Risi, Nelo
Poeta, regista e sceneggiatore cinematografico, nato a Milano il 21 aprile 1920. Fra i poeti della generazione post-ermetica, di fine ingegno e cultura, rispettoso di sé, dei lettori e degli spettatori nella scelta degli argomenti, ha prodotto un cinema che anche nelle opere maggiormente narrative appare lontano dalla finzione e incentrato su episodi di vita vissuta, secondo una 'poetica dell'usuale' (la definizione è dello stesso R.) che pare adattarsi particolarmente bene al teleschermo, il quale infatti ha spesso accolto i suoi contributi (medaglioni storici, inchieste, fiction). Quasi sempre sceneggiatore (spesso in collaborazione) dei film diretti, ha ricevuto due Nastri d'argento, nel 1960 per la regia del cortometraggio I fratelli Rosselli (1959) e nel 1970 (insieme a Fabio Carpi) per la sceneggiatura del film a soggetto Diario di una schizofrenica (1968).
Fratello minore del regista Dino, si laureò in medicina, ma si dedicò poi alla poesia, pubblicando libri che alla fermezza del giudizio sociale e morale uniscono a volte una tersa vena ironica (vanno ricordati almeno Polso teso, 1956, Pensieri elementari, 1961, Dentro la sostanza, 1965, Di certe cose che dette in versi suonano meglio che in prosa 1970, Amica mia nemica, 1976). Si accostò al cinema nel 1948 a Parigi (dove in quel periodo risiedeva), entrando a far parte di un gruppo di cineasti, guidato dagli statunitensi Richard Leacock e John Ferno e incaricato di documentare i disastri della Seconda guerra mondiale in Europa; tra i suoi lavori di quel periodo spicca Ritorno nella valle (1949), girato in Grecia. Tornato nel 1954 in Italia e fortemente influenzato dall'ammirazione per l'opera di Roberto Rossellini, tra il 1956 e il 1963 realizzò una ventina di apprezzati documentari su figure e momenti della storia del Novecento, politica (Enrico Fermi e Il delitto Matteotti, 1956; I fratelli Rosselli), economica (ELEA classe 9000, 1960; Elettricità romantica, 1961), artistica (Periferia di Sironi 1958), letteraria (La Firenze di Pratolini, 1963). Esordì nel cinema narrativo con Ragazze madri, episodio del film-inchiesta collettivo Le italiane e l'amore (1961). Nello stesso anno, con la serie storica Patria mia, avviò la sua lunga collaborazione con la RAI; al piccolo schermo furono destinati i suoi primi film: nel 1965 La strada più lunga, dal romanzo Il voltagabbana di D. Lajolo, due anni dopo Vivere insieme ‒ Difficile giudicare. Il suo primo lungometraggio per il cinema fu Andremo in città (1966), girato in Iugoslavia e ricavato dal romanzo autobiografico di E. Bruck, scrittrice ebrea di origine ungherese e moglie del regista, che racconta il viaggio di due fratelli verso un lager nazista (un bambino cieco e la sorella, interpretata da Geraldine Chaplin, la quale gli fa credere che una volta giunti in città verrà operato e riacquisterà la vista). Di particolare interesse, per l'esemplare analisi di un caso clinico e la tersa scansione del racconto, è Diario di una schizofrenica, storia di una guarigione ottenuta dalla psicoanalista svizzera M.A. Sechehaye, dal cui Journal d'une schizophrène è ricavata. Di più esplicita invenzione letteraria, ma sempre influenzato dallo studio di una nevrosi, è il thriller Ondata di calore (1970), girato in Marocco e tratto dal romanzo Dead of summer di D. Moseley. Delle esperienze africane del poeta A. Rimbaud tratta Una stagione all'inferno (1971). Persuasiva, rigorosa nella ricostruzione storica, elegante sul piano figurativo, connotata da una partecipe adesione al mondo oppresso è la visualizzazione di La colonna infame (1973), sul processo agli untori (1630) narrato da A. Manzoni nell'opera omonima e la cui sceneggiatura fu realizzata in collaborazione con Vasco Pratolini.Abbandonato il cinema, R. ha girato per la televisione numerosi film (tra cui Le città del mondo, 1975, dal romanzo di E. Vittorini) e documentari (tra cui Albert Speer, 1973). È temporaneamente tornato al grande schermo con Un amore di donna (1988), un melodramma romantico non particolarmente apprezzato dalla critica.