CORSINI, Neri
Figlio di Corsino, detto Niccole, di Buonaccolto di Neri - il capostipite della famiglia inurbatosi in Firenze dalla zona di Poggibonsi intorno alla metà del XIII secolo - forse più dei fratelli - Tonio, Ugolino detto Mozzo, Berto, Duccio - dovette godere di una buona posizione economica grazie alla sua attività mercantile, che esercitò prevalentemente nell'ambito dell'arte di Por Santa Maria, di cui pervenne per la prima volta al consolato nel 1277. Tipico esponente della ricca borghesia mercantile, con il suo retaggio di possedimenti terrieri nella zona di provenienza comitatina, era destinato, con l'aumentare della sua fortuna commerciale, ad assumere sempre maggior rilievo sia nella aristocrazia degli affari fiorentina, sia nella vita pubblica. Impegnato nuovamente nel 1283 e nel 1289 come console dell'arte di Por Santa Maria, di lì a poco fu chiamato alla suprema magistratura della Repubblica; dal 15 agosto al 15 ott. 1290 egli sedette infatti tra i Priori, a rappresentare il sesto d'Oltramo. Due anni più tardi, nel 1292, lo incontriamo nuovamente tra i consoli della sua arte. Si preparavano frattanto quegli sconvolgimenti politico-sociali che dovevano dare a Firenze un nuovo volto costituzionale con gli Ordinamenti di giustizia. Chiamato tra i Priori nello stesso anno in cui fece parte di quel Collegio anche Giano della Bella, fu in carica per il bimestre maggio-giugno 1293. Secondo il Passerini "le provvisioni fatte durante il suo reggimento furono tutte ostili all'ordine magnatizio, a cui accanita guerra facevasi dalle famiglie popolane che avevano in mano il potere; e perciò alcuni dei Cavalcanti fece condannare nell'avere e nella persona per pura offesa recata a uno del popolo"; ma i suoi legami con Giano della Bella non dovettero essere strettissimi se incontriamo il C. tra i gonfalonieri di Giustizia per il bimestre ottobre-dicembre 1295 - in quello stesso anno, cioè, in cui i Signori avrebbero decretato il bando di Giano. Niente lascia supporre che, come gonfaloniere, il C. abbia agito in maniera distante dagli interessi di quel "popolo grasso" di "grandi mercatanti" che egli rappresentava nella Signoria. Sempre nel 1295 era chiamato nuovamente tra i consoli di Por Santa Maria, carica che ricoprì anche nel 1297, quando egli venne eletto massario del Comune. Forse nell'ambito di queste stesse mansioni l'anno successivo fu incaricato dal Comune di prendere possesso di un terreno necessario per l'ampliamento della piazza antistante il convento dei servi di Maria, S. Maria in Cafaggio. Nel 1299 il suo nome compare tra quelli dei camerlenghi della Camera del Comune; non abbiamo notizie di una sua qualche partecipazione al riaccendersi delle lotte interne in città sotto i colori dei due noti partiti dei bianchi e neri: il fatto che il suo nome non compaia nelle pagine di Dino Compagni, il più attento dei cronisti a questo momento della vita fiorentina, induce a pensare ad una politica di non compromissione con le parti adottata dal C. e dalla sua famiglia. Tuttavia potrebbe essere letta come dato significativo la sua fortuna politica negli anni della supremazia dei neri, all'indomani della "pacificazione" di Carlo di Valois: lo troviamo infatti tra i Signori dal 15 giugno al 15 ag. 1302. Da quel momento la sua partecipazione alle supreme magistrature cittadine divenne costante per un quindicennio; lo incontriamo nuovamente come priore ancora per i bimestri ottobre-dicembre 1304 e agosto-ottobre 1307. In quest'ultimo anno venne chiamato nuovamente alla carica amministrativa di camerlengo. Nel 1310 partecipava ad un arbitrato per risolvere la controversia che divideva Bologna e gli Ubaldini a proposito dei confini dei rispettivi territori. Il 1311 lo vide nuovamente tra i Priori per il bimestre 15 febbraio-15 aprile. Della sua attività commerciale, che doveva essere particolarmente florida, è testimoniato nei Capitoli un episodio - per l'esattezza un furto compiuto ai suoi danni - dal quale si può dedurre come egli esercitasse un commercio stabile con Padova, dove vendeva panni e saia. Chiamato nuovamente al priorato nel momento più caldo della ripresa del ghibellinismo italiano all'epoca della discesa di Arrigo VII di Lussemburgo, egli fu dei Signori per il bimestre 15 dic. 1313-15 febbr. 1314. Come personaggio in vista della classe dirigente fiorentina fu tra i cittadini "processati" in contumacia dall'ìmperatore quando questi, dopo il cattivo esito della sua impresa militare in Toscana, si partì da Poggibonsi e si recò a Pisa, "dove fece grandi e gravi processi sopra i fiorentini di torre alla città ogni giurisdizione e onori disponendo e annullando tutti i giudici e notari e condannando il Comune di Firenze in centomila marchi d'argento, e' più grandi cittadini e popolani che reggeano la Città nell'avere e nelle persone e nei loro beni" (Villani, IX, C. 49). Nel 1313 il C. venne nuovamente chiamato al consolato per l'arte di Por Santa Maria.
Il Passerini vuole che il C. fosse iscritto anche all'arte della lana, di cui gli fa assumere il consolato già dal 1270. Non possedendo le matricole di quell'arte per questi anni, è impossibile verificare la sua affermazione che a tutta prima appare un po' improbabile anche se in seguito i Corsini furono lanaioli ed alcuni membri della famiglia si immatricolarono nel cambio.
Nel 1315 assurgeva per l'ultima volta al priorato, e oramai anziano, dava inizio ai preparativi per la sua ultima dimora facendo erigere nel convento degli agostiniani di S. Spirito una cappella dedicata a S. Iacopo nella quale avrebbero dovuto trovare sepoltura i Corsini e che doveva accogliere le sue spoglie nel 1325.
"E nacque Neri nel 1244, e fece fare la chapella di Santo Iacopo in Santo Spirito nel 1318, e morì nel 1325, e fu nella vita un grande cittadino e molto in chomune e bene amato". Con queste parole Matteo di Niccolò Corsini sintetizzava nel Libro di ricordanze la figura di questo suo avo, il primo in ordine cronologico tra i personaggi di rilievo della famiglia e, di fatto, il fondatore delle fortune economiche e sociali dei Corsini. I figli del C., tra i quali è degno di memoria Lapo, il cui nome rimane legato ad un volgarizzamento, Le Istorie dei Romani, ereditarono la sua fortuna ed i suoi orientamenti politici mantenendosi nell'ambito degli "uomini del reggimento" come esponenti del mondo della grassa borghesia degli affari.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Capitoli, XXII, f. 28 (1312); Ibid., Diplom. SS. Annunziata, 1298, 10 aprile; Ibid., Matricole dell'Arte dì Por Santa Maria, (1225-1327), ff. 24, 25, 29, 30, 35, 42, 44; Ibid., Riformagioni, XXXIX, c. 199 (1297); Ibid., Notarile Antecosimiano, Orlandino di Nino di Biliotto da Marcialla, 1310, 1° ottobre; Firenze, Bibl. Marucelliana, Cod. A, 1 2, n. n.; C. 44, c. 290; Ibid.. Biblioteca nazionale, Mss. Magliabechiani XXV,591, c. 377; XXVI, 144. c. 313; XXVI, 198, c. 271; Ibid., Poligrafo Gargani, 672; Ibid., Bibl. Riccardiana, Mss. Riccardiani 2023, c. 199; 2305, c. 145; Monum. alla Cronaca fiorentina di Marchionne di Coppo Stefani, in Delizie degli eruditi toscani, VIII, Firenze 1785, p. 227; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, in Rerum Italicarum Scriptores, 2 ed., XXX. 1, a cura di N. Rodolico, pp. 67, 72, 75, 88, 95, 99, 108, 115, 118; I Consigli della Repubblica fiorentina, a cura di B. Barbadoro, Bologna 1930, I, pp. 697, 699, 701, 703, 706; Il libro di ricordanze dei Corsini, a cura di A. Petrucci, Roma 1965, in Fonti per la storia d'Italia ..., C, p. 3; E. Gamurrini, Istoria geneal. delle famiglie nobili toscane ed umbre, Firenze 1672, III, p. 145; G. Richa, Notizie istor., delle chiese fiorentine divise ne' suoi quartieri, Firenze 1754, IX, pp. 51, 56, 59; D. Tiribilli Giuliani, Sommario stor. delle famiglie celebri toscane, Firenze 1855, I, pp. 64 s.; L. Passerini, Geneal. e storia della famiglia Corsini, Firenze 1858, pp. 13 s.; R. Davidsohn, Forschungen zur Gesch. von Florenz, III,Berlin 1898, reg. 1257; N. Ottokar, Il Comune di Firenze alla fine del Dugento, Firenze 1962, p. 58; R. Davidsohn, Storia di Firenze, Firenze 1973, VI, pp. 298, 856; G . Pampaloni, Firenze al tempo di Dante, Roma 1973, p. 119; S. Raveggi-M. Tarassi-D. Medici-R. Parenti, Ghibellini, guelfi e popolo grasso. I detentori del potere politico a Firenze nella seconda metà del Dugento, Firenze 1978, pp. 233, 325.