neopurismo
Il neopurismo è il movimento linguistico promosso da Bruno Migliorini (1896-1975), fra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento, per assecondare un equilibrato sviluppo della lingua contemporanea valutando, secondo criteri storici e funzionali, i ➔ neologismi e i ➔ forestierismi destinati a radicarsi nell’uso e a interagire con le strutture fonomorfologiche dell’italiano.
Fin dal 1932, per designare tale suo metodo di esaminare le innovazioni lessicali, Migliorini aveva parlato di glottotecnica o di linguistica applicata (in contrapposizione alla linguistica teorica), impiegando invece la parola neopurismo nell’accezione generica che essa allora possedeva, riferita per lo più al nuovo nazionalismo linguistico propagandato dalla politica fascista (➔ fascismo, lingua del; ➔ politica linguistica). Solo nel 1940 Migliorini rivendicò a sé la parola, facendone l’emblema di un programma volto a combattere sia il vecchio ➔ purismo ottocentesco sia quello nuovo dell’epoca fascista: a differenza delle censure aprioristiche di questi, il neopurismo avrebbe saggiato i forestierismi e i neologismi alla luce della linguistica strutturale e funzionale, non dimenticando che l’italiano è una lingua europea aperta agli internazionalismi e che occorre aver d’occhio, più che la ➔ lingua letteraria, i ➔ linguaggi settoriali, che creano e diffondono le innovazioni (Migliorini 1940).
Resosi conto che il termine continuava a circolare nella sua accezione generica, dal 1942 Migliorini ripiegò di nuovo su glottotecnica (o linguistica applicata), inglobando nella sua idea di language planning anche il concetto di neopurismo (Migliorini 1942). Ma sta di fatto che è quest’ultimo il termine con cui in seguito si è sempre indicato, talora con qualche ambiguità, il metodo miglioriniano (Fanfani 2002).
I principi su cui si fonda il neopurismo, oltre che dalle enunciazioni teoriche, si ricavano soprattutto dai tanti interventi che in quegli anni lo studioso dedica a risolvere singole questioni neologiche emergenti nella lingua contemporanea (Migliorini 1938; 1941b; Castellani 1979; Scotti Morgana 1981: 93-95). Forte di un’approfondita conoscenza delle strutture sincroniche, consapevole del differente ruolo che spetta al linguista e al grammatico, convinto che la norma, più che dalle prescrizioni, scaturisce dalla coscienza linguistica dei parlanti, Migliorini parte sempre da un’attenta ricognizione della situazione reale, soppesando le varie soluzioni che cominciano ad affiorare e cercando di favorire, con argomenti volti a chiarire i fatti, quelle che meglio si adattano al sistema e che quindi hanno maggior possibilità di attecchire nell’uso generale.
In sostanza – si tratti di valutare gli eventuali calchi, integrazioni o sostituzioni dei forestierismi oppure i moduli più adatti nella formazione di un tecnicismo – il neopurismo intende assecondare il naturale processo evolutivo della lingua, indicando quelle scelte che possono facilitare l’accoglimento dell’innovazione e mantenerla nell’alveo della struttura fonomorfologica dell’italiano. E va detto che alcune delle proposte formulate in quegli interventi furono subito riprese e si fissarono stabilmente nell’uso comune: regista in luogo del francese régisseur, autista per chauffeur, apprendistato per apprendissaggio.
In questo suo atteggiamento funzionale il neopurismo non è una variante addomesticata o più illuminata del purismo, ma in certo modo il suo capovolgimento, in quanto non si fonda su pregiudiziali ideologiche o retoriche (il nazionalismo, l’antisnobismo, la tradizione e la classicità letteraria), ma solo su criteri interni alla lingua, tenendo conto delle sue necessità onomasiologiche, delle tendenze evolutive in atto, della stabilità delle strutture di fondo, della loro forza di assimilazione, delle esigenze di chiarezza, univocità, convergenza internazionale delle terminologie tecnico-scientifiche. Di conseguenza la sua azione si svolge a tutto campo sul fronte del rinnovamento lessicale: i forestierismi sono giudicati alla stessa stregua delle neoformazioni interne alla lingua o di quei ➔ latinismi ‘integrali’ (auditorium, aquarium, eucalyptus) di solito trascurati dai puristi; inoltre si distinguono i termini specialistici da quelli destinati a una larga circolazione, le voci ormai stabilizzatesi da quelle di uso incipiente o ancora oscillante. E nell’esame linguistico non ci si limita al piano formale della fonetica e della grafia, ma si valuta attentamente anche il grado di integrazione morfologica e semantica della novità.
Il metodo neopuristico, accanto agli aspetti più propriamente linguistici, prevede anche un lato più pratico, relativo alle modalità applicative (in questo senso va intesa l’espressione linguistica applicata), individuando chiaramente quali debbano essere le circostanze e l’atteggiamento generale dell’intervento glottotecnico, quali i casi in cui esso è davvero utile e opportuno, se e quando debba avvenire. Infatti, dato che sono numerosi e spesso imprevedibili i fattori che determinano la fortuna di una scelta lessicale, occorre evitare anzitutto almeno ciò che riduce fortemente o rende vana l’azione dell’esperto, per concentrarla dove essa valga a orientare i parlanti con chiarimenti e indicazioni che possano renderli più consapevoli.
Così, proprio sulla base di una reale considerazione delle resistenze opposte dal senso di conservazione linguistica, dall’attaccamento alle parole già in uso (di qualsiasi origine esse siano), dall’istintiva tendenza a scartare ciò che viene sentito come un’imposizione esterna creata a tavolino, il neopurista è indotto a privilegiare unicamente quei neologismi non ancora acclimatati, meglio se nel momento stesso in cui l’innovazione è ancora allo stadio germinale (Migliorini 1941a). Di conseguenza lascia libero corso non solo ai forestierismi conformi al sistema fonologico italiano (tango, rumba, fiordo, folclore), ma anche a quelli ormai accolti popolarmente nella loro forma integrale (bar, camion, film, sport). Inoltre si dedica soprattutto alle voci presumibilmente destinate a una larga circolazione nell’uso comune, tollerando i molti internazionalismi che restano confinati nell’ambito dei linguaggi specialistici, dove hanno una loro ragion d’essere, e trascurando certe voci esclusive del linguaggio della moda (➔ moda, lingua della) o del gergo mondano difficili da eliminare, dato che vi sono particolarmente ricercate proprio per la loro connotazione esotica e allusiva.
Così, per es., mentre Migliorini intervenne con una certa prontezza a favore di autista, varianza (sull’ingl. variance) o picchiatello (a fronte dell’ingl. pixillated), su altri forestierismi di uso colto o snobistico su cui molto si discusse in quegli anni (ouverture, viveur) in sostanza ritenne opportuno sospendere il giudizio. Infine, nonostante non sottovalutasse gli effetti delle decisioni prese da enti, accademie o altri organismi pubblici, Migliorini preferì non appellarvisi, orientando la sua azione dal basso, ovvero impegnandosi in prima persona attraverso discussioni sui giornali e alla radio, opere divulgative e vocabolari, per consentire una più matura visione dei problemi e mostrare con testimonianze storiche e argomenti strutturali la natura di quella norma più profonda che agisce spontaneamente in ciascuno e che, in una continua dialettica fra tradizione e rinnovamento, governa la lingua.
Nel secondo dopoguerra, in un clima culturale mutato, di fronte alla trasformazione del prestito in un massiccio fenomeno di massa e alla rapida modernizzazione e semplificazione dell’italiano col conseguente indebolimento delle sue capacità assimilative, Migliorini, pur non sconfessando la teoria neopuristica (Migliorini 1970; 1971), abbandonò quasi completamente il fronte glottotecnico, anche se continuò a studiare e analizzare i processi neologici e a fare opera di divulgazione per una più chiara conoscenza delle strutture della lingua e del modo come essa funziona: il fine ultimo del neopurismo, in sostanza, era tutto qui.
In questi ultimi anni tuttavia altri studiosi si sono rifatti alle concezioni neopuristiche con nuovi programmi d’intervento linguistico. Arrigo Castellani (1920-2004) ha proposto un suo purismo strutturale, diretto a contrastare la sempre più pervasiva presenza di ➔ anglicismi integrali nella lingua contemporanea, sebbene abbia inteso applicarlo a ogni parola che non risulti conforme alle strutture fonetiche dell’italiano, anche quando si tratti di voci ormai del tutto acclimatate e radicate nell’uso (Castellani 1987; 1996).
Le sostituzioni e gli adattamenti proposti dallo studioso sono interessanti e spesso ingegnosi – guisco per whisky, fubbia [fu(mo)+(ne)bbia], per smog [smo(ke)+(fo)g], intredima per week-end, guardabimbi per baby-sitter, ubino per hobby, vendistica per marketing, velopàttino per windsurf – ma destinati in partenza all’insuccesso, proprio per ciò che, specie sul versante applicativo, il neopurismo prevedeva.
Castellani, Arrigo (1979), Neopurismo e glottotecnica: l’intervento linguistico secondo Migliorini, in L’opera di Bruno Migliorini nel ricordo degli allievi, Firenze, Accademia della Crusca, pp. 23-32.
Castellani, Arrigo (1987), Morbus Anglicus, «Studi linguistici italiani» 13, pp. 137-153.
Castellani, Arrigo (1996), Il purismo strutturale e il problema degli anglicismi, «Pagine della Dante» 80, 4, pp. 12-14.
Fanfani, Massimo (2002), Sulla terminologia linguistica di Migliorini, in Idee e parole. Universi concettuali e metalinguistici, a cura di V. Orioles, Roma, Il Calamo, pp. 251-298.
Migliorini, Bruno (1938), Lingua contemporanea, Firenze, Sansoni (4a ed. 1963).
Migliorini, Bruno (1940), Purismo e neopurismo, «Lingua nostra» 2, p. 47.
Migliorini, Bruno (1941a), La sostituzione dei forestierismi: improvvisa o graduale?, «Lingua nostra» 3, pp. 138-140.
Migliorini, Bruno (1941b), Saggi sulla lingua del Novecento, Firenze, Sansoni.
Migliorini, Bruno (1942), Primi lineamenti di una nuova disciplina: la linguistica applicata o glottotecnica, «Scienza e tecnica» 6, pp. 609-619.
Migliorini, Bruno (1970), Functional principles and their application in the creation of new words, «Scientia» 105, pp. 91-100.
Migliorini, Bruno (1971), Parole “più italiane” e “meno italiane”, «Lingua nostra» 32, pp. 50-52.
Scotti Morgana, Silvia (1981), Le parole nuove, Bologna, Zanichelli.