LANDI, Neroccio dei
Nacque a Siena nel 1447 e venne battezzato il 4 giugno nel battistero di S. Giovanni. Il padre, Bartolomeo di Benedetto di Neroccio, apparteneva alla nobile famiglia senese dei Landi dal Poggio.
Al 1468 risalgono le prime opere, andate perdute, attestate dalle carte d'archivio, che fanno menzione di un dipinto dal soggetto non specificato e di un S. Girolamo in terracotta realizzati per la Compagnia di S. Girolamo di Siena, comprovando, attraverso la qualifica di pittore, la raggiunta indipendenza professionale dell'artista (Coor).
Un pronunciato impiego di caratteri stilistici desunti dal repertorio formale di Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta, nella prima parte della carriera del L., ha legittimato l'ipotesi, stabilmente ammessa dalla letteratura critica benché non suffragata sul piano documentario, di un suo apprendistato presso la bottega di Lorenzo.
Sulla base del riconoscimento dei debiti contratti con il Vecchietta e di una certa disponibilità a recepire le suggestioni provenienti soprattutto dalle novità importate nell'orizzonte artistico senese da Donatello e Liberale da Verona - disponibilità in seguito per lungo tempo quasi del tutto sopita in favore di una cifra stilistica persistente - si ascrivono generalmente al periodo giovanile, tra la fine del settimo decennio e l'inizio del successivo ma non senza oscillazioni attributive e cronologiche anche molto sensibili, i quattro santi (Cristina, Caterina, Girolamo e Galgano) della Collezione Johnson di Filadelfia, le due Storie di s. Caterina (Firenze, Collezione Berenson e già Londra, collezione Weddington) e la predella con Storie di s. Sebastiano del Museo vescovile di Pienza.
Intorno al 1470 va datata anche la predella con Storie di s. Bernardino (Liberazione di un'ossessa davanti alla salma del santo e Predica di s. Bernardino), conservata presso il Museo civico di Siena. La Predica, in particolare, testimonia l'interesse del L. per le soluzioni compositive sperimentate negli stessi anni da Francesco di Giorgio Martini, al quale di recente è stato attribuito (Bellosi, pp. 40-47) lo scomparto di predella della Walker Art Gallery di Liverpool raffigurante il medesimo soggetto e possibile modello per la redazione del tema da parte del Landi.
Di fatto la definizione del catalogo pittorico fino al 1476, anno della prima opera firmata, è resa problematica dal fatto che il L. andò elaborando, verso la fine degli anni Sessanta, un sistema figurativo assai vicino a quello di Francesco di Giorgio - anch'egli probabile allievo del Vecchietta - con cui il L. si legò in società proprio in quel periodo, secondo l'opinione prevalente. La produzione di dipinti di devozione privata dei due soci risulta pertanto caratterizzata da numerosi elementi comuni, che rendono talvolta pressoché indistinguibili le mani e la progettazione complessiva.
L'unica fonte certa relativa alla comune attività è costituita da un documento del 6 luglio 1475 che registra lo scioglimento legale della società, senza però fornire alcuna informazione sulle modalità del rapporto, sulle opere realizzate, né sulla data di inizio della collaborazione, ritenuta in genere da collocarsi nel 1468 o nell'anno successivo, in ragione del matrimonio tra Francesco e Agnese di Antonio di Benedetto di Neroccio (forse parente del L.) dalla cui famiglia Francesco ricevette la dote il 26 genn. del 1469.
Tuttavia, nei documenti relativi ai lavori di Francesco di Giorgio nello spedale di S. Maria della Scala tra il 1470 e il 1471, questi si definisce "compagnio" esclusivamente di Lotto di Domenico. Da ciò è possibile inferire, pur con qualche cautela, che o Francesco e il L. assumevano commissioni separate, ovvero che la società, a quelle date, non era ancora operante.
Bellosi (p. 68) ha avanzato la proposta di considerare la Madonna col Bambino e due angeli della Lowe Gallery di Coral Gables (Florida) l'unica opera in cui sia possibile identificare una redazione condivisa, assegnando il disegno a Francesco e l'esecuzione al L., secondo un paradigma interpretativo piuttosto diffuso negli studi dedicati alla produzione ritenuta comune.
Quasi unanimemente considerata esito di una delle ultime collaborazioni tra il L. e Francesco di Giorgio è l'Annunciazione della Yale University Art Gallery (New Haven). La realizzazione della lunetta, che palesa chiari rimandi strutturali alla cimasa della pala di Spedaletto del Vecchietta, è stata invece datata da Maccherini (p. 330) all'inizio degli anni Ottanta e ascritta interamente al Landi.
Nei primi anni dell'ottavo decennio uscirono dalla bottega dei due artisti anche alcuni cassoni dipinti.
Di questa produzione sono da considerare opera del L. i due pannelli raffiguranti l'Incontro di Antonio e Cleopatra e la Battaglia di Azio (Caciorgna, pp. 237-247), conservati al North Carolina Museum of art di Raleigh, che esibiscono un forte riflesso dei dispositivi prospettici di Francesco nella composizione delle architetture.
Nel 1474, come risulta da due pagamenti parziali annotati tra marzo e maggio nel libro di revisione delle spese per la fabbrica dell'oratorio di S. Caterina in Fontebranda a Siena, il L. scolpì in legno policromo una S. Caterina da Siena.
L'opera denota ancora una notevole attenzione per i sistemi di rappresentazione del Vecchietta nella tipologia dei panneggi, condividendo altresì alcuni tratti del viso con l'angelo della tavola n. 288 della Pinacoteca nazionale di Siena (Bagnoli, p. 218), ritenuto comunemente di Francesco di Giorgio, a testimonianza di un continuo scambio tra i due soci di moduli formali, in particolare nella delineazione delle fisionomie.
Ponendola in relazione stilistica e cronologica con la S. Caterina, Max Seidel (p. 538) ha attribuito al L. una scultura lignea di collezione privata raffigurante l'Arcangelo Gabriele.
Essa faceva forse parte del gruppo dell'Annunciazione un tempo nel coro della chiesa senese della Ss. Annunziata, come indurrebbe a ipotizzare il pagamento ricevuto nel 1474 da Francesco di Giorgio, secondo Seidel in qualità di socio anziano della bottega, in relazione all'acquisto di un ceppo di noce per realizzare la figura dell'angelo del gruppo medesimo.
Nel 1476, un anno dopo posto termine legalmente alla società con Francesco di Giorgio, il L. dipinse, firmandolo e datandolo, il trittico raffigurante la Madonna col Bambino e i ss. Michele e Bernardino conservato nella Pinacoteca nazionale di Siena.
L'opera evidenzia la distanza, a quella data, tra le ricerche formali del L., incline a lavorare sull'ornamento delle superfici, solo accennando l'illusione della profondità e creando sofisticati effetti di trasparenza degli incarnati, e le aperture di Francesco alle suggestioni provenienti da Firenze, palesi nella redazione della Natività per il monastero olivetano di S. Benedetto fuori Porta Tufi e ora nella Pinacoteca senese.
Da accostare cronologicamente al trittico del 1476, in base alle stringenti analogie stilistiche, sono la Madonna col Bambino e i ss. Girolamo e Bernardino n. 281 della Pinacoteca di Siena e la Madonna col Bambino dell'Accademia Carrara di Bergamo.
La tavola n. 281 era stata peraltro già ritenuta da G. Coor (pp. 50, 141 s.), pur senza alcuna evidenza, il tabernacolo, oggi perduto, realizzato dal L. per Bernardino Nini e stimato il 28 maggio 1476 da Francesco di Giorgio e Sano di Pietro.
Tra la metà degli anni Settanta e la fine del decennio successivo tende a consolidarsi nella bottega del L. una fiorente produzione quasi seriale di Madonne col Bambino e santi destinate agli arredi domestici, come quella della collezione Johnson di Filadelfia, in cui non è raro rilevare un possibile contributo dei collaboratori che gravitavano attorno al maestro, Mariotto da Volterra, Giovanni di Taldo, Giovanni Battista di Bartolomeo Alberti e Girolamo del Pacchia. Tali tavole costituiscono variazioni sul tema di una soluzione strutturale, già in parte sfruttata da Sano di Pietro e soprattutto da Francesco di Giorgio, praticata ininterrottamente dall'artista per tutto il corso della carriera e caratterizzata in questa fase da opzioni cromatiche molto luminose e da una certa tendenza all'astrazione delle forme.
Nel 1480 il L. dipinse, su probabile commissione dello zio Iacomo di Benedetto di Neroccio (Maccherini, p. 326), il cui stemma compare nell'opera, La Vergine raccomanda Siena a Gesù sulla tavoletta commemorativa degli Ufficiali di gabella per quell'anno, conservata nell'Archivio di Stato di Siena.
Nello stesso anno il L. prese in affitto la bottega presso l'ospedale di S. Maria della Scala che era stata del Vecchietta e acquistò dai suoi eredi una pala d'altare in rilievo ligneo commissionatagli da una chiesa lucchese o della Lucchesia, da tempo identificata con quella raffigurante il Seppellimento e l'Assunzione della Vergine del Museo di Villa Guinigi.
Carli (1951, p. 79; 1980, p. 46), seguito sostanzialmente da tutta la letteratura successiva, ha riconosciuto un intervento del L. nella definizione del viso dell'Assunta, in base alle somiglianze tecniche e tipologiche con il volto della S. Caterina da Siena dell'oratorio di Fontebranda.
È ragionevole ritenere che il L. portò a termine il lavoro, recandolo a destinazione, nel 1481, quando si trovava in Lucchesia, come si evince da una lettera del segretario di Alfonso d'Aragona duca di Calabria, Marino Tomacelli, datata 27 novembre, che sollecitava il rientro dell'artista a Siena. Tomacelli chiedeva alle autorità senesi di intercedere presso frate Giannino de' Bernardi, abate del monastero di S. Salvatore a Sesto di Moriano, presso Lucca, e committente di una tavola dipinta di cui non si hanno dati ulteriori, affinché concedesse una dilazione al L. per la consegna dell'opera, consentendogli di tornare a Siena per ultimare alcuni lavori non meglio precisati per il duca di Calabria.
A tali lavori apparteneva probabilmente un ritratto del fratello del duca, don Federico, di cui rimase "una testa di carta" nello studio dell'artista, menzionata nell'inventario stilato alla sua morte (Coor, pp. 7, 157).
Maccherini (p. 330), in ragione della prossimità del paesaggio alla fiamminga della tavoletta con Romano che porta il cibo a s. Benedetto a quello della tavoletta degli Ufficiali di gabella e del Crocifisso della collezione Sergardi di Siena, ha proposto di collocare cronologicamente all'inizio degli anni Ottanta, attribuendola interamente al L., la problematica predella con Storie di s. Benedetto degli Uffizi, considerata in genere precedente, quando non opera giovanile, o frutto di ampia collaborazione con Francesco di Giorgio. Lo studioso ha inoltre ipotizzato che le tre tavolette potessero costituire la predella dell'opera commissionata dall'abate Bernardi, accostando a esse per ragioni opinabili di consonanza stilistica, i pannelli di Raleigh e l'Annunciazione di New Haven.
Non agli anni Settanta come si ritiene di consueto, bensì dopo il 1481, secondo Seidel (p. 555), occorre datare il Ritratto di dama della National Gallery di Washington, da riferire con ogni probabilità a una figlia di Bandino Bandini, il cui stemma di famiglia è incastonato nella cornice del dipinto.
Il 23 maggio del 1483 il L. ricevette dall'Opera del duomo il pagamento per il disegno della Sibilla Ellespontica realizzato per la decorazione marmorea del pavimento della cattedrale dell'Assunta (Coor, pp. 178 s.).
Fu stipulato il 15 aprile dell'anno seguente il contratto per una pala destinata all'altare maggiore della chiesa di S. Maria Maddalena fuori Porta Tufi. L'opera, perduta, costituiva una delle rare commissioni per lavori di grandi dimensioni del nono decennio commissionate al L. e fu valutata la cifra più alta della sua intera produzione.
Il 4 febbr. 1485 il L., subentrando agli scalpellini Vito di Marco e Lucillo di Marco, ottenne l'incarico di realizzare il monumento funebre per il vescovo Tommaso del Testa Piccolomini, scomparso nel 1483.
La tomba, commissionata da due nipoti del vescovo e collocata come da accordi sulla parete di ingresso della cappella di S. Vittore nel duomo senese, fu concepita a evidenza sul modello del sepolcro di Cristoforo Felici nella chiesa di S. Francesco, realizzato negli anni Sessanta da Urbano da Cortona e da un altro scultore donatelliano.
Il 28 febbraio dello stesso anno il L. ricevette un compenso per l'affresco raffigurante una Madonna col Bambino, posto ai piedi della scala per salire sulla loggia del palazzo pubblico di Siena. Il dipinto, secondo quanto attesta l'atto di pagamento, fu eseguito da Mariotto da Volterra (Coor).
Bagnoli (p. 388) ha ascritto al catalogo del L. un S. Leonardo marmoreo, di collezione privata fiorentina, datandolo intorno al 1485 per le analogie con il sepolcro Piccolomini e con alcuni particolari esecutivi della S. Caterina di Alessandria di marmo, che venne commissionata al L. dall'Opera del duomo con un contratto del 17 luglio 1487.
La S. Caterina, posta accanto al S. Ansano eseguito da Giovanni di Stefano nella cappella del Battista, fu completata dopo la morte dell'artista, che aveva percepito acconti del pagamento nel 1488 e nel 1490.
Nel 1492 firmò la Madonna in trono col Bambino e santi per la chiesa dei Ss. Pietro e Paolo a Montepescini, conservata nella Pinacoteca nazionale di Siena.
La pala presenta un'attenzione per gli effetti plastici, ottenuti attraverso un'inedita accentuazione dei tratti chiaroscurali che risente, com'è stato più volte osservato, dei modi rappresentativi caratteristici dello stile di Luca Signorelli e del Maestro di Griselda suo collaboratore, presenti a Siena nella cappella Bichi di S. Agostino all'inizio degli anni Novanta.
Con il Maestro di Griselda, del resto, il L. si trovò a collaborare nell'esecuzione della Claudia Quinta (Washington, National Gallery) per il ciclo di eroi ed eroine Piccolomini, sicuramente anteriore al 1493 e realizzato probabilmente in occasione del matrimonio di Silvio dei Piccolomini di Sticciano nel 1492.
Molto vicina allo stile della pala di Montepescini è la Madonna col Bambino e i ss. Bernardino e Caterina della Pinacoteca di Siena (n. 285), databile intorno al 1492, così come la Madonna in trono col Bambino e i ss. Antonio Abate e Sigismondo, conservata alla National Gallery di Washington e proveniente da Rapolano.
Nel 1496 il L. eseguì la pala raffigurante la Madonna in trono col Bambino e santi, attualmente conservata nella chiesa della Ss. Annunziata a Montisi, ma probabilmente destinata in origine a un'altra collocazione (Coor, p. 99).
Agli ultimi anni del secolo risalgono anche il Tabernacolo della Ss. Trinità a Siena, caratterizzato da una decorazione all'antica con fregio di putti e vittorie alate, la Madonna col Bambino e i ss. Giovanni Battista e Andrea della Pinacoteca di Siena (n. 294), il cui stile, palesemente aggiornato sulla maniera di Signorelli, sembra risentire anche dei tardi dipinti devozionali di Matteo di Giovanni, nonché il frammento della pala della chiesa dell'Annunziata a Magliano, di cui rimane solo il gruppo della Madonna in trono col Bambino.
La data di morte del L. non è nota; si sa però che il 26 nov. 1500 fu redatto su richiesta di due suoi nipoti l'inventario di "tutte le robe mobili et immobili" dell'artista, che doveva dunque essersi spento qualche tempo prima (Coor, p. 152).
Fonti e Bibl.: E. Carli, Scultura lignea senese, Milano-Firenze 1951, p. 79; G. Coor, N. de' L. 1447-1500, Princeton 1961 (con bibl.); E. Carli, Gli scultori senesi, Milano 1980, pp. 46 s.; L.B. Kanter, in Painting in Renaissance Siena (catal.), a cura di L.B. Kanter, New York 1988, pp. 328-334; L. Bellosi, Il "vero" Francesco di Giorgio e l'arte a Siena nella seconda metà del Quattrocento, in Francesco di Giorgio e il Rinascimento a Siena (catal., Siena), a cura di L. Bellosi, Milano 1993, pp. 40-47, 67 s. (con bibl.); M. Maccherini, ibid., pp. 318-330, 452-455; A. Bagnoli, ibid., pp. 218 s., 388 s.; R. Bartalini, ibid., pp. 462-468; M. Caciorgna, Immagini di eroi ed eroine, in Biografia dipinta. Plutarco e l'arte del Rinascimento 1400-1550, a cura di R. Guerrini, La Spezia 2001, pp. 237-247; A. Angelini, La seconda metà del Quattrocento, in G. Chelazzi Dini - A. Angelini - B. Sani, Pittura senese, Milano 2002, pp. 299-301; M. Seidel, La "societas in arte pictorum" di Francesco di Giorgio e N. de' L., in Arte italiana del Medioevo e del Rinascimento, I, Venezia 2003, pp. 537-558; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, pp. 295 s.