NEOLOGISMO.
– Lo sviluppo degli studi sulla neologia. Gli internazionalismi. I calchi sintattici e i prestiti integrali. Bibliografia
Lo sviluppo degli studi sulla neologia. – Gli studi sulla formazione di parole ed espressioni nuove e sull’innovazione lessicale nei sistemi linguistici hanno conosciuto una vivacità sempre crescente a partire dalla seconda metà del 20° sec., nell’ambito di un più complessivo fenomeno di maturazione di una nuova consapevolezza disciplinare e teorica della lessicologia. La motivazione determinante per lo sviluppo degli studi sulla neologia è dovuta al fatto che tutte le lingue hanno registrato un fermento lessicale mai prima sperimentato in termini di quantità e qualità. Le reazioni delle diverse lingue, anche le più antiche lingue di cultura, sono state molto varie: accanto a tendenze puristiche ‒ che si sono incarnate in politiche linguistiche miranti a perseguire una neologia pianificata o ufficiale e i cui risultati non sempre hanno corrisposto alle attese ‒ si sono manifestate anche condotte di accoglimento indiscriminato di ogni novità lessicale, che hanno finito per confondersi con atteggiamenti di ostentata superiorità intellettuale e culturale, producendo paradigmi eccessivamente tolleranti.
In particolare, la lingua italiana, che per lungo tempo ha profondamente risentito dell’autorità del modello letterario, assunto per secoli a canone della norma grammaticale e lessicografica, ha avuto un percorso peculiare. Fino alla metà del Novecento le principali fonti di innovazione lessicale consistevano nell’inventiva, e talvolta nell’estro, di scrittori e poeti e, in misura molto minore – soprattutto se si guarda alla reale diffusione dei loro scritti e al vaglio operato dai lessicografi –, nei nuovi termini coniati da esponenti delle scienze e delle arti. A partire dagli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, la stampa quotidiana e periodica, il cinema, la radio, la televisione, la pubblicità e, da ultimo, l’informatica e le reti telematiche hanno assunto simultaneamente i ruoli di fonte di produzione, filtro e cassa di risonanza di notizie, scoperte, stili di vita, mode e tendenze e, quindi, delle nuove parole che li esprimono. La funzione di divulgazione dei modelli linguistici da parte di giornali e periodici è stata riconosciuta anche dagli studiosi di linguistica e lessicologia, facendone oggetto di studi e ricerche. È proprio questa funzione informativa e divulgativa svolta dai giornali che assegna loro un ruolo di «camera di compensazione» nell’ampio processo di rinnovamento lessicale, sia per i termini che provengono dai settori specialistici e rifluiscono nel lessico d’uso comune, sia per le parole straniere che tendono a diffondersi in ambito internazionale e a impiantarsi più o meno stabilmente nei lessici nazionali. Su un altro versante, scienziati e tecnologi hanno necessità di comunicare in modo efficace, rapido e preciso con i loro colleghi stranieri, prescindendo dalle limitazioni imposte dalle lingue, dallo spazio e dal tempo. L’inglese, adottato in un primo tempo dalla comunità internazionale degli scienziati e dei tecnologi, è presto diventato anche la lingua del-l’informatica e delle telecomunicazioni e, successivamente, la lingua dell’economia e della rete telematica: due settori che si sono sempre più affermati come sistema circolatorio e nervoso del mondo globalizzato.
Gli internazionalismi. – Uno dei fenomeni che si è amplificato nei primi due decenni del 21° sec. consiste nella proliferazione di neoformazioni internazionali, caratterizzate da due tratti principali: la simmetria denominativa e la diffusione simultanea. Si tratta di parole o espressioni nuove, analizzate e classificate con il nome di internazionalismi, che adattano o ricalcano in vario modo elementi lessicali di matrice inglese o angloamericana, soprattutto negli ambiti della tecnologia, dell’economia, dei grandi eventi di portata mondiale, ma anche con riferimento a esperienze della vita quotidiana che tendono a somigliarsi sempre di più in ogni luogo del pianeta. L’esempio più eloquente è la stessa globalizzazione, ma si pensi anche ad altre espressioni che circolano ormai comunemente nelle varie lingue, a partire da una comune matrice angloamericana: bolla finanziaria (da financial bubble), divario digitale (da digital divide), fuoco amico (da friendly fire), nativo digitale (da digital native), pistola fumante (da smoking gun). Sono tutte espressioni alle quali l’orecchio dei parlanti italiani si è ormai assuefatto e che risultano pienamente conformi ai criteri di formazione lessicale dell’italiano ma che, al vaglio di una considerazione più attenta, mostrano una certa singolarità nell’abbinamento dei referenti, che lascia trapelare l’estraneità della loro matrice culturale. Uno degli scenari possibili, che è stato delineato richiamando peraltro il passaggio dalle lingue parlate nei vari Stati dell’Italia preunitaria all’italiano come lingua nazionale, è la promozione di una sempre più diffusa conoscenza e pratica della lingua inglese a livello internazionale, ma senza prevedere alcuna rinuncia all’identità culturale e linguistica delle diverse nazioni e dei popoli che le compongono (De Mauro 2014, pp. 82-83). Questa posizione costituisce anche una motivazione culturale alla scelta di diffondere progressivamente l’insegnamento universitario in lingua inglese delle discipline scientifiche nei diversi contesti nazionali (cfr. Fuori l’italiano dall’università?, 2013; Villa 2013) e, indubbiamente, contribuirebbe a favorire lo scenario di una effettiva integrazione democratica tra popoli diversi. Molti studiosi si sono tuttavia chiesti se la sempre più ampia circolazione dell’angloamericano possa comportare cambiamenti strutturali nelle diverse lingue nazionali.
I calchi sintattici e i prestiti integrali. – Per quanto riguarda l’italiano, anche i linguisti che sostengono che l’influenza dell’inglese sulla struttura dell’italiano contemporaneo rimanga circoscritta, sottolineano l’apprezzabile impatto quantitativo sul lessico, non tanto per il numero di prestiti non adattati che fanno il loro ingresso nella lingua, ma soprattutto per i calchi sintattici che tendono a introdurre, riproducendola di soppiatto, la struttura dell’inglese (Renzi 2012, p. 75). Basti pensare a locuzioni come geneticamente modificato (da genetically modified), ecologicamente sostenibile (da ecologically sustainable) o eticamente sensibile (da ethically sensitive), che antepongono l’elemento che determina a quello determinato, alterando la sequenza abituale delle locuzioni italiane. Soffermandosi più propriamente sui prestiti integrali, che non necessariamente imbarbariscono la lingua che li riceve, ma anzi possono anche arricchirla, altri studiosi pongono l’attenzione sul rischio che possano falsare la correttezza e la dimensione sociale della comunicazione e della comprensione. Si pensi, per es., all’uso spropositato di anglicismi da parte della pubblica amministrazione, anche per l’erogazione di servizi essenziali, e alla conseguente opacità agli occhi di molti cittadini. Sarà sufficiente ricordare espressioni come day hospital (per «ricovero diurno»), day surgery («chirurgia di un giorno», che può eventualmente prevedere un pernottamento nella struttura ospedaliera), digital champion («promotore dell’agenda digitale», figura istituita dalla Commissione europea nel 2012 per favorire la diffusione delle risorse informatiche in ciascuno degli Stati membri), flat tax («tassa uniforme», letteralmente «tassa piatta»: modello fiscale che prevede un’aliquota unica per tutti i contribuenti), quantitative easing («facilitazione quantitativa» o anche «allentamento o alleggerimento quantitativo», che consiste nell’immissione di liquidità finanziaria in un sistema economico), spending review («revisione della spesa», con particolare riferimento alla spesa pubblica). «In tal modo, si finisce per contraddire quell’esibizione di presunta cultura cosmopolita del locutore, che in teoria dovrebbe giustificare l’adozione del prestito. Si finisce, cioè, per far la figura un po’ ridicola di quelli che citano, storpiandole, celebri frasi latine» (Bertinetto 2012, p. 349). L’insofferenza provocata da un uso paradossale dei prestiti integrali costituisce un terreno fertile per la proposizione di una nuova coscienza linguistica, liberata da un falso senso di colpa dovuto all’autarchia e al provincialismo di regime, che ha trovato espressione pubblica in petizioni o appelli lanciati attraverso la rete telematica per riappropriarsi di espressioni autoctone equivalenti, appelli spesso largamente condivisi e sostenuti da molti mezzi d’informazione e anche dalle sedi istituzionali preposte alla promozione della lingua italiana. Il cambiamento di prospettiva si può riconoscere in un intervento di Luca Serianni al Convegno La lingua italiana e le lingue romanze di fronte agli anglicismi (Firenze, Accademia della Crusca, 23-24 febbraio 2015), in cui lo studioso ha sostenuto che una possibile politica linguistica non coincide necessariamente con posizioni puristiche o nazionalistiche, ma trova linfa nel rispetto della propria identità linguistica e culturale. D’altra parte, è posizione ormai largamente condivisa che una corretta evoluzione della lingua non possa dipendere soltanto da interventi esterni, ma soprattutto dalla responsabilità individuale di ciascuno dei parlanti nell’uso consapevole della lingua.
Bibliografia: Nuove parole italiane dell’uso II del Grande dizionario italiano dell’uso, ideato e diretto da T. De Mauro, con la collaborazione di G.C. Lepschy, E. Sanguineti, Torino 2007; Il Vocabolario Treccani. Neologismi. Parole nuove dai giornali, direz. scientifica G. Adamo, V. Della Valle, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2008; F. Marri, Neologismi, in Enciclopedia dell’italiano, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2010, pp. 945-47; P.M. Bertinetto, L’inglese, la linguistica e il livello del colesterolo: sulla questione dei prestiti nel linguaggio scientifico, in Lingua italiana e scienze. Atti del Convegno internazionale (Firenze, Villa Medicea di Castello, 6-8 febbraio 2003), a cura di A. Nesi, D. De Martino, Firenze 2012, pp. 337-56; P. D’Achille, Parole nuove e datate. Studi su neologismi, forestierismi, dialettismi, Firenze 2012; L. Renzi, Come cambia la lingua. L’italiano in movimento, Bologna 2012; M.L. Villa, L’inglese non basta. Una lingua per la società, Milano 2013; Fuori l’italiano dall’università? Inglese, internazionalizzazione, politica linguistica, a cura di N. Maraschio, D. De Martino, Roma-Bari 2013; T. De Mauro, In Europa son già 103. Troppe lingue per una democrazia?, Roma-Bari 2014.