NEMOURS (A. T., 32-33-34)
Cittadina della Francia centrale, nel dipartimento di Seine-et-Marne, nella valle del Loing, affluente della Senna; conta 5118 abitanti. È situata sulla ferrovia che da Parigi conduce a Nevers (km. 254).
Trae origine dall'agglomerato formatosi intorno a un oratorio che venne fondato verso la metà del sec. XII per accogliere le reliquie di S. Giovanni Battista portate dall'Oriente da due religiosi. La fondazione dell'oratorio avvenne a opera di Gualtiero I, ciambellano di Luigi VII. Incendiata nel 1358 da Carlo il Malvagio durante la guerra dei Cent'anni, poi nel 1420 dagl'Inglesi e ancora dai Francesi nel 1437, la città è celebre per il trattato che vi fu firmato il 7 luglio 1585, durante le guerre di religione.
I duchi di Nemours.
La prima stirpe signorile, che tragga il suo titolo da Nemours discende da Gualtiero I, sire di Nemours e ciambellano del re Luigi VII, che egli accompagnò nella seconda crociata: egli aveva avuto la terra di Nemours per mezzo della sua prima moglie, Aveline, morta nel 1196. Furono anche ciambellani del re di Francia Filippo II, detto di Nemours, e Gualtiero II, detto di Villebéon. I figli di Gualtiero II, Gualtiero III e Giovanni, canonico di Tours, vendettero i loro diritti sulla signoria di Nemours a S. Luigi e a Filippo l'Ardito. La terra di Nemours, già eretta in contea nel 1364, fu trasformata in ducato-paria da Carlo VI a favore di Carlo III il Nobile, re di Navarra, il 9 giugno 1404; venne riunita di nuovo al demanio regio dal 1425 al 1462, quando Luigi XI elevò la signoria di Nemours a ducato e ne investì Giacomo d'Armagnac, al quale concesse anche la mano di sua cugina Luisa. Ma Giacomo aderì alla Lega del bene pubblico e mise a ferro e fuoco la Champagne. Uscito dalla guerra a mani vuote, si schierò con Carlo il Temerario. Ma dopo la pace (13 settembre 1475) tra il re e il Temerario, fu preso e decapitato a Parigi (4 agosto 1477) e i suoi beni furono divisi tra i favoriti di Luigi XI. Discendente del duca di Berry e di Giacomo di Borbone, ereditò il fasto tradizionale della sua casa, e fu mecenate e bibliofilo appassionato. Terzogenito di Giacomo fu Luigi d'Armagnac, duca di N., che, imprigionato nella Bastiglia in età tenerissima per le colpe del padre, ne uscì dopo la morte di Luigi XI. Godette grande prestigio alla corte di Luigi XII. Fu alla testa dell'esercito che scese nel Napoletano per occupare il territorio assegnato alla Francia dal trattato di Granata. Ebbe il governo del reame di Napoli col comando supremo militare e col mandato di trattare qualsiasi affare inerente all'impresa. Ma, poco ubbidito dai gregarî, che preferivano a lui il D'Aubigny, fu causa di discordia nel campo e d'incoraggiamento agli Spagnoli a violare il trattato. Quando il D'Aubigny cadde prigioniero a Seminara, Luigi di N. tentò di aprirsi il varco, avanzando nella pianura di Cerignola; venuto a nuova battaglia col nemico, cadde sul campo (28 aprile 1503).
Alla sua morte divenne duca di N. Pierre de Rohan, maresciallo di Gié, che aveva sposato Margherita, erede del ducato. Essendo caduto in disgrazia, nel 1504 il ducato fu incorporato nella corona. Nel 1506 Luigi XII, in cambio della viscontea di Narbona, cedette Nemours al nipote Gastone di Foix, ucciso nella battaglia di Ravenna (1512). Francesco I trasmise il ducato nel 1515 a Giuliano de' Medici, marito della propria zia Filiberta di Savoia; poi, nel 1528 al proprio zio Filippo di Savoia, marito di Carlotta d'Orléans. Figlio di Filippo fu Giacomo di Savoia, duca di N. Nato nel 1531 nell'abbazia di Valuisant (Champagne), valoroso e saggio, scrittore e poeta, diede le prime prove di valore all'assedio di Lens; difese Metz bloccata da Carlo V; insofferente della vita pacifica, dopo la tregua del 1555 si batté col marchese di Pescara. Nelle guerre di religione fu un ardente seguace del duca di Guisa, al quale si rese utilissimo nelle ricognizioni per sventare il complotto d'Amboise. Durante la sorpresa di Meaux (26-28 settembre 1567), s'impose perché il re si ritirasse a Parigi, e lo salvò scortando il reggimento svizzero. Sarebbe riuscito a schiacciare i protestanti, se il Cossé avesse seguito il suo consiglio di assalirli prima dell'arrivo dei Tedeschi. Così nel 1569 non riuscì a sbarrare la strada all'armata tedesca del duca di Due-Ponti, per divergenza di vedute col duca d'Aumale. Allora si ritirò nel suo ducato di Genevois, cercando un conforto nelle lettere e nelle arti. Lealista e cattolico convinto, alla fine non credette più al disinteresse dei Guisa; sentì, quindi, disgusto della politica e raccomandò ai figli di non prendere parte alla lega. Morì ad Annecy il 25 giugno 1585. Gli succedette nel titolo il primogenito Carlo di Savoia, il quale fu zelante partigiano dei Guisa. Arrestato a Blois, raggiunse i leghisti a Parigi; nel 1588 ottenne il governo del Lionese. Alla ripresa delle ostilità seguì Mayenne, e partecipò alla battaglia d' Ivry (14 marzo 1590). Due mesi dopo, ebbe da Mayenne la carica di governatore di Parigi. Giovane di appena ventidue anni, con inflessibile energia organizzò la difesa e represse la sollevazione della "giornata del pane" (8 agosto 1590). Divenne però ben presto fautore di trattative con Enrico IV, dimostrando, nello stesso tempo, grande ambizione. Il 12 novemhre, gli abitanti di Saint-Flour lo proclamarono "gouverneur et lieutenant général au gouvernement de Beaujoullois, Bourbonois, Haulte et Basse Marche, Forez". Mirava a un principato: il luogotenente del Delfinato gli cedette Vienne, il duca di Savoia lo incitò a invadere il Delfinato e gli diede rinforzi con cui prese Saint-Marcellin e Les Echelles (4 agosto 1592). Ma il suo manifesto disprezzo per le libertà municipali, disprezzo che, insieme con le misure oppressive, rivelava la sua mentalità di tiranno, fece sollevare la popolazione. Il 20 settembre 1593, Carlo fu preso e chiuso nel castello di Pierre Encize. Mayenne aveva aiutato i ribelli. Liberatosi dalla prigionia, con tremila svizzeri del duca di Savoia, Carlo fece irruzione nel Beaujolais, nel Forez e nel Lionese. Ma il Montmorency gli strappò Vienne che era la sua piazza d'armi e le città di Thoissey, Feurs e Montbrison (23 aprile 1595). Alla vigilia della rovina si spense (15 aprile 1595).
Alla sua morte divenne duca di N. suo fratello Enrico. Nato nel 1572, ebbe nel 1588 dal duca di Savoia un esercito con cui conquistò il marchesato di Saluzzo; più tardi entrò nella lega, ottenendo il governo del Delfinato (1591). Nella guerra tra Enrico IV e il duca di Savoia, rimase neutrale; in quella tra il duca di Savoia e la Spagna, sebbene promettesse al duca di condurre in suo aiuto un esercito, si ritirò nella Borgogna. Nel 1618 sposò la figlia del duca d'Aumale, Anna di Lorena. Morì nel 1632. Fu suo figlio Carlo Amedeo di Savoia duca di N., nato nel 1624. Per volontà dell'amante, la duchessa di Châtillon, egli entrò nel partito della Fronda; morì ucciso in duello da suo cognato duca di Beaufort nel 1652. Alla sua morte, suo fratello Enrico II di Savoia, duca di N., nato nel 1625, era già arcivescovo di Reims quando lasciò la carriera ecclesiastica e sposò Maria d'Orléans (1657) da cui non ebbe figli. Con lui quindi si estinse il ramo dei Savoia-Nemours.
Il ducato passò in seguito a Filippo d'Orléans e la casa orleanese lo tenne fino alla Rivoluzione. Nel secolo XIX, il titolo fu rimesso in vigore a favore del secondogenito di Luigi Filippo d'Orléans, re dei Francesi nel 1830. L'ultimo duca di N., Luigi Carlo Filippo Raffaele d'Orléans (v.), maresciallo di campo, che, eletto re dei Belgi il 3 febbraio 1831, non accettò la corona, morì il 26 giugno 1896, lasciando due figli: Gastone, conte d'Eu, Ferdinando, duca d'Alençon, e una figlia.
Bibl.: G. Estournet, Origine des seigneurs de Nemours, Fontainebleau 1912; R. Bazin, Le duc de Nemours, Parigi 1907. Per Giacomo d'Armagnac: B. de Mandrot, Jacques d'Armagnac, duc de Nemours, in Revue historique, XLIII (1890); per Luigi d'Armagnac: H. Lemonnier, Les guerres d'Italie. La France sous Charles VIII-Louis XI et Francois Ier, in E. Lavisse, Hist. de France, V, i, Parigi s. a., pp. 40-62. Per il maresciallo di Gié: De Maulde, Procédures politiques, in Collection des documents inédits, 1885; Lemonnier, op. cit.; su Giacomo di Savoia: J. H. Mariéjol, La Réforme e la ligue. L'édit de Nantes, in E. Lavisse, Hist. de France, VI, i, Parigi s. a., passim. Su Carlo di Savoia: bibl. alle voci enrico iv; lega, XX, p. 736 segg.