NEOFITO (da νέοϕυτος "neo-piantato")
Il termine, adoperato già nella versione dei Settanta, appare in S. Paolo col significato tecnico di "battezzato da poco" I Tim., III, 6.
Per spiegarsi quest'accezione metaforica del termine nella Chiesa primitiva, giova ricordare un simbolismo analogo in Rom., VI, 5-6 (contesto battesimale, dove troviamo σύμϕυτοι) e I Cor., III, 6 (dove l'apostolo dice: ἐγὼ ἐϕύτευσα). L'immagine medesima, evidentemente di rimando e in dipendenza dai passi paolini, è in S. Gregorio Magno, Epist., V, 53: "adhuc noviter... plantatus in fide".
Nel cit. I Tim., III, 6 col termine appare una norma gerarchica che resterà in perpetuo nella Chiesa: cioè che non sia promosso al sacerdozio chi è ancora fresco di battesimo. Così, dal can. 2 del concilio di Nicea sino a oggi; cfr. Codex Iunis Canonici, can. 987, par. 6, dove, peraltro, la questione è rimessa al giudizio del vescovo, data anche la diversa disciplina vigente circa l'età del battesimo e la conseguente rarità del caso. Eccezione famosa, e che non passò senza contestazioni in seguito, fu la consacrazione di S. Ambrogio (v.). Negli ordinamenti liturgici primitivi, nelle opere pastorali dei Padri e nelle memorie della Chiesa antica, molto c'è che riguarda i neofiti; e mentre essi rimanevano tali, e duravano i cosiddetti dies neophytorum, erano oggetto di speciali premure e provvidenze. Così, nelle iscrizioni cristiane non raramente s'incontra la qualifica di neofito (v. indici del Corpus Inscriptionum Latinarum; per es. il vol. VI).
In Roma, per i casi di conversione e battesimo di adulti, fu aperta e protetta dai papi la "casa dei neofiti".