NEOPITAGORISMO
. Termine filosofico designante in generale la corrente speculativo-religiosa, affermatasi principalmente tra il sec. I a. C. e il sec. II d. C., che si ricollega alla tradizione dell'antico pitagorismo fondendo ecletticamente con essa elementi filosofici attinti alle scuole platonica, peripatetica e stoica. Tipica di questa corrente è la produzione di una vasta letteratura pseudopitagorica, attribuente cioè a personalità più o meno storicamente determinate dell'antico pitagorismo, opere che in realtà contengono concezioni proprie soltanto del neopitagorismo. Né questa sistematica produzione di scritti suppositizî è da considerare come risultato di una consapevole intenzione di frode, giacché il senso dell'originalità e proprietà letteraria era nell'antichità classica anche altrimenti scarso, e assai diffusa era l'abitudine (provocata dallo scarsissimo senso dello sviluppo storico del pensiero, che diventava anche minore quando la generale preoccupazione dell'ortodossia si sommava con quella della conservazione di una tradizione religiosa) di ascrivere agli antichi autori le opere in cui si pensava di esporne le dottrine e proseguirne l'insegnamento. Tra i principali rappresentanti del neopitagorismo sono da ricordare Nigidio Figulo (prima metà del sec. I a. C.), Apollonio di Tiana (sec. I d. C.), Moderato di Gade (sec. I d. C.), Nicomaco di Gerasa (sec. II d. C.), Numenio di Apamea (sec. II d. C.).
Bibl.: Per le indicazini delle fonti superstiti delle dottrine neopitagoriche, delle loro edizioni moderne e della letteratura critica che le concerne si veda in generale Ueberweg-Prächter, Grundriss d. Geschichte d. Philosophie, I, 12ª ed., Berlino 1926, pp. 513-24 del testo e 168-71 dell'appendice bibliografica, e in particolare le voci concernenti i singoli neopitagorici.