NESSELRODE, Karl Robert, conte di
Diplomatico russo, nato a Lisbona il 14 dicembre 1780, morto a Pietroburgo il 23 marzo 1862. Suo padre, diplomatico russo, fu il suo primo maestro. Nel 1796 il N. fu dallo zar Paolo nominato suo aiutante di campo, ma nel 1799 cadde in disgrazia e venne inviato prima al reggimento delle guardie a cavallo, poi dovette retrocedere al più modesto ufficio di ciambellano (1800).
Salito al trono lo zar Alessandro, il Nesselrode ebbe l'incarico di annunziarne l'avvento al duca di Württemberg, fratello dell'imperatrice madre. Missione diplomatica difficile: si trattava di evitare ogni spiegazione scabrosa sull'assassinio dello zar Paolo. Egli seppe assolverla con discrezione. Addetto alla legazione di Berlino presso il barone Krudener (agosto 1801), compì i suoi studî di diritto pubblico all'accademia militare, dove insegnava il celebre Ancillon. Passò quindi a L'Aia, prima come segretario di legazione (dicembre 1802), poi come incaricato d'affari (1805), infine come agente segreto senza carattere diplomatico, quando scoppiò la guerra della terza coalizione contro la Francia. Dopo il trattato di Tilsit, N., che aveva fino allora combattuto e odiato Napoleone, fu inviato come consigliere dell'ambasciata, retta dal conte Pietro Tolstoj, proprio a Parigi. Ma non mutò animo né idee: tanto i suoi rapporti quanto quelli del Tolstoj erano contrarî a Napoleone e spiacevano al ministro degli Esteri russo, conte Rumjancev, partigiano dell'alleanza francese. L'influenza del N. crebbe, quando al conte Tolstoj sottentrò come ambasciatore il principe Kurakin, una vera nullità, e quando mutò la politica personale dello zar Alessandro. All'insaputa di Kurakin e di Rumjancev, N. corrispondeva direttamente con lo zar per il tramite di Speranskij e manteneva i contatti segreti con Talleyrand, che si era fatto capo dell'opposizione allo sfrenato imperialismo napoleonico. Ben dotato di mezzi pecuniarî dal suo governo, N. aveva spie dappertutto ed era informato per filo e per segno dell'esatto andamento della politica di Napoleone e della guerra di Spagna. Nel 1811 tornò a Pietroburgo, e, passando per Vienna, tentò indurre Metternich, col quale si era legato in amicizia a Parigi, ad allearsi con la Russia, ma fallì. La disgrazia di Speranskij, suo protettore presso lo zar, non gli nocque: fu addetto col d'Anstedt presso la persona dell'imperatore al campo per la corrispondenza diplomatica. D'Anstedt era più brillante, ma N. sapeva meglio tradurre il pensiero e la volontà imperiali e riuscì non solo a eliminarlo completamente, ma ad esercitare le funzioni d'un vero e proprio ministro degli Affari esteri, sebbene titolare del ministero fosse sempre il Rumjancev. In un punto solo N. osò opporsi ai disegni e alla volontà dello zar: nella questione polacca. Benché straniero e come tale odiato dai Russi puro sangue, non voleva urtare i loro sentimenti con una politica troppo favorevole ai Polacchi, e temeva inoltre che un ricostituito regno di Polonia sotto lo zar potesse staccare da lui la Prussia e l'Austria. Vide giusto in tale problema, ma non riuscì ad evitare i dissensi tra Alessandro e lo spirito russo, Alessandro e Metternich. Nel 1816 divenne ministro degli Affari esteri, ma dovette dividere il potere fino al 1822 col Capodistria: sebbene fossero agli antipodi per temperamenti e per ideali, nessun conflitto personale serio scoppiò fra loro. Morto lo zar Alessandro (1825) e salito al trono Nicola I, N. ne godé la fiducia sino alla fine. Altro curioso contrasto: lo zar, combattente dell'ideale, paladino della chiesa greco-ortodossa, paladino dell'assolutismo; N. amante fino a un certo punto di tutte queste cose, accomodante, smussatore d'angoli. Ma insieme, integrandosi a vicenda, zar e ministro condussero la Russia al più alto grado di potenza e di gloria: crearono il regno di Grecia; puntellarono il cadente impero ottomano, riuscendo a farsi dell'Inghilterra, la nemica ereditaria della Russia, un'alleata contro le mire franco-egiziane; salvarono nel 1849 l'Europa conservatrice ed assolutista dalla marea liberale e democratica. Mai la Russia era giunta a tale posizione nel mondo: non voleva abusarne N., non seppe non abusarne Nicola. Il contrasto spuntò senza scoppiare: N. non poté impedire allo zar di precipitarsi nella guerra di Crimea, ma riuscì ad evitare la guerra con l'Austria e a localizzare almeno il conflitto. Morto lo zar Nicola, il successore Alessandro II congedò il Nesselrode nel 1856 ed egli visse gli ultimi anni della sua vita tra Pietroburgo e Kissingen.
Da attore divenne allora spettatore. Vide senza rammarico l'emancipazione dei servi. Approvò la riforma giudiziaria in Russia, ma deplorò l'introduzione dell'autonomia amministrativa per le provincie e le città e la furia con la quale Alessandro II riformava il suo stato. Tuttavia non drammatizzava. Era, infatti, figlio spirituale del Settecento e ne conservava i tratti essenziali. Vivere serenamente era il suo ideale; e della vita seppe godere tutte le gioie. Come uomo politico al N. è stata rimproverata l'eccessiva servilità verso i suoi sovrani. Non è del tutto esatto. N. non nascondeva mai allo zar il suo schietto modo di vedere, ma se non riusciva a farlo prevalere, operava per realizzare con zelo il contrario avviso del suo sovrano.
Del N. sono state pubblicate la Correspondance diplomatique du Comte Pozzo di Borgo et du Comte Nesselrode 1814-1818, voll. 2, Parigi 1890-97; Lettres et papiers du Comte de Nesselrode, voll. 11, Parigi 1904-1911, molte memorie nei volumi della Société imperiale de Russie.
Bibl.: Cfr. specialmente Th. Schieman, Geschichte Russlands unter Kaiser Nicolaus I., voll. 4, Berlino 1904-1919.