neurolettico
Farmaco che agisce sulla psiche, usato nella terapia delle psicosi, soprattutto di quelle deliranti e allucinatorie. I n. vengono impiegati, se strettamente necessario, anche nei disturbi allucinatori e negli stati di agitazione neuromotoria di malattie non psicotiche, quali le demenze e alcuni tumori cerebrali temporali, o alcune leucodistrofie. I farmaci n. sono il caposaldo della terapia delle psicosi, le quali, essendo malattie con un substrato organico cerebrale, necessitano di antagonisti specifici delle alterazioni metaboliche e interneuronali nel sistema nervoso centrale. Caratteristica della terapia delle psicosi è che nella maggior parte dei casi non deve esere interrotta, neppure e specialmente nei periodi intercritici. Nonostante i loro effetti anche sedativi, i n. non vengono somministrati per sedare il paziente o per farlo dormire, bensì per controllare i disturbi del comportamento e dell’ideazione, pur riducendo l’agitazione e l’aggressività. I pazienti sviluppano nel tempo tolleranza agli effetti sedativi dei neurolettici.
Gli effetti farmacologici dei n. si svolgono a tutti i livelli del sistema nervoso, utilizzando per la maggior parte di essi le vie dopaminergiche: antagonizzano l’azione di neurotrasmettitore della dopamina sia a livello della corteccia cerebrale sia della corteccia limbica sia dei gangli della base encefalica. Dato che nelle psicosi vi sono disturbi delle funzioni superiori e dei processi cognitivi, i n. interagiscono con la dopamina nelle fibre dirette alle regioni prefrontali e temporali profonde; non sviluppano tolleranza, ma possono ridurre nella corteccia la soglia per un attacco convulsivo. A livello dei gangli della base i n. inducono alterazioni funzionali per l’antagonismo alla dopamina; l’effetto iniziale sembra legato al blocco dei recettori D2 della dopamina, seguito da una transitoria attivazione con maggior rilascio di dopamina, e infine da una riduzione dell’attività neuronale. I primi n. tipici sono stati l’aloperidolo e la cloropromazina, seguiti da altri, come la sulpiride, la tioridazina, ecc.
Oltre all’abbassamento della soglia epilettogena, che raramente provoca epilessia durante la loro cronica somministrazione, gli effetti collaterali presenti nella quasi totalità dei casi sono i sintomi extrapiramidali, molto simili a quelli del morbo di Parkinson: rigidità, amimia, tremori, acatisia. Essi sono legati all’azione sui gangli della base. Sintomi tossici sono rari, legati spec. al concomitante uso di alcol. Possono dare prolungamento dell’intervallo QT dell’elettrocardiogramma. Molti n. provocano aumento ponderale, legato sia all’iperfagia che a una insulinoresistenza.
Al fine di ridurre gli effetti collaterali dei n. cosiddetti tipici, sono stati introdotti nella terapia delle psicosi altri farmaci, che non possiedono azione importante sui gangli della base; sono detti atipici, e comprendono: clozapina, quetiapina, risperidone, olanzapina, e altri. Caratteristica di questo gruppo di n. è la minor frequenza di effetti extrapiramidali, ma la maggior incidenza sul peso corporeo; l’insulinoresistenza può talvolta portare al diabete o all’aggravamento di esso, se preesistente alla terapia.