neoidealismo
Termine con cui si indica una serie di posizioni e di orientamenti filosofici che riprendono e svolgono variamente alcuni temi dell’idealismo tedesco, soprattutto di Hegel. Più in partic., con questo termine vengono designati due movimenti di pensiero che si svilupparono, uno nell’area culturale angloamericana e l’altro in quella italiana, tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento. Con The secret of Hegel (2 voll., 1865), Stirling diffuse largamente in ambiente britannico la filosofia hegeliana, presentata come il perfezionamento del pensiero di Kant, in funzione antipositivistica e antievoluzionistica. Sempre nel quadro della reazione polemica contro il positivismo si collocò la riflessione di Green (Introduzione alla edizione di A treatise on human nature di Hume del 1874; Prolegomena to ethics, post., 1883, trad. it. Etica) che si esplicava in una critica totale di ogni empirismo ed evoluzionismo: solo la coscienza eterna, di cui le singole coscienze sono le manifestazioni concrete, è condizione necessaria della molteplicità. Il maggiore rappresentante del n. inglese fu Bradley: in Appearance and reality (1893; trad. it. Apparenza e realtà), la sua opera più celebre e controversa, egli prendeva le mosse da un radicale scetticismo nei confronti dell’esperienza, intrinsecamente contraddittoria, per postulare l’esistenza di un assoluto quale risoluzione di tutte le contraddizioni del finito. Tale formulazione dell’assoluto, tuttavia, apparve ad altri importanti interpreti del n. inglese (Bosanquet, The principle of individuality and value, 1912; MacTaggart, The nature of existence, 2 voll., 1921-27, trad. it. La natura dell’esistenza) alquanto distante dalla dialettica hegeliana del finito e dell’infinito: se Hegel aveva teso a dimostrare la razionalità del finito, Bradley giungeva a una svalutazione del finito, risolvendolo in maniera piuttosto platonica e mistica nell’assoluto. Royce può senz’altro considerarsi il più importante esponente del n. negli Stati Uniti, dove il pensiero di Hegel fu inizialmente divulgato da W.T. Harris, autore, tra l’altro, di un’esposizione della Logica hegeliana (Hegel’s logic, 1890). Nella sua opera fondamentale, The world and the individual (2 voll., 1900-01; trad. it. Il mondo e l’individuo), Royce sviluppò il suo idealismo arricchendolo originalmente con il pragmatismo di Peirce e di W. James: l’intento di fondo della sua speculazione consisteva nel definire un assoluto nel quale non si annullassero le concrete differenze individuali. In Italia il centro di studio e di diffusione dell’idealismo fu, nella seconda metà dell’Ottocento, Napoli; principalmente per opera di Vera (Introduction à la philosophie de Hegel, 1855), di De Sanctis (per quanto riguarda l’Estetica hegeliana) e di Spaventa, che elaborò una riforma dell’hegelismo in senso marcatamente soggettivistico (Le prime categorie della logica di Hegel, 1864; Principi di filosofia, 1867, ripubblicato nel 1911 a cura di Gentile con il titolo Logica e metafisica): distinguendo idea-natura-spirito, Hegel mostrava, secondo Spaventa, di non avere conseguito la perfetta identità di Io e non-Io, di non avere del tutto «mentalizzato» il reale, ossia di non averlo completamente ridotto alla coscienza. Tale interpretazione dell’idealismo fu radicalizzata da Gentile – insieme a Croce il maggiore rappresentante del n. italiano – il cui «attualismo» negava qualunque residuo oggettivo di un essere estraneo al pensiero: tutto deve risolversi nell’immanenza dello spirito, inteso come atto del pensare, infinito, libero e creatore di sé (La riforma della dialettica hegeliana, 1913; Teoria generale dello spirito come atto puro, 1916). A una simile formulazione soggettivistica dell’idealismo, Croce contrappose la propria riforma della dialettica hegeliana, innestando l’opposizione all’interno del limpido sistema di distinzioni concettuali della sua filosofia dello spirito. L’idealismo crociano si configurava in questo modo come uno «storicismo assoluto» rigorosamente immanentistico («la vita e la realtà è storia e nient’altro che storia»; La storia come pensiero e come azione, 1938): l’unica realtà è lo spirito che viene liberamente svolgendosi.