NEMESI (Νέμεσις, Neměsis)
Divinità ellenica che insieme a Themis, Ate, Tyche, Heimarmene e le Moirai, impersona alcuni aspetti del senso di giustizia, della retribuzione e del destino degli uomini. Tra queste figure affini o addirittura parallele, N. sembra abbia riservate le funzioni di giustizia punitiva e di restituzione dell'ordine compromesso dalla Hybris.
1. - Nel mondo omerico N. compare non già come una personalità divina concreta, ma piuttosto come una necessità etica o come uno stato d'animo degli dèi o di qualche particolare personalità divina. Per contro già in Esiodo essa rientra nelle genealogie divine ed è detta figlia di Nyx insieme ad Apate, Eris, Philotes e Geras. In questo periodo tuttavia è da ritenere che si tratti ancora di una concezione astratta senza alcun appoggio ad aspetti precisi di culto o di iconografia.
Apparentemente è in ambiente ionico che N. comincia ad avere una consistenza più precisa. Se già Esiodo aveva parlato di Aidos e di N. come dei supporti morali più validi e più necessari per la vita umana, nei Kỳpria sembra si delinei con le nozze di Zeus e di N. una delle cause fatali della dissoluzione del mondo o almeno il mondo dell'età eroica. N. sarebbe infatti la vera madre di Elena, come Pandora causa di infiniti mali alla umanità, è per molti aspetti voluta dagli dèi appunto come un flagello, al pari del diluvio o altre distruzioni spettacolari.
Le opinioni degli studiosi variano sulla maggiore o minore antichità della tradizione che assegna N. come madre di Elena invece di Leda, che ne sarebbe solamente la nutrice. Resta il fatto che Omero non nomina una madre di Elena: mentre il motivo del concepimento miracoloso da un cigno e della nascita da un uovo si svolge parallelamente nelle due favole, arricchito nel caso di N., di un arcaico motivo favolistico di inseguimento d'amore attraverso varie trasformazioni animalistiche sino a che la dea in aspetto di cigno è posseduta da Zeus anch'egli così trasformato.
Ancora in Ionia, a Smirne veniva situato il più antico centro di culto della dea, in cui esistevano agàlmata arcaici, opera o per lo meno connessi con sculture delle Canti dovute a Boupalos. Il passo non è di estrema perspicuità: e inoltre le immagini che appaiono sulle monete di Smirne mostrano due figure parallele - a Smirne infatti la divinità è sempre geminata - in convenzionale vestito ellenistico. Di conseguenza l'inquietante problema se l'opera di Boupalos in Asia Minore sia da fissare in età tarda e con aspetti arcaizzanti torna ancora una volta a presentarsi in considerazione del peculiare aspetto delle Nemeseis. Dopo questo dato non completamente rassicurante la notizia più antica che possediamo sul Nemeseion di Smirne è quella di una visione in sogno di Alessandro da porre in relazione con la riedificazione della città e attestata anche su monete di Smirne.
Si può quindi rilevare che lo stesso sdoppiamento della divinità accentua il carattere astratto e simbolico delle divinità di Smirne. Nè sapremmo attribuire a queste due fatali sorelle la drammatica avventura d'amore di N. cigno e madre di Elena che troviamo invece fermamente localizzata a Ramnunte. La piccola città attica avrebbe infatti rappresentato il luogo del supremo incontro con Zeus, e N. stessa è correntemente detta Rhamnousia.
2. - Negli strati più profondi del tempio di Ramnunte sono state rinvenute una statuetta femminile in trono, una peplophòros di stile severo e una statua arcaizzante. È incerto peraltro se queste debbano veramente essere intese come immagini della dea. E in definitiva la più antica figurazione di N. che ci sia giunta è la grande scultura di Agorakritos, in parte conservata e nota anche attraverso minute descrizioni degli antichi. Una possibile replica completa della figura è stata riconosciuta da A. Furtwängler nella colossale Demetra della Rotonda Vaticana, limpida e serena figura in peplo attico a cui doveva sovrapporsi l'elaborato simbolismo della corona di cervi e di figure alate che s'incontra in una immagine classicistica di Monaco.
Anche per gli antichi l'immagine di Ramnunte poteva affiancarsi a tipi di Afrodite: Plinio anzi narra (Nat. hist., xxxvii, 17) che Agorakritos avrebbe inteso in un primo tempo creare una statua di Afrodite e che in un secondo tempo soltanto venne dedicata come Nemesi. In ogni modo accenni alla terribile funzione di punitrice della dea si sono voluti vedere anche nelle teste di negro che decoravano la patera o nella leggenda che il blocco di marmo da cui la statua venne tratta fosse stato abbandonato dai Persiani nella loro rotta dopo Maratona.
Alla notorietà di una commedia di Kratinos sembra si debba attribuire l'immensa popolarità delle figurazioni della miracolosa nascita di Elena nella ceramica attica. J. D. Beazley osserva che nessuna delle figurazioni è più antica del 430 a. C., data della commedia: per contro la popolarità della storia continua anche nella ceramica italiota ed etrusca. Tuttavia è incerto se N. appaia mai in queste figurazioni che riguardano piuttosto il ritrovamento del grande uovo sull'altare alla presenza di Leda e di altri personaggi. N. del resto non ha caratteri distintivi in questo momento e solo il nome la distingue accanto a Peitho ed Heimarmene nel noto anforisco di Berlino con la storia dell'incontro tra Elena e Paride (v. heimarmene, pittore di).
Tipologicamente possono affiancarsi alla statua di Agorakritos immagini come la statua in peplo da Corinto risalente allo stesso archetipo delle due statuette di Olimpia. Peraltro non è affatto sicuro che l'archetipo da cui queste figure derivano abbia già così rappresentato la dea alla metà del V sec. a. C. E la stessa incertezza esiste per la peplophòros alata di Cirene nota come Nike di Beda, o per la stessa Leda di Timotheos che A. Furtwängler riteneva poter chiamare Nemesi. Mentre senza fondamento è l'assegnazione a questa divinità di un tipo di peplophòros degli inizi del IV sec. a. C. noto attraverso una serie di repliche di cui uno con gli attributi di Igea.
3. - In età ellenistica si inizia una nuova fase del culto e della concezione stessa della divinità. A lato di Tyche, che in questo momento diviene la personalità dominante del pantheon alessandrino e in generale del mondo ellenistico, N. e il suo culto assumono un'importanza sempre maggiore nel mondo mediterraneo. Si tratta naturalmente di una divinità del tutto diversa dalla dea di Ramnunte. Per molti aspetti anzi N. ci appare piuttosto come un dèmone, di cui è opportuno conciliarsi i favori, che come una divinità vera e propria. Di conseguenza il culto di N. assume anche carattere magico e propiziatorio e viene ad essere sempre più legato alle necessità degli innamorati, degli avventurieri e dell'arena. Relativamente rare o incerte sono quindi le grandi immagini statuarie, mentre rilievi votivi, dediche, monete e pietre incise di possibile intenzione magica riportano assai di frequente questa divinità.
N. non ha più quasi dei caratteri primarî distintivi, anche perché così di frequente viene a sovrapporsi o a fondersi con altre figure divine quali Tyche, Iside, Vittoria, Psyche. Per contro si moltiplicano gli attributi esteriori simbolici, le ali, la ruota, la bilancia, il grifo o il carro di grifi, la spada, a volte la frusta, e persino il tridente dei gladiatori. A volte ha grandi ali e lunghe vesti come Nike, a volte ha piccole ali arcuate e si libra su una ruota che gira vorticosa come Kairòs, in vesti succinte come Artemide o come le cacciatrici infernali, Erinni o Lase. N. è figurata in modesti rilievi provinciali incoronante i vincitori negli agoni, e alle volte quasi si sostituisce ad Afrodite in numerose storie d'amore. Nelle Metamorfosi di Ovidio è N. che condanna Narciso a morir d'amore per la sua propria immagine. E ugualmente N. apparirebbe secondo L. Curtius in una nota edizione pompeiana del ritrovamento di Arianna per parte di Dioniso. Nel famoso cratere Chigi, così come in un altare degli Uffizi (n. 225), N. figura in contrapposizione ad Elpis in complicate allusioni simboliche relative alla storia di Psyche. Mentre alcune tarde figurazioni su gemme hanno fatto pensare addirittura a una fusione o a uno scorrimento della personalità di N. su quella di Psyche.
4. - Accanto a queste figurazioni incerte o anche simboliche - a volte N. è figurata addirittura come un grifo femmina appoggiata a una ruota - certi aspetti del culto di N. nel tardo Impero sembrano rivelare un carattere centrale e quasi cosmico nella divinità. N. è detta Θεὰ Μεγάλη, Μεγίστη, Κυρία, Regina e in un passo di Macrobio posta accanto ad Helios. E un singolare rilievo votivo di Brindisi, datato in tarda età romana, ce ne offre una immagine singolarissima come un grande idolo frontale attorniato da piccole Vittorie e trionfante sulla piccola figura umana accosciata che essa calpesta. B. Schweitzer ritiene di poter vedere una statua di culto di gusto orientale in questa immagine irrigidita e ieratica che per il pòlos, il velo aperto sul dorso e la corona di figurine volanti si affianca ad immagini della classe dell'Artemide di Efeso.
Monumenti considerati. - Statua di Ramnunte, v. agorakritos. Monete di Smirne con le "Nemeseis" e monete di Smirne con il sogno di Alessandro: Cat. Greek Coins of Ionia. British Museum, 1892, Tav. xxix, 14 e 16. Demetra Vaticana, Rotonda n. 542: Brunn-Bruckmann, 172. Artemide di Monaco n. 214: Hundert Tafeln, Tav. 35. Peplophòros Corinto-Olimpia: Amer. Journ. Arch., xxxix, 1935, p. 67 ss.; replica Salone Capitolino n. 29: H. Stuart Jones, Cat. Anc. Sculptures, Museo Capitolino, Oxford 1912, p. 293. Nìke di Beda: E. Paribeni, Cat. Sculture di Cirene, Roma 1959, n. 137. Leda di Timotheos: G. Lippold, Handbuch, Monaco 1950, p. 221. Peplophòros Nemesi: id., ibid., p. 240. Nemesi-Erinni altare di Thasos: Jahrbuch, xlvi, 1931, p. 209. Cratere Chigi: F. Matz-F. Duhn, Die antiken Bildwerke in Rom, Lipsia 1881, n. 3687. Altare di Firenze: G. A. Mansuelli, Gallerie degli Uffizi, Le Sculture, Roma 1958, pag. 217, n. 225. Nemesi grifo: The Brooklyn Museum Bull., xvii, 1956, p. 1. Nemesi alata nel IV sec. a. C.: rilievo da Ramnunte: B. Ashmole, in Ned. Kunsth. Jaarboek, v, 1954, p. 91 ss. Rilievi di Brindisi: Jahrbuch, xlvi, 1931.
Bibl.: H. Posnansky, Nemesis u. Adrasteia, Breslavia 1890; L. T. Farnell, The Cults of the Greek States, II, 1896, p. 487 ss.; Roscher, III, 1897-909, pp. 117, 143; P. Perdrizet, in Bull. Corr. Hell., XXII, 1898, p. 599 ss.; XXXVI, 1912, p. 248 ss.; F. Chapoutier, in Bull. Corr. Hell., XLVIII, 1924, p. 287; H. Volkmann, in Archiv f. Religionwiss., XXVI, 1928; H. Herter, in Pauly-Wissowa, XVI, 1933, c. 2338 ss.; B. Schweitzer, in Jahrbuch, XLVI, 1931, p. 174 ss.; J. D. Beazley, Etr. Vase-paint., p. 39 ss.; K. Kerenyi, Die Geburt der Helena, Zurigo 1945; Ch. Picard, in Rev. Arch., 1950, p. 191; K. Kerenyi, Mythologie der Griechen, Zurigo 1951, p. 105; B. Ashmole, in Ned. Kunsth. Jaarboek, V, 1954, p. 91 ss.