativi.
In base alle caratteristiche delle lesioni, le malattie neurologiche sono classificate in degenerative, vascolari, infiammatorie, disoriche e tumorali.
Malattie degenerative. - Paradigma neuropatologico delle malattie degenerative sono la rarefazione neuronale e la gliosi isomorfa di strutture funzionalmente affini. La nosografia di queste malattie tiene conto del sintomo più importante, che dipende dal sistema di neuroni più compromesso: demenze e neocorteccia (per es. malattia di Alzheimer, malattia di Pick, encefalopatie da prioni); rigidità, distonia, movimenti involontari e nuclei della base (per es. morbo di Parkinson, torcicollo spastico, corea di Huntington); atassia e circuiti cerebellari (per es. malattia di Friedreich, atrofia olivopontocerebellare); amiotrofie e motoneuroni (per es. sclerosi laterale amiotrofica, atrofie spinali progressive); turbe combinate della motilità e della sensibilità e nervi periferici (per es. neuropatie sensitivo-motorie ereditarie); segni di disautonomia e sistema nervoso autonomo (per es. atrofie multisistemiche).
Di alcune malattie si conoscono il correlato genetico (per es. mutazioni puntiformi e polimorfismi del DNA, repliche in sovrannumero della stessa sequenza di basi) e la proteina coinvolta, ma i meccanismi della patogenesi sono ancora ignoti. In particolare non si sa perché una popolazione neuronale sia più vulnerabile di un'altra alla degenerazione. L'azione neurotossica specifica di alcune sostanze suggerisce una correlazione con la specializzazione funzionale dei neuroni, il suo substrato metabolico e il neurotrasmettitore. Valga l'esempio della tetraidropiridina, veleno dei neuroni dopaminergici della sostanza nera responsabile di una sindrome parkinsoniana.
Malattie vascolari. - Le malattie dei vasi cerebrali diventano sintomatiche (ictus) quando provocano lesioni focali ischemiche o emorragiche. Le prime (infarti) sono la conseguenza dell'occlusione (non compensata dal circolo collaterale) di un'arteria. L'occlusione può dipendere da un trombo o da un embolo dovuti a malattie delle arterie (per es. arteriosclerosi, arteriti) e del cuore (per es. vizi valvolari, infarto, aritmia). Per l'acidosi tessutale il focolaio ischemico va incontro a necrosi colliquativa. Successivamente, la reazione gliomesenchimale disintegra la necrosi, rimuove i detriti e dà inizio alla cicatrizzazione. L'infarto corrisponde per la sede al territorio rifornito dall'arteria che si è chiusa, e dipende per le dimensioni dal calibro di questa e dal circolo collaterale. L'emorragia è dovuta alla rottura della parete di un vaso, resa fragile da malformazione (per es. interruzione della lamina elastica in un aneurisma), ialinosi conseguente a ipertensione diastolica cronica, deposizione di amiloide, allungamento e tortuosità da arteriosclerosi. L'emorragia intraparenchimale si comporta da lesione occupante spazio e viene lentamente riassorbita man mano che procede la digestione dell'emoglobina. L'emorragia subaracnoidea provoca una reazione del connettivo meningeo.
Malattie infiammatorie. - La struttura delle malattie infiammatorie risente della presenza della microglia e della conformazione dei vasi intraparenchimali. Comuni a tutte le encefaliti sono la proliferazione diffusa e/o nodulare della microglia e gli infiltrati di linfociti e plasmacellule intorno ai piccoli vasi. Questo paradigma si modifica in relazione al patogeno e all'efficacia della sorveglianza immunitaria, cosicché lo spettro delle lesioni passa dalle inclusioni virali (nucleari e/o citoplasmatiche) caratteristiche di un'infezione persistente, alla necrosi fibrinoide della parete dei piccoli vasi, sintomatica di una risposta immunitaria violenta. Protozoi, funghi e batteri sono spesso dimostrabili nell'infiltrato infiammatorio, cui conferiscono caratteristiche relativamente specifiche (per es. polimorfonucleati, cellule epitelioidi, cellule polinucleate).
I virus provocano infezioni acute e subacute. L'encefalite virale acuta si riconosce per la distruzione di neuroni e cellule gliali, anche a opera della microglia (noduli gliali, neuronofagia), con edema e necrosi del tessuto. I virus erpetici, gli arbovirus e la rabbia colpiscono gli emisferi cerebrali e cerebellari e il tronco, mentre gli enterovirus (i polio in particolare) danneggiano il midollo. Il virus del morbillo può riattivarsi dopo la prima infezione e provocare un'encefalite subacuta con inclusioni nucleari e vistosa gliosi fibrillare.
La risposta immunitaria contro la proteina basica della mielina (questo fenomeno sta alla base dell'encefalite allergica sperimentale) è la causa probabile delle encefaliti che complicano le malattie esantematiche. Esse sono caratterizzate da una reazione microgliale e linfocitaria intorno alle piccole vene (quindi encefaliti glioperivenose) cui si sovrappone un'area di demielinizzazione. Il vaso è circondato da un manicotto di linfociti o, se la parete è stata necrotizzata, di globuli rossi. La somiglianza di questa lesione demielinizzante con le placche della sclerosi multipla è una prova dell'origine autoimmune di questa malattia. Si pensa che la sclerosi multipla sia dovuta a una risposta abnorme dei linfociti T a un antigene del tessuto nervoso, forse un frammento proteico della mielina (proteina basica, proteolipidica, oligodendrocitica). Un virus e l'omologia fra una proteina virale e la proteina umana potrebbero scatenare l'autoimmunità.
Se la sorveglianza immunitaria è inadeguata, il cervello ospita infezioni opportunistiche in cui le lesioni provocate dal patogeno (protozoi, miceti, batteri e virus) prevalgono su quelle dovute alla reazione immunitaria. Se il patogeno è un virus, la forma neuropatologica è caratterizzata da inclusioni e degenerazione di cellule vulnerabili. Nei bambini immunodepressi, il virus del morbillo può replicarsi nel nucleo dei neuroni e degli oligodendrociti, e dare luogo a un'encefalite da inclusioni. In condizioni simili, gli adulti vanno incontro a una malattia progressiva della sostanza bianca provocata da un virus papova che attacca gli oligodendrociti. I retrovirus (v. App. V) della sindrome da immunodeficienza acquisita (v. immunodeficienza acquisita, sindrome da (AIDS), App. V e in questa Appendice) si servono delle cellule perivascolari come del cavallo di Troia per espugnare il cervello.
Disergosi. - Un decremento di energia disponibile provoca quadri di sofferenza cerebrale focale o diffusa (disergosi) caratterizzati da edema perivascolare (stato disorico) e tessutale. L'ipossia è responsabile delle forme acute. Al tessuto nervoso serve per la sintesi di ATP il 25-50% di tutto l'ossigeno dell'organismo. Se questo è insufficiente, aumenta l'acido lattico tessutale, con conseguenti vasodilatazione, stasi, rottura della barriera ematoencefalica ed edema. Alla riduzione del metabolismo ossidativo sono sensibili tutte le cellule del tessuto nervoso, ma i neuroni e gli oligodendrociti lo sono più delle altre. I neuroni della corteccia cerebrale (in particolare quelli del terzo strato) e cerebellare (soprattutto le cellule di Purkinje) e quelli dell'ippocampo e del pallido sono i più vulnerabili. Nelle forme subacute e croniche è coinvolta l'efficienza della catena respiratoria, causa un difetto ereditario del DNA mitocondriale o la mancanza di fattori specifici (per es. tiamina) spesso provocata da intossicazioni croniche (per es. alcool etilico). L'edema perivascolare può essere preceduto da gliosi e accompagnato da spongiosi e proliferazione di vasi capillari. Queste lesioni sono simmetriche e colpiscono qualsiasi struttura. Sono tuttavia coinvolti più spesso putamen, nucleo sottotalamico, corpi mammillari, sostanza grigia intorno all'acquedotto e sotto il pavimento del iv ventricolo, dentato cerebellare e la sostanza bianca corrispondente a un territorio arterioso. Esami ripetuti di risonanza magnetica dimostrano che l'edema focale può scomparire per ripresentarsi altrove.
Tumori. - Tutte le componenti del tessuto nervoso possono dare origine a tumori. Si conoscono oltre quaranta oncotipi fra tumori astrocitari, oligodendrogliali, dell'ependima e dei plessi corioidei, neuroepiteliali di origine incerta, neuronali e neurogliali, della pineale, embrionali e neuroblastici periferici, delle meningi, del sistema ematopoietico, da residui di cellule germinative, della regione della sella. A questi vanno aggiunti i tumori dei nervi e le metastasi. Il problema che la neuropatologia cerca di risolvere è il riconoscimento dell'aggressività del tumore, presupposto necessario per la prognosi e la terapia. L'istologia è un indispensabile sussidio al riguardo, da considerare insieme alle caratteristiche cliniche ed epidemiologiche e ai correlati genetici.
L'aggressività e l'invasività del tumore sono correlate con l'elevato numero di cellule, la scarsità di segni di differenziazione cellulare (è cruciale a questo riguardo la capacità delle cellule di produrre proteine specifiche), la presenza di mitosi e di polimorfismo nucleare, la mancanza di un'architettura tessutale paragonabile a quella del tessuto maturo e organizzato, la presenza di vasi neoformati e di necrosi. Tali caratteristiche sono spesso associate ad alterazioni genetiche (queste interessano soprattutto i geni regolatori del ciclo cellulare e i recettori di fattori di crescita) presenti nel tumore fin dall'inizio o che si sviluppano man mano che esso diventa sempre più indifferenziato. Esempi di aggressività sono i tumori derivati da residui embrionali (per es. medulloblastoma, tumori neuroepiteliali primitivi) e il glioblastoma, frutto della trasformazione di gliomi prima maturi poi anaplastici. L'aggressività biologica di un tumore cerebrale non sempre corrisponde alla sua malignità clinica. Questa dipende in larga misura dalla sede, se il tumore compromette funzioni essenziali per la vita o causa (di solito attraverso ostacoli alla circolazione del liquor) aumenti incontrollabili della pressione endocranica. La maggior parte dei tumori provoca la rottura della barriera ematoencefalica con edema e astrocitosi reattiva.
Di grande rilievo è il contributo fornito alla conoscenza di alcune malattie dalla neuropatologia.
Malattia di Alzheimer
La malattia di Alzheimer è una demenza legata all'età (ne è affetto il 5% degli ultrasessantenni) ed è provocata dalla degenerazione di neuroni colinergici, peptidergici e monoaminergici di neocorteccia, ippocampo e strutture correlate, nuclei (basale, coeruleus, del rafe) a proiezione corticale diffusa. La degenerazione cellulare, dovuta all'abnorme fosforilazione della proteina tau del citoscheletro, comporta la disconnessione delle sinapsi e la disorganizzazione di circuiti che fanno capo alla neocorteccia. Questa degenerazione compare dopo che si è depositata nel tessuto la β-proteina, un peptide di 40 o 42 amminoacidi derivato da una glicoproteina di membrana. Nel 15% dei casi, la malattia è familiare. In una parte di questi casi sono presenti mutazioni puntiformi del gene del precursore della β-proteina (cromosoma 21) o dei geni di altre proteine di membrana (cromosomi 1 e 14). L'omozigosi per l'allele ε4 del gene dell'apolipoproteina E rappresenterebbe un fattore di rischio. Condizione necessaria per la diagnosi neuropatologica di Alzheimer è l'associazione fra β-proteina e tau anormale. La β-proteina si trova da sola nel cervello degli anziani sani e in quello dei pazienti che soffrono di emorragie cerebrali ricorrenti, mentre la tau anormale è presente da sola nella malattia di Pick, nella demenza dei pugili e in alcune malattie degenerative dei nuclei della base. Le teorie sulla patogenesi della malattia partono dal presupposto che la β-proteina sia neurotossica, e la neurotossicità sarebbe prerogativa del peptide di 42 amminoacidi capace di assemblarsi in fibrille di amiloide. In vitro, l'amiloide causa apoptosi dei neuroni. Tuttavia non è chiaro se la degenerazione del citoscheletro neuronale che si verifica in vivo sia dovuta all'azione neurotossica dell'amiloide.
Encefalopatie da prioni
Le encefalopatie da prioni sono causate da una proteina mal conformata (prione resistente) che si accumula nel tessuto nervoso. La modificazione della conformazione della proteina è la conseguenza di una mutazione genica (cromosoma 20) oppure di un processo di trasformazione operato dalla proteina patologica su quella normale. L'effetto del prione resistente sul tessuto nervoso è costituito da gliosi, edema intracellulare (da cui encefalopatie spongiose) e morte neuronale. La gravità e la sede delle lesioni sono in parte influenzate dal genotipo dell'ospite e subordinate in particolare a un polimorfismo del codone 129 del gene della proteina. Di queste malattie, alcune sono sporadiche (malattia di Creutzfeldt-Jakob sporadica: 1 caso per milione/anno), altre sono familiari (Creutzfeldt-Jakob familiare, malattia di Gerstmann-Sträussler-Scheinker, insonnia fatale familiare), altre infine sono trasmesse se la proteina resistente è stata messa nelle condizioni di raggiungere il cervello sano (per il Creutzfeldt-Jakob iatrogeno le procedure neurochirurgiche sono le più a rischio). Le encefalopatie da prioni colpiscono anche gli animali (per es. scrapie degli ovini, encefalopatia spongiosa dei bovini), e una variante della malattia di Creutzfeldt-Jakob, identificata nel 1996-97 nel Regno Unito, viene ipoteticamente fatta discendere lungo la catena alimentare dalla malattia bovina, epidemica in quelle regioni. La diagnosi di certezza è subordinata alla dimostrazione di una mutazione specifica del DNA e/o della proteina resistente nel tessuto nervoso (v. encefalopatie: Encefalopatie spongiformi trasmissibili, in questa Appendice).
Epilessia
Alcune forme di epilessia focale hanno un correlato patologico nelle displasie corticali, dove l'organizzazione laminare della corteccia è alterata e sono presenti astrociti giganti e neuroni malformati, mal orientati e dotati di dendriti esuberanti. Un'epilessia focale resistente alla terapia è riferibile a tumori malformativi intracorticali (disembrioplasie neuroepiteliali) caratterizzati da un alterato rapporto fra neuroni e oligodendrociti. La persistenza di neuroni bipolari nella sostanza bianca sottocorticale sarebbe responsabile di un ritardo dell'organizzazione elettrica della corteccia, che si manifesta sotto forma di silenzi elettroencefalografici periodici. Nel corso dello sviluppo, i neuroni bipolari avrebbero il compito di modulare l'afflusso di impulsi alla corteccia, prima che questa si sia definitivamente organizzata. In circostanze simili, l'epilessia appare il risultato di un'alterazione dell'omeostasi elettrica causata da neuroni e circuiti anormali. In circostanze diverse, le caratteristiche epilettogeniche di una lesione focale possono essere attribuite a turbe dell'omeostasi elettrolitica causate dagli astrociti ipertrofici di una cicatrice gliale, oppure a sostanze (per es. metaboliti dell'emoglobina) capaci di influire sui meccanismi che regolano la depolarizzazione delle membrane.
Sindrome da immunodeficienza acquisita
Nel corso dell'infezione da HIV, il sistema nervoso può ammalarsi per effetto della risposta immunitaria, dell'immunodeficienza oppure in seguito al neurotropismo del virus. Alla prima eventualità fanno capo condizioni di patologia neurologica che precedono la comparsa dell'AIDS. È coinvolto il sistema nervoso periferico (multineuropatie, poliganglioradicolopatie), raramente il cervello (deterioramento cognitivo). Alla seconda sono riferibili le infezioni opportunistiche del cervello e dei nervi, i tumori (linfomi e sarcoma di Kaposi) e le lesioni vascolari. Alla terza sono ascritte l'encefalopatia responsabile del declino cognitivo e motorio associato all'AIDS e la mielopatia vacuolare. In questo caso, il virus colpirebbe le cellule perivascolari (che darebbero origine alle cellule giganti polinucleate perivascolari patognomoniche della malattia neurologica), quindi la microglia e gli astrociti. La sostanza bianca del centro ovale e dei cordoni del midollo è la struttura macroscopicamente più sofferente, ma il danno provocato da citochine gliali nei neuroni (meno cellule, e meno sinapsi nei neuroni sopravvissuti) è sempre grave.
bibliografia
Historical aspects of the neurosciences, ed. F. Clifford Rose, W.F. Bynum, New York 1982.
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