neonoir
<-nu̯àar> s. m. – Termine riferito al revival contemporaneo (anche in ambito letterario) del noir, sottogenere del film giallo soprattutto nell’ambito del cinema classico statunitense e a partire dagli anni Trenta-Quaranta del 20° sec., assurto a dignità di genere come poliziesco di ambiente urbano, caratterizzato da intrighi criminosi, risvolti psicologici, donne fatali, dimensioni angosciose, notturne, da incubo. Tutti elementi che, nell’orizzonte del cinema postmoderno (dagli anni Ottanta al nuovo millennio), ritornano nel n. in modo esasperato, enfaticamente violento, ma anche ironico, citazionista, virtuosistico. Giocano un ruolo narrativo e stilistico anche le atmosfere metropolitane, futuribili, tecnologiche, percorse da paradossi temporali, allucinazioni, in cui il realismo crudo del vecchio noir si enfatizza in un iperrealismo di cui l’immaginario, la finzione, talvolta l’onirismo, altre volte il gioco ipermediatico della ibridazione e inflazione delle immagini, costituisce la cifra. In questi casi il n. si è coniugato con le poetiche d’autore di cineasti quali R. Scott, J. Cameron, D. Cronenberg, D. Fincher, B. De Palma, S. Soderberg e soprattutto nei film di Q. Tarantino. Il n. ha anche consolidato la fama di registi come D. Aronofsky (The black swann, 2010), C. Nolan (Memento, 2000), R. Rodriguez (Sin city, 2005), J. e E. Coen, M. Mann (Collateral, 2004); altri film sono invece esempi di prodotti più di genere: Kiss kiss bang bang (2005) di S. Black, The lookout (2007) di S. Frank, The machinist (2004) di B. Anderson, Brick (2005) di R. Johnson, Drive (2011) di N.W. Refn. In ambito europeo si sono avuti esempi di rivisitazioni del poliziesco inglese come In Bruges (2008; In Bruges – La coscienza dell’assassino) di M. McDonagh, o reinvenzioni del genere francese del polar, versione poliziesca di ambiente urbano del noir classico, conosciuti come film neopolar; significativi di questa tendenza sono per es. Les insoumis (2008) di C.M. Rome, Un prophète (2009) di J. Audiard, Diamond 13 (2009) di G. Béhat, o molti film 'postmoderni' di L. Besson.