NEUROCHIRURGIA
. È la branca specialistica della chirurgia che deriva dall'evoluzione della chirurgia cranio-cerebrale (v., vol. XI, p. 793; App. II, 1, p. 721).
I più importanti progressi attuali della n. riguardano il trattamento delle sindromi extrapiramidali, quello delle epilessie, e la chirurgia delle malformazioni vascolari. La chirurgia delle malattie extrapiramidali e dell'epilessia sono le più giovani delle branche della n. funzionale. Se fino a 304 anni fa gli interventi per epilessia, e soprattutto quelli per la malattia di Parkinson erano ancora da considerare nella fase dei tentativi pionieristici, oggi tali interventi sono entrati a far parte della normale "routine" di un reparto neurochirurgico.
Grazie peraltro alla introduzione di nuove tecniche diagnostiche, di anestesia e rianimazione ed al perfezionamento dello studio del metabolismo del paziente neurochirurgico, è possibile oggi ottenere risultati terapeutici sempre migliori anche nelle branche della n. affrontate da più lungo tempo. Così le possibilità diagnostiche e terapeutiche dei tumori cerebrali e dell'idrocefalo infantile sono state allargate con l'impiego degli isotopi radioattivi; le nuove tecniche anestesiologiche (ipotensione controllata, ipotermia) e lo studio dell'equilibrio metabolico del paziente neurochirurgico hanno permesso di allargare le indicazioni operatorie a situazioni ritenute fino ad ora inoperabili e di migliorare la prognosi in casi che, per la loro gravità, erano da considerare ai limiti della operabilità. Una branca del tutto nuova e che si è sviluppata in questi ultimi anni è la endocrinoneurochirurgia, fra le cui conquiste particolare interesse riveste la ipofisectomia per il trattamento delle metastasi di carcinomi della mammella e della prostata.
Epilessia. - Per molti anni erano state considerate passibili di trattamento chirurgico solo le forme di epilessia in cui il movente etiopatogenetico era chiaramente identificabile in una lesione macroscopica del sistema nervoso centrale: processi espansivi, lesioni cranio-cerebrali post-traumatiche. L'introduzione nella pratica clinica dell'elettroencefalografia ha enormemente modificato i concetti relativi alle epilessie ed al loro trattamento perche questa tecnica spesso permette di obiettivare il focus epilettogeno anche in assenza di alterazioni macroscopiche. In tal modo il numero delle epilessie trattabili chirurgicamente è andato notevolmente aumentando; va precisato peraltro che l'asportazione del focus si svolge dopo una ulteriore esplorazione dell'attività elettrica della corteccia cerebrale eseguita intraoperatoriamente; non è sufficiente la localizzazione del focus eseguita a tegumenti integri con l'elettroencefalogramma ma si deve ricorrere a registrazioni dirette corticali (elettrocorticografia), precisando così i limiti della lesione focale.
Poiché tuttavia gli aggregati neuronali sede della lesione e del focus epilettogeno possono essere localizzati, oltre che nella corteccia cerebrale, anche in regioni profonde del cervello, la terapia chirurgica dell'epilessia, con le tecniche e gli indirizzi ora descritti, è evidentemente limitata. L'introduzione delle nuove tecniche stereotassiche con la possibilità di aggredire direttamente una struttura cerebrale profonda, anche di dimensioni limitate, ha aperto nuovamente il problema del trattamento delle epilessie focali. Con tali tecniche si cerca di localizzare la lesione focale mediante la registrazione dell'attività elettrica dei nuclei cerebrali profondi mediante lunghi aghi portatori di elettrodi; la distruzione del focus non si attua più mediante una estesa ablazione chirurgica ma per mezzo di coagulazioni della zona patologica o con deposizione di piccole quantità di elementi radioattivi.
Malattie del sistema extrapiramidale. - I primi tentativi di trattamento chirurgico delle sindromi extrapiramidali risalgono alla fine del secolo scorso, tuttavia le esperienze che hanno portato alle concezioni attuali sono assai più recenti. Le ablazioni della corteccia motoria (P. Bucy e D. M. Buchanan 1932, P. Bucy e T. Case 1938) nel trattamento della coreoatetosi e del tremore parkinsoniano e le sezioni delle vie piramidali a livello midollare (T .J. Putnam 1938) o a livello peduncolare (A. E. Walker 1949) tendevano ad interrompere le vie ritenute responsabili della trasmissione degli impulsi patologici ai motoneuroni spinali. Con tali interventi era possibile ottenere buoni risultati giungendosi fino alla totale abolizione dei movimenti patologici, peraltro spesso a prezzo di gravi deficit della motilità volontaria.
Nel 1940 R. Meyers, basandosi sul concetto che nella genesi dei movimenti patologici delle malattie del sistema extrapiramidale giochino un ruolo fondamentale i nuclei grigi centrali - caudato, pallido -, propose di intervenire su tali formazioni. Tale corrente fu seguita da molti altri autori che proposero delle tecniche personali per l'aggressione di tali strutture. Questo tipo di interventi aveva il vantaggio di lasciare deficit motorî molto minori rispetto agli interventi sulla corteccia e sulle vie piramidali. Ma le difficoltà di tecnica, con spesso elevata mortalità operatoria, fecero sì che anche questo nuovo indirizzo restasse a lungo praticamente solo nella fase sperimentale.
Soltanto nel 1947, con l'introduzione cioè delle tecniche stereotassiche, che permettono con minimo danno al tessuto cerebrale sovrastante di aggredire le strutture cerebrali profonde, la terapia delle malattie del sistema extrapiramidale, mediante interventi sui nuclei grigi centrali, è entrata a far parte della normale pratica neurochirurgica.
La stereotassia è una tecnica ideata nel 1908 da V. D. Horsley e R. H. Clarke con scopi sperimentali: con essa è possibile raggiungere strutture cerebrali, anche le più profonde, attraverso minime brecce craniche e senza ledere le strutture circostanti.
I primi tentativi della sua applicazione all'uomo risalgono al 1933 ad opera di M. Kirschner che la impiegò per la coagulazione del ganglio di Gasser. Nel 1947 E. A. Spiegel e H. T. Wycis l'adottarono per provocare lesioni talamiche con interruzione delle vie talamo-corticali a scopi piscochirurgici. Dopo questi tentativi il metodo si diffuse rapidamente e dai tentativi di psicochirurgia si passò al trattamento del dolore mediante lesione del nucleo ventroposteriore del talamo e quindi al trattamento delle sindromi extrapiramidali con interventi di coagulazione del "globus pallidus" e dei nuclei talamici ventrolaterali. Attualmente la stereotassia è impiegata anche per il trattamento dell'epilessia (coagulazione dell'amigdala e del pallido), per l'ipofisectomia e per il trattamento di alcuni tumori ipofisarî mediante l'introduzione nella massa tumorale di sostanze radioattive.
La tecnica stereotassica è ancora oggi in fase di sviluppo. Il problema fondamentale è quello di poter stabilire dei "repere" in base ai quali poter raggiungere con la massima precisione la struttura desiderata. Nell'animale da esperimento la variabilità delle dimensioni del cranio e dei rapporti cranio-cerebrali è sufficientemente piccola così che è possibile reperire le strutture cerebrali mediante coordinate craniche. Nell'uomo tali rapporti sono estremamente varî e pertanto si è dovuta scartare la possibilità di reperire le strutture profonde sulla base di coordinate craniche. Per l'uomo è stato possibile invece stabilire dei rapporti sufficientemente fissi fra le cavità ventricolari e le formazioni nervose. Alcuni punti delle cavità ventricolari - ad esempio le commessure anteriore e posteriore del terzo ventricolo - visualizzabili radiologicamente mediante l'introduzione di un mezzo di contrasto - aria o lipiodol - vengono impiegate quali punti di riferimento sulla cui base costruire le tre coordinate che permettono di centrare la struttura prestabilita.
I tipi di apparecchi oggi in uso nel mondo sono diversi. Si tratta in genere di apparecchi complessi con i più precisi dei quali è possibile reperire un determinato punto della sostanza cerebrale con un'approssimazione di + 0,5 mm. Fra i varî apparecchi ricordiamo quello di E. A. Spiegel e H. T. Wycis (S. U. A.), di J. Talairach (Francia), di H. Narabayashi (Giappone), di T. Richert (Germania), di L. Leksell (Svezia). Alcuni autori hanno cercato di semplificare al massimo tali apparecchi e vi è stato chi ha ideato un apparecchio estremamente semplice studiato appositamente per poter colpire solo una determinata struttura, come nel caso dell'apparato del francese G. Guiot.
Con queste nuove prospettive tecniche i tentativi di intervento nelle malattie extrapiramidali si sono moltiplicati ed oggi l'intervento per il morbo di Parkinson è entrato a far parte della normale attività di un centro neurochirurgico. I risultati sono buoni anche se sulla stabilità del risultato non è ancora possibile pronunciarsi poiché troppo recente è per ora l'introduzione del metodo. La mortalità operatoria è bassissima (attorno all'1-2% a seconda delle varie statistiche). Non solo il morbo di Parkinson ma anche la coreo-atetosi, il ballismo, le sindromi ipertonico- ed atonico-discinetiche in genere vengono trattate mediante coagulazione del globus pallidus o del talamo. Il risultato terapeutico non si limita alla soppressione dei movimenti anormali ma si ottiene anche una risoluzione talora veramente clamorosa dello stato di ipertonia.
Malformazioni vascolari cerebrali. - Pochi capitoli della patologia nervosa hanno una fisionomia clinica così drammatica ed una prognosi così grave come quello delle malformazioni vascolari. Gli aneurismi e gli angiomi cerebrali sono affezioni che si manifestano in genere nelle prime decadi di vita con episodî emorragici che colpiscono spesso individui in pieno benessere. Già il primo episodio può porre in pericolo la vita del paziente, e se questi lo supera egli resta costantemente sotto la minaccia di un nuovo episodio emorragico che può manifestarsi anche a brevissimo intervallo dal primo. I tentativi terapeutici messi in atto nelle epoche passate - p. es. tamponamento della sacca aneurismatica con muscolo e legatura dell'arteria carotide al collo - sono palliativi che, se in alcuni casi possono migliorare la prognosi, spesso non prevengono dalla possibilità di un nuovo sanguinamento. L'unica terapia veramente radicale è quella consistente nella legatura del colletto delle sacche aneurismatiche e nell'ablazione in toto delle formazioni angiomatose. Ma tali tipi d'intervento - durante i quali vi è il rischio della rottura di grossi vasi e di gravi sanguinamenti che metterebbero in grave pericolo la vita del paziente - erano difficilmente attuabili in epoche passate. La scarsa resistenza del tessuto nervoso all'anossia impediva di bloccare - in caso di necessìtà - la circolazione cerebrale mediante chiusura dei vasi carotidei e vertebrali per un periodo di tempo sufficiente da permettere al chirurgo di completare, in un campo il più possibile esangue, la legatura dell'aneurisma o l'asportazione della malformazione.
Oggi la prospettiva terapeutica di tali affezioni è radicalmente cambiata grazie alla ipotermia. Ipotermia significa "stato di temperatura corporea al di sotto della norma, indotto in un organismo omeotermo". Essa ebbe la prima applicazione terapeutica all'uomo ad opera di T. Fay, nel 1940. Le fondamentali ricerche di W. G. Bigelow e coll., che nel 1950 dimostrarono che il consumo di ossigeno a livello dei tessuti diminuisce con il diminuire della temperatura corporea, hanno aperto la strada all'applicazione dell'ipotermia alla chirurgia.
In base ai dati di W. G. Bigelow e coll., si pensò che il cervello in ipotermia, cioè in condizioni di ridotto metabolismo e di ridotto consumo di ossigeno, potesse sopportare più a lungo un arresto circolatorio e si pensò quindi d'impiegare tale tecnica per interventi cardiaci. Questi stessi principî sono stati applicati in neurochirurgia. Un'occlusione del flusso sanguigno viene sopportata dal tessuto nervoso, a temperatura normale, per soli 3 minuti al massimo, mentre una temperatura di 30 gradi protegge il cervello da un arresto del flusso della durata di 8-12 minuti circa. Con tali prospettive la chirurgia delle malformazioni vascolari cerebrali ha ricevuto nuovo impulso. Il neurochirurgo può oggi aggredire malformazioni vascolari di notevoli dimensioni e di notevole complessità. In caso di rottura di grossi vasi o dell'aneurisma stesso, l'arresto della circolazione cerebrale, praticato per un lasso di tempo sufficientemente lungo, mediante compressione delle arterie carotidi e vertebrali esposte chirurgicamente prima dell'intervento intracranico, permette al chirurgo la risoluzione di problemi delicati ed altrimenti insormontabili.
Idrocefalo del bambino. - L'idrocefalo del bambino è una malattia di varia etiologia che si manifesta clinicamente allorché si realizza una rottura dell'equilibrio che regola la produzione, la circolazione ed il riassorbimento del liquido cerebrospinale con conseguente aumento della quantità e pressione del liquor. L'eccessiva pressione esercitata dal liquor sul tessuto nervoso ne arresta lo sviluppo e lo distrugge giungendosi così, nei casi più avanzati, ad una totale distruzione della sostanza nervosa. A causa di ciò i piccoli pazienti oltre a presentare un aumento delle dimensioni della scatola cranica vanno incontro ad un arresto dello sviluppo psichico e fisico. Se non si riesce a riequilibrare stabilmente e prontamente i processi di produzione e riassorbimento del liquido cerebrospinale, oppure se si interviene troppo tardi, allorché le lesioni del parenchima nervoso sono troppo avanzate, non è possibile recuperare questi bambini che sono allora destinati alla cecità, all'idiozia ed alla morte.
Poiché, come abbiamo accennato, la perturbazione della dinamica liquorale può riconoscere varie cause - alterazioni della produzione, della circolazione, del riassorbimento del liquor - la scelta dell'intervento è evidentemente legata ad una conoscenza quanto più possibile precisa del meccanismo fisiopatologico in causa. In questo senso le moderne tecniche sono di grande aiuto. Accanto alle metodiche d'indagine più antiche - misura della pressione intracranica mediante puntura ventricolare, prova del colorante per lo studio della circolazione liquorale -, particolarmente preziose sono la pneumoencefalografia e gli studî con gli isotopi radioattivi. Con la pneumoencefalografia - introduzione di aria quale mezzo di contrasto radiologico nella cavità cranica per via lombare - è possibile studiare la forma delle cavità ventricolari, di apprezzare la pervietà degli spazî aracnoidei e di valutare la presenza di eventuali malformazioni encefaliche, che, come è noto, possono avere grande importanza nella genesi degli idrocefali. Gli isotopi radioattivi vengono usati per lo studio della pervietà delle vie liquorali e per la valutazione del volume liquorale con la siero-albumina umana marcata con iodio 131 e per studiare il riassorbimento e la produzione liquorale con il sodio 24. Solo la serie completa di queste indagini può permettere un'esatta valutazione delle condizioni della fisiopatologia del liquor in ogni singolo caso ed orientare opportunamente nel trattamento chirurgico.
Gli interventi chirurgici sono essenzialmente di tre tipi: quelli diretti a bloccare la produzione eccessiva di liquor, quelli diretti a sottrarre l'eccesso di liquor dalle cavità cerebrali derivandolo in altri organi, quelli diretti a ricanalizzare le vie della circolazione liquorale.
Al primo tipo d'intervento - che si applica nei casi di idrocefalo comunicante, in cui cioè non esistono occlusioni delle cavità ventricolari, - appartengono le plessectomie dirette ad asportare i plessi corioidei che sono la sede dell'eccessiva secrezione liquorale. Le plessectomie possono essere eseguite con tecniche diverse: asportazione o coagulazione dei plessi, previa apertura delle cavità ventricolari (plessoctomie a cielo scoperto) o mediante uno speciale strumento - ventricoloscopio - (plessectomie a cielo coperto).
Al secondo gruppo appartengono gli interventi così detti di derivazione: essi possono venire applicati tanto nei casi di idrocefali comunicanti che di idrocefali non comunicanti. Il liquor viene fatto defluire mediante cateteri di polivinile nelle sierose peritoneali, pleuriche od in altri organi cavi quali, ad es., la vescica. L'inconveniente di questo tipo d'interventi è che i cateteri possono occludersi a causa per es. di processi infiammatorî reattivi. Una tecnica recente è quella che consiste nel derivare il liquor nella vena giugulare e quindi nel cuore (ventricoloauricolostomia). Il reflusso viene evitato mediante l'applicazione di apposite valvole.
Al terzo gruppo d'interventi, applicati nei casi di blocco della circolazione liquorale a livello dell'acquedotto di Silvio o del III ventricolo, appartengono le ventricolocisternostomie, le più note delle quali sono quella anteriore di B. Stookey e J. E. Scarff, che permette di far comunicare il III ventricolo con le cisterne della base, e quella posteriore di A. Torkildsen, con la quale si ottiene il passaggio del liquor dalle cavità ventricolari laterali - mediante catetere di gomma - nella cisterna magna.
Isotopi radioattivi. - L'importanza degli isotopi radioattivi nella moderna n. è già stata più volte ricordata. Si è già detto delle possibilità d'impiego nel trattamento dell'epilessia e dell'impiego nello studio della dinamica liquorale. Grazie agli isotopi anche il capitolo più antico della n., quello del trattamento chirurgico dei tumori cerebrali, ha realizzato dei progressi, o per lo meno promette nuove vie nella diagnostica e nel trattamento delle neoplasie cerebrali. La diagnosi di localizzazione dei tumori può essere oggi affrontata mediante l'encefalo-isotopometria, che sfrutta la grande tendenza del tessuto tumorale a captare gli isotopi introdotti nel circolo sanguigno. Grazie a tale proprietà del tessuto tumorale la misurazione della radioattività sulla superficie cranica rivela delle zone di iperattività che corrispondono alla maggior concentrazione dell'isotopo nel tessuto tumorale.
Anche il trattamento chirurgico di certi tipi di tumore - adenomi dell'ipofisi, gliomi cerebrali - potrà in futuro essere forse radicalmente modificato; un isotopo introdotto nella massa tumorale mediante apparecchi stereotassici (vedi sopra) può infatti distruggerla grazie al suo potere di radiazione. Del tutto recentemente la distruzione dell'ipofisi mediante isotopi radioattivi è stata usata nel trattamento di carcinomi inoperabili. Vedi tav. f. t.