CORSINI, Neri
Nacque a Firenze il 1° ag. 1624 da Filippo e da Maddalena Machiavelli.
Tutti gli autori, tranne il Passerini, indicano quale data di nascita il 1600, data chiaramente infondata sia perché il matrimonio dei genitori avvenne solo nel 1613, sia perché prima del C. nacquero altri fratelli: Lorenzo, nel 1615, morto bambino, Marietta, morta nel 1643, e Bartolomeo, nato nel 1622 che, quale primogenito, venne avviato alla carriera politica alla corte del granduca. Nella raccolta Sebregondi dell'Archivio di Stato di Firenze troviamo la stessa data di nascita indicata dal Passerini.
Avviato alla carriera ecclesiastica e per volontà della famiglia e della stessa corte di Firenze, il C. perfezionò i suoi studi a Roma presso il collegio dei gesuiti. Nel 1647 il fratello Bartolomeo acquistò per lui, con il consenso del granduca, l'ufficio di chierico di Camera. Gli inizi della carriera del C. a Roma furono piuttosto difficili, nonostante la presenza della sorella Virginia, moglie del marchese Patrizi, tanto che il C. manifestò l'intenzione di vendere il chiericato. Ma la carriera del C. era già stata programmata da tempo e una sua rinuncia avrebbe disturbato troppi interessi, non ultimi quelli del granduca, desideroso di aumentare il numero dei cardinali toscani a Roma, e della stessa famiglia che, con la morte di Ottavio, arcivescovo di Tarso, avvenuta nel 1643, non aveva più influenza nella Curia romana. Infatti il 25 luglio 1652 il C. venne nominato nunzio alla corte di Francia, nomina che si affrettò a comunicare alla corte di Firenze con una lettera del 27 luglio. E proprio perché potesse sostenere con maggiore autorità il suo nuovo ufficio presso il clero francese il C. venne eletto arcivescovo di Damialta (Tamiathis) in Egitto e consacrato a Roma il 1° settembre dal card. Fabio Chigi, suo protettore.
I rapporti diplomatici fra la S. Sede e la corte di Francia in quegli anni avevano raggiunto il limite di rottura. Già dal dicembre del 1651 l'ambasciatore francese a Roma Valençay non compariva più in udienza presso il papa, mentre a Parigi il partito ostile al cardinal Mazzarino, ancora rifugiato presso Colonia, ma sempre in stretto contatto con la regina Anna, cominciava a sgretolarsi. La nomina del C., che pure era stato presentato dall'ambasciatore francese in Roma come degno di fiducia, in sostituzione di mons. Bagni molto gradito alla corte ma sospettato dal pontefice di troppa acquiescenza al Mazzarino, venne considerata una grave offesa dalla regina, anche perché la S. Sede non aveva richiesto il consenso preventivo della Francia. Sicché quando il C. sbarcò a Marsiglia l'11 novembre 1652 venne arrestato su ordine del governatore di Provenza e per quasi un mese fu ospite forzato del convento di S. Agostino a Marsiglia; pochi giorni dopo, il 19 novembre, il Mazzarino faceva arrestare lo stesso cardinale di Retz. Solo per la difficile situazione militare in cui la Francia si venne a trovare dopo la riconquista di Barcellona da parte degli Spagnoli, il C. poté lasciare Marsiglia e recarsi, sotto scorta, ad Avignone, dove si fermò fino al 20 luglio 1653, quando il pontefice gli ordinò di tornare a Roma. Nonostante la storiografia agiografica del tempo descriva il soggiorno avignonese come ricco di avvenimenti e di impegni abilmente risolti dal C., in realtà proprio dalle sue lettere ai familiari e agli amici a Roma e a Firenze (la sorella Virginia, il fratello Bartolomeo, mons. A. Paluzzi, mons. M. Sacchetti, il card. Fabio Chigi) risulta un lungo periodo di inattività o di vera e propria "cattività", escluso da ogni affare della nunziatura e poco amato dallo stesso vice legato pontificio, mons. Corsi, che vedeva nel C. un possibile suo sostituto.
Nonostante la sua evidente estraneità ai fatti, nel suo ritorno verso Roma il C. sentiva tuttavia di essere in disgrazia presso il pontefice, al quale scriveva per chiedere l'autorizzazione a fermarsi qualche mese a San Casciano, presso Firenze, per motivi di salute; nello stesso giorno scriveva al card. Chigi affinché lo proteggesse da "un richiamo per mala fortuna". Il suo soggiorno a San Casciano e a Firenze durò tuttavia fino al 1654, segno evidente della scarsa simpatia di Innocenzo X nei suoi confronti. Tornato a Roma il C. si trovò più o meno senza uffici: fece parte della cappella papale e fece la corte al Chigi, come scrisse egli stesso in un suo breve diario che iniziò in quei mesi e dove riportò i due avvenimenti più importanti di quell'anno: la morte di Innocenzo X e lo arrivo della regina Cristina di Svezia. Ma l'elezione del suo protettore Fabio Chigi al soglio pontificio con il nome di Alessandro VII mutò radicalmente la fin'allora poco fortunata carriera del Corsini. Gli uffici e le cariche si susseguirono rapidamente: dapprima prefetto di Ravenna, quindi presidente delle Strade, il 17 apr. 1660 venne confermato in quest'ultima carica, nominato abbreviatore delle lettere apostoliche e tesoriere generale della Camera apostolica, carica quest'ultima che gli fruttò la commenda di alcune fra le più ricche abbazie d'Italia. L'ufficio di tesoriere generale assorbì interamente per vari anni il C., che lo svolse con notevole impegno, come testimoniano e le sue numerose lettere e istruzioni e i suoi scritti in materia di decime e di annona, che ancora si conservano manoscritti nella Biblioteca Corsiniana di Roma. Il suo impegno venne riconosciuto dallo stesso Alessandro VII che il 14 genn. 1664 locreò cardinale prete in pectore del titolo dei SS. Nereo e Achilleo, nomina pubblicata solo nel marzo 1666. Il 10 maggio 1667, nominato legato di Ferrara, fu trattenuto a Roma proprio dalla morte del suo protettore, Alessandro VII, e dal successivo conclave che vide l'elezione di Clemente IX, Giulio Rospigliosi. Giunse a Ferrara nel novembre dello stesso anno e vi si fermò un triennio, fino al 1670, occupandosi in particolare dei disordini verificatisi nella provincia in seguito ai tentativi, in parte fomentati da agenti veneziani, di distaccare la città dallo Stato della Chiesa "et legarsi alla Serenissima Repubblica".
Al suo ritorno a Roma trovò l'offerta della nomina ad arcivescovo di Firenze, che tuttavia rifiutò, spiegandone le ragioni in una lettera al fratello Bartolomeo che già gli aveva affidato il figlio Lorenzo, avviato alla carriera ecclesiastica: "... Ma quel che più mi preme... è la persona di Lorenzo, il quale se io mi parto dalla corte non potrà così facilmente incamminarsi per la prelatura che, stando quà io penserei tra due o tre anni di metterlo in habito, procurarli un chiericato e se egli haverà cervello ed io vita di lasciarlo in posto cardinalizio...". La previdenza del C. nei confronti del nipote si rivelò assai accorta e le sue previsioni furono superate dai fatti anche se egli non poté vivere tanto a lungo da assistervi, visto che Lorenzo non solo divenne cardinale nel 1706, ma fu eletto pontefice, con il nome di Clemente XII, nel conclave del luglio 1730.
Dopo aver partecipato nello stesso anno al conclave che vide eletto Clemente X, Emilio Altieri, il C. non poté rifiutare due anni dopo, l'8 febbr. 1672, la nomina a vescovo di Arezzo, diocesi vacante per la morte del card. Tommaso Salviati, che egli tenne per cinque anni, alternando lunghi soggiorni ad Arezzo, con brevi visite a Roma e a Firenze. La sua salute tuttavia non gli permetteva più un grande impegno; il conclave tenutosi nel 1676, alla morte di Clemente X, che lo vide tra i protagonisti, tanto che fu considerato tra i principali artefici dell'elezione di Innocenzo XI, Benedetto Odescalchi, gli riuscì assai faticoso, contribuendo notevolmente ad aggravare il suo cagionevole stato di salute. Pochi mesi dopo infatti, l'8 marzo 1677, rinunciò il vescovado nelle mani del nuovo pontefice e il 20 marzo consacrò egli stesso il suo successore Alessandro Strozzi. Si ritirò quindi a Firenze, da dove il 19 settembre 1678 arrivò in Curia la notizia della sua morte "in Balneis S. Cassiani".
Venne sepolto a Firenze nella chiesa dei carmelitani, nella cappella di S. Andrea Corsinì suo avo. Il nipote Clemente XII gli fece innalzare un monumento funebre nella cappella di S. Andrea nella basilica di S. Giovanni in Laterano.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vaticano, Segret. di Stato, Nunz. di Francia, n. 105; Ibid., Legazioni, Avignone, n. 162; Ibid., Ferrara, nn. 4244; Bibl. Ap. Vaticana, Vat. lat., 12.340, f. 75; Vat. lat., 12.341, f. 95; numerose lettere del e al C. Ibid., Barb. lat., 3240, ff. 66-67; Borg. lat., 67, ff. 286, 324, 359; Ottobon. lat., 2206: Parere a mons. nunzio di Torino Piero Bargellini sugli spogli in quel dominio, 10 sett. 1666, f. 206; Vat. lat. 10.409, ff. 122-123, 189, 256 (tre lettere di Scipione d'Elci, cardinal legato d'Urbino, 1660-61); Ibid., Urb. lat. 1731: Instruttione data... a mons. N. C. destinato nunzio ordinario alla Maestà del re di Francia, ff. 100-122; Ibid., Mss. Chigiani, 1177, n. 28, C. 341: Testamento del card. N. C.; Roma, Bibl. d. Accad. naz. dei Lincei, Mss. Cors. 856: Decimae. Discursus Nerei card. C. propria manu conscr., cc. 44 ss.; Ibid., Mss. Cors. 909-910: Registri dei chirografi di Papa Alessandro VII diretti a mons. N. C., tesoriere generale della R.C.A. negli anni 1661-1662; Ibid., Mss. Cors. 1206: Lettere del card. N. C. dalla nunziatura di Francia al card. Panfili e diversi, ff. 1-224 e Diario scritto dal card. N. C. degl'anni 1655-56, ff. 268-318; Mss. 2466, 2466 bis. 2466 ter: Copialettere del card. N. C. senior legato di Ferrara per gli anni 1666-1670; Archivio di Stato di Firenze, Raccolta Ceramelli Papiani, v. 1677; Ibid., Raccolta Sebregondi, v.1830; Firenze, Biblioteca nazionale, Manoscritti Passerini, n. 8 cc. 82-83; non consultabile; secondo gli inventari della Biblioteca Corsiniana di Roma, sono conservate numerose carte e lettere del C.; Istruttioni per li succollettari delle sei decime imposte dalla S.tà di N. S. papa Alessandro VII ai cleri d'Italia e delle isole adiacenti di monsignor N. C. …, Roma e Bologna 1662; F. Nomi, Orazione in morte del cardinal N. C., Lucca 1679; F. A. Vitale, Memorie storiche de' tesorieri generali pontifici, Napoli 1782, p. LV; L. Cardella, Mem. stor. de' cardinali, VII, Roma 1793, p. 166; A. Frizzi, Memorie per la storia di Ferrara, V, Ferrara 1848, pp. 130 s.; L. Passerini, Genealogia e storia della fam. Corsini, Firenze 1858, pp. 153; O. Pinto, Storia della Biblioteca Corsiniana e della biblioteca dell'Accademia dei Lincei, Firenze 1956, p. 21; P. Orzi Smeriglio, I Corsini a Roma e le origini della Biblioteca corsiniana, in Memorie della Accademia naz. dei Lincei, classe di scienze morali storiche e filologiche s. 8, VIII (1958), 4, pp. 291-331, in part, pp. 304-308; L. von Pastor, Storia dei Papi, XIV, 1, Roma 1961, pp. 51 s.; 2, p. 4; G. Moroni, Diz. di erudiz. stor.-eccles, XVII, sub voce; P. Gauchat, Hierarchia catholica, IV,Monasterii 1935, p. 34; R. Ritzler-P. Sefrin, Idem, V, Patavii 1952, p. 97.