NEGEV
Territorio nello Stato d'Israele, situato a S della piana di Bč'er Šeba'. L'occupazione della regione nel Calcolitico (metà VI-prima metà del IV millennio a.C.) è testimoniata da un esiguo numero di villaggi di pastori con capanne e stazioni temporanee, ubicati probabilmente sulla via che conduceva alle miniere di rame nell'Aravah e nel Sinai meridionale. Il N. centrale è più densamente popolato, nel Bronzo Iniziale (inizî III millennio a.C.). La base economica è costituita dalla pastorizia e dall'agricoltura stagionale. Il numero degli insediamenti si accresce ulteriormente nel Bronzo Medio I (fine III-inizî II millennio a.C.), cui risalgono centinaia di siti di diverse dimensioni, ubicati sulle cime di colline e nelle valli di fiumi prosciugati. Le case sono a pianta circolare o rettangolare. L'economia è basata sull'allevamento, sull'agricoltura e sul commercio del rame e delle conchiglie provenienti dal Mar Rosso. Le sepolture erano praticate all'interno di grandi tumuli situati sulla sommità delle montagne.
Dopo una lunga interruzione il popolamento del N. centrale conosce un nuovo e maggiore impulso nell'Età del Ferro. Sono stati individuati c.a 50 insediamenti, alcuni dei quali sono stati oggetto di scavo. Tipiche del periodo in questione sono le «fortezze» a pianta ovale o rettangolare datate al X sec. a.C., situate lungo le vie mercantili e con un'economia basata sull'agricoltura stagionale. Secondo alcuni studiosi esse sarebbero state abitate da Israeliti. L'epoca achemenide è rappresentata da soli quattro siti. Data l'assenza di cisterne, si ritiene che tutti gli insediamenti dei periodi citati fossero di tipo stagionale.
Nel IV sec. a.C. la parte più densamente popolata è quella centrale montuosa. Nel 312 a.C., l'esercito greco diretto in Egitto e capeggiato da Antigono Monoftalmo attaccò i Nabatei che, secondo Ieronimo di Cardia desunto da Diodoro, vivevano nella regione a S del Mar Morto, che dovrebbe includere il N. centrale. Secondo questa fonte, la superiorità dei Nabatei consisteva nel fatto che essi erano in grado di abitare queste inospitali aree semidesertiche raccogliendo la scarsa acqua piovana in grandi cisterne intonacate la cui ubicazione era nota solo a loro.
All'inizio del IV sec. a.C., i Nabatei avevano fondato stazioni commerciali a Nessana (Niṣana, Νεσᾱνα), odierna 'Awğa el-Khafir, Oboda ('Avdat, 'Abde) ed Elusa (Ἕλουσα, Ḥaluṣa, el-Khalusa). Questa fase più antica è testimoniata dalla ceramica, da alcune monete e dalla più antica iscrizione votiva nabatea, rinvenuta a Elusa. Da questo periodo in poi, per c.a cinquecento anni, il florido commercio arabo di spezie aromatiche passò attraverso il N. per raggiungere i porti della costa SE del Mediterraneo e in particolare quello di Gaza. Per tutto il periodo ellenistico le varie operazioni commerciali si svolgevano in accampamenti di tende (Diod. Sic., XIX, 94, 3-4). All'inizio del I sec. a.C., in seguito alla conquista di Gaza da parte di Alessandro Ianneo, i Nabatei furono costretti ad abbandonare il N. centrale e non lo rioccuparono per gran parte del I sec. a.C.
La mancata conquista della Arabia Felix da parte dei Romani nel 25 a.C. (Strab., XVI, 4, 22-24) aprì un nuovo capitolo nella storia dei Nabatei nel N. centrale. I tre siti che erano stati già occupati nel periodo proto-nabateo (equivalente al periodo ellenistico) divennero importanti centri economici, cultuali e militari. Il più noto fra questi è sicuramente il sito di Oboda, scavato da A. Negev dal 1958 al 1961. Su un aspro sperone roccioso si ergeva un sontuoso tempio la cui base consisteva di un ampio podio. Di tale struttura, però, sopravvivono solo alcune parti a causa delle successive riedificazioni. L'intero sperone fu circondato da alte mura di sostruzione in conci di pietra sui lati N, S ed E fino a racchiudere un'area di c.a 50 x 60 m. La superficie rocciosa fu livellata e ricoperta in parte da un pavimento in pietra. A quest'ampia area sacra di c.a 3.000 m2 si accedeva da tre lati. Nell'angolo NE si trovava l'ingresso principale per i pellegrini costituito da una porta monumentale (6 x 5 m) coperta con archi. Non lontano sono stati scoperti resti di un bagno, un tipo di edificio consueto nei principali centri di culto nabatei. Altre due entrate, dalla pianta singolare, una delle quali si è conservata pressoché intatta, si trovavano agli angoli NO e SO del podio; esse consistevano in un'avancorte con pareti in muratura, ipetra nella parte centrale e con coperture laterali sorrette da quattro grossi pilastri agli angoli. Da ciascuna delle due corti si accedeva a un passaggio coperto con archi che, a sua volta, immetteva in una tipica scala nabatea a torre che conduceva al portico del tempio. Le due scale a torre, situate agli angoli dell'area sacra, svolgevano un ruolo importante nelle processioni solenni. Il portico si affacciava su un'ampia area aperta ed era pavimentato; entrambe le sue due file di colonne furono riutilizzate in epoca bizantina come accesso a una piccola chiesa e a un battistero. Il tempio vero e proprio, di cui restano poche vestigia, fu fatto costruire da Oboda III (30-9 a.C.), il re che diede il nome alla città, e che fu divinizzato dopo la sua morte e qui sepolto (Steph. Byz., s.v.). In seguito, nel III sec. d.C., il tempio fu ricostruito e dedicato a Zeus Oboda, che nell'area sacra condivideva il culto con Afrodite; secondo un'iscrizione rinvenuta fra i resti del tempio, a questa dea era dedicato un tempio rivestito di pietra bianca. Entrambi i templi sono datati da varie iscrizioni nabatee e bilingui greco-nabatee. Sempre al Tempio di Afrodite sono pertinenti l'ingresso principale, con tipici capitelli nabatei, e un architrave con otto iscrizioni dedicatorie in greco, di cui una risale al 267/268 d.C. e un'altra ricorda «tutti gli amici di Oboda». Fra i resti del tempio furono rinvenuti anche un altare per sacrifici di piccoli animali e due piccoli altari per incenso. Gli archi dell'ingresso SO, sopra ricordati, sorreggevano l'ambiente in cui era conservato il tesoro del tempio. Alla metà del I sec. d.C. il tempio fu distrutto e l'intera area ricoperta dai suoi resti. Il tesoro, oltre alle iscrizioni votive nabatee che ricordano il re Areta (9 a.C.-40 d.C.), comprendeva una discreta quantità di ceramica nabatea dipinta di fine qualità, ceramica aretina d'importazione, alcuni gioielli in oro e un tesoretto di figurine bronzee per lo più romane. Una lucerna bronzea romana recava un'iscrizione votiva nabatea. La raffinata decorazione architettonica, una delle più pregevoli mai prodotte dai Nabatei, venne in seguito ridotta in frammenti e riutilizzata per la costruzione delle pareti e del pavimento della chiesa, nascondendo però le parti decorate.
Nel pianoro a NE del tempio fu costruito un grande campo militare nabateo di tipo romano, di c.a 100 m di lato. La porta principale di questo campo, costruita in grossi conci politi, si trovava sul lato S in direzione della strada proveniente da Petra segnata da pietre miliari anepigrafi. Sia la via principalis che le strade perpendicolari E-O che la attraversavano, erano estremamente ampie e dividevano l'intera area in quattro settori ciascuno dei quali conteneva due caserme composte da dieci vani. Si edificarono inoltre altri quartieri lungo tutto il perimetro interno del campo. Le ampie strade dovevano probabilmente ospitare le stalle per i cammelli. Questo campo, costruito nell'ultimo quarto del I sec. a.C., fu abbandonato alla metà del I sec. d.C. Ai tempi di Diocleziano e Costantino si utilizzò quest'area come cava di pietre per la costruzione della piccola cittadella sull'acropoli.
Nella parte meridionale del pianoro, una grande area era riservata al pascolo dei cammelli, il più importante animale da soma e da cavalcatura, e all'allevamento delle pecore e delle capre che rappresentavano la principale fonte di cibo dei Nabatei.
Nella periferia orientale della città fu scoperta una bottega di vasaio che produceva buona ceramica nabatea dipinta o semplice. I ceramisti locali imitavano anche le sigillate e altre ceramiche romane di età antica. La datazione al periodo compreso tra Augusto e Claudio fu resa facile dal rinvenimento di numerose monete e di ceramica importata da quasi tutte le regioni dell'impero romano.
A Nessana, invece, fu scoperta una via sacra che dalla città bassa (non ancora scavata) conduceva all'acropoli dove, probabilmente, si trovava un tempio. Gli scavi, iniziati negli anni Trenta da una missione anglo-americana, sono poi stati ripresi da alcuni studiosi dell'Università Ben-Gurion e sono tuttora in corso.
A Elusa, dove A. Negev ha condotto alcune ricerche nel 1973, 1979 e 1980, è stato scoperto un teatro nabateo. Il teatro, con diametro di 35 m, ha una pianta tipica della prima età romana, con una cavea artificiale sorretta da due muri semicircolari che, al posto dei canonici vomitoria, contenevano un riempimento su cui poggiavano i gradini. La scenae frons era decorata con tipici capitelli nabatei. Da un'iscrizione greca che si riferisce al «vecchio teatro» apprendiamo che il pavimento fu rinnovato nel 454-455 d.C.
In nessuno di questi siti è stata mai rinvenuta un'area abitativa privata e ciò lascia pensare che nel periodo medionabateo, corrispondente alla prima età romana (c.a 30 a.C.-50/70 d.C.), i Nabatei abitassero ancora in tende.
Oltre ai tre siti principali, i Nabatei fondarono in questo periodo altre stazioni commerciali a Mampsis sulla strada della Arava, Sobata (Šivta, Isbeita) fra Oboda e Nessana, e un'altra a Reḥovot del Negev (di cui si ignora il nome antico, Khirbet Ruḥayba in arabo) fra Nessana ed Elusa. Eccetto Mampsis, questo periodo negli altri due siti è testimoniato quasi solo da monete e ceramica.
L'intero sistema carovaniero nabateo fu abbandonato alla metà del I sec. d.C. Nella stessa epoca infatti, come abbiamo visto, bruciò il tempio di Oboda, fu evacuato l'accampamento militare dell'esercito nabateo e non mancano simili tracce di distruzioni in altre stazioni militari e caravanserragli lungo le strade. Questi eventi distruttivi sono stati attribuiti alle incursioni delle tribù arabe.
L'abbandono del N. centrale, comunque, non durò più di una generazione. In questo lasso di tempo i Nabatei operarono una vera e propria rivoluzione culturale diventando agricoltori da commercianti che erano. Questi cambiamenti avvennero sotto il regno di Rabel II (70-105 d.C.), che fu l'ultimo re nabateo, onorato in un'iscrizione rinvenuta a Oboda che lo cita come «colui che portò la vita e la liberazione al suo popolo». Questi eventi segnano l'inizio del periodo tardo-nabateo che durò fino alla fine del III sec. d.C. In questo periodo i Nabatei superarono i loro antichi tabù che impedivano loro di seminare, di piantare alberi, di costruire case e di bere vino. Tale processo si concluse con il passaggio dalla lingua nabatea al greco e dal paganesimo semitico-greco-romano al cristianesimo alla metà del IV secolo.
Fin dall'ultimo quarto del I sec. d.C., i Nabatei costruirono un sistema di fattorie agricole di cui restano tracce a Oboda. Alla necessità di irrigare i campi in un ambiente semi-desertico si fece fronte con un sistema di terrazzamenti in strette valli che raccoglievano l'acqua che defluiva dai pendii. Nell'ambito di questa nuova economia, un posto di rilievo spettò senz'altro all'allevamento dei cavalli come dimostrano chiare tracce in tal senso sia a Mampsis che a Oboda, Sobata e Reḥovot. Nella stessa area, in età bizantina, si sarebbe sviluppata una coltivazione intensiva di vigneti e oliveti. Negli ultimi anni del III sec. e nel primo quarto del IV sec. d.C., il N. entrò a far parte del sistema di difesa dell'impero romano. A tal scopo la piccola città di Mampsis fu fortificata e si costruirono delle cittadelle sia a Oboda che a Nessana.
Alla metà del IV sec. in questa regione si affermò il predominio quasi assoluto della religione cristiana come dimostra la grande quantità di chiese: nel piccolo centro di Mampsis, c'erano due chiese sontuose, altrove il loro numero era ancora maggiore. Ciò si spiega con il fatto che gli abitanti del N. centrale appartenevano, nel periodo bizantino, a diverse tribù arabe. Le chiese più antiche, costruite nella seconda metà del secolo, sono tutte monoabsidate. Le cappelle laterali, dalla forma rettangolare o irregolare, erano dedicate al culto dei santi e dei martiri, i cui nomi sono in parte noti. Tutte le chiese più antiche presentano un ampio battistero per il battesimo degli adulti, mentre ad alcune di esse sono annessi dei monasteri. Erano costruite in pietra calcarea locale, mentre il tetto, a doppio spiovente su timpano, era realizzato con legno d'importazione; gli arredi, e a volte anche i pavimenti o le facciate, erano eseguiti in marmo greco o italico. Sono noti mosaici sia parietali che pavimentali. Le chiese a tre absidi compaiono solo a partire dalla metà del VI secolo. La presenza delle tre absidi permetteva di esporre le reliquie in una posizione più prossima ai fedeli.
Il declino degli insediamenti del N. centrale fu lento e drammatico. Mampsis fu saccheggiata e distrutta nella prima metà del VI secolo. Oboda fu conquistata dai Musulmani nel 636 e tutte le sue chiese furono date alle fiamme. Le quattro città e i villaggi più piccoli sopravvissero fino alla fine del VII sec. attraversando una lenta e graduale decadenza causata soprattutto dalla pesante politica fiscale musulmana. Le autorità musulmane, infatti, imposero tasse gravose per il mantenimento dell'esercito e della popolazione civile araba, sia sul grano che sull'olio d'oliva e pretesero inoltre dei pagamenti supplementari in oro (non vi è alcuna testimonianza di tasse sul vino) mettendo così fine a circa un millennio di prosperità di una popolazione fino ad allora non soggetta a tassazioni.
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