NEFOSCOPIO (dal gr. νηϕελή "nube" e σκοπέω "osservo")
È uno strumento che serve alla determinazione del moto delle nubi. Per quanto in generale il moto di una nube non sia rigorosamente piano, pure si ammette che durante il tempo dell'osservazione (inferiore al minuto) si possa considerare piano. Si ammette anche che sia possibile trovare un elemento di nube che si sposti normalmente al raggio luminoso che perviene all'occhio dell'osservatore, partendo dal postulato che tutte le nubi di un medesimo sistema organico abbiano lo stesso moto. In realtà queste condizioni si trovano realizzate nella grande maggioranza dei casi e sono quelle richieste per l'uso di tutti i nefoscopî. Non soddisfa a queste condizioni il caso di una nubecola isolata: bisogna allora rinunciare al normale uso di nefoscopî. Sotto tali restrizioni il moto della nube risulterebbe perfettamente determinato, quando se ne conoscesse la velocità angolare rispetto all'osservatore e la sua distanza, purché questa fosse grande rispetto allo spazio percorso durante il tempo dell'osservazione. Sfortunatamente la determinazione della distanza della nube dall'osservatore è tutt'altro che agevole, ma in compenso i meteorologisti hanno potuto determinare statisticamente, con un'esattezza sufficiente per i bisogni delle ordinarie applicazioni, l'altezza media sul suolo di un determinato tipo di nube, latitudine per latitudine. Per determinare la velocità di spostamento della nube è perciò sufficiente conoscere la velocità angolare della nube per un osservatore che abbia questa allo zenit: quest'elemento, cui si è dato il nome di velocità relativa (che si può anche ovviamente definire come rapporto tra la velocità reale della nube e la sua altezza lineare sul suolo), è quello che si richiede ai nefoscopî. La velocità relativa di una nube che si sposti nelle condizioni sopraddette, è data dalla velocità angolare moltiplicata per la cosecante dell'altezza della nube sull'orizzonte.
Infatti (figura 1), sia CD = s lo spazio percorso dal punto della nube che si osserva nel tempo t, per un osservatore che sia in A, la nube avrà una velocità angolare u = s/lt, se con l indichiamo la distanza della nube, mentre la velocità relativa sarà w = s/Ht, chiamando H l'altezza sul suolo della nube; ma H = l sen γ e quindi w = ds/l t sen γ = u cosec γ. Da quanto abbiamo ora detto risulta che i nefoscopî sostanzialmente debbono essere costituiti da particolari reticoli muniti di un dispositivo per fornire il più direttamente possibile il prodotto u cosec γ.
Le osservazioni nefoscopiche hanno grande importanza per la meteorologia e specialmente per l'aeronavigazione: infatti l'osservazione nefoscopica permette di avere una idea sufficientemente approssimata della velocità delle correnti aeree all'altezza in cui si trovano le nubi, in un tempo ridottissimo (dell'ordine del minuto), e spesso tali osservazioni costituiscono il solo mezzo possibile d'indagine anemologica (quando il cielo è coperto di varî strati di nubi in evoluzione e quindi l'inseguimento del palloncino-pilota non è possibile). I nefoscopî si possono dividere in due grandi categorie: quelli che esigono l'osservazione diretta della nube, e quelli che richiedono l'osservazione di un'immagine della nube riflessa su uno specchio.
Degli apparecchi della prima categoria il più diffuso è il "rastrello nefoscopico" di L. Besson, costituito da un'asta orizzontale munita di un certo numero di punte verticali (in generale sette) poste a distanza di venti centimetri l'una dall'altra; questo insieme costituisce il rastrello" che è sostenuto a due metri al disopra del piano passante per l'occhio dell'osservatore, da un'asta verticale attorno alla quale può essere fatto ruotare dall'osservatore stesso a mezzo di due funicelle sino a renderlo parallelo al moto della nube: un indice che ruota su una rosa dei venti serve a indicare la direzione del rastrello nefoscopico, e quindi del moto della nube (fig. 2). L'apparecchio, che è complessivamente alto un tre metri e mezzo, viene impiantato su un terreno il più possibile orizzontale, al centro di uno spiazzo di una diecina di metri di raggio, per permetter all'osservatore di osservare anche nubi piuttosto depresse sull'orizzonte. Con questo apparecchio la velocità relativa della nube è fornita, in radianti/ora (che è l'unità impiegata dai meteorologisti), dalla ..lazione w = 360 • n/t, dove n è il numero degli spazî compresi fra i denti del rastrello attraverso i quali è scorsa la nube durante il tempo t (misurato in secondi) che è durata l'osservazione. La dimostrazione della formula è immediata: infatti sia s (fig. 3) lo spazio percorso dalla nube, r la distanza tra due successivi denti del rastrello, n il numero di spazî dietro i quali è scorsa la nube osservata, H l'altezza della nube sulla visuale dell'osservatore, ed h l'altezza del rastrello nefoscopico, si potrà scrivere s : nr = H : h ossia s/H = nr/h, ma abbiamo già detto che la velocità relativa della nube è w = s/Ht, quindi si può scrivere w = nr/ht; ricordando che la distanza r tra due denti è di 20 cm., mentre l'altezza h è di due metri, il rapporto r/h vale 1/10, inoltre il tempo t viene misurato in secondi e quindi per avere la velocità in radianti/ora bisogna moltiplicare per 3600; eseguite queste sostituzioni, ne risulta la formula prima enunciata. Come si vede, la velocità relativa è data automaticamente, e la sola operazione che l'osservatore deve fare consiste nel leggere un cronometro. Del resto la formula si trova già tabulata sino dal 1911 da A. Lo Surdo, e quindi all'osservatore non resta da fare nessun calcolo. Il Besson costruì il suo nefoscopio di così ragguardevoli dimensioni per farne uno strumento di somma semplicità e di facile uso: infatti così non è necessario un particolare sforzo di accomodamento dell'occhio per vedere contemporaneamente le punte e il particolare prefissato della nube.
A questo vantaggio si unisce il grande inconveniente dell'inamovibilità, per ovviare al quale molti studiosi hanno recato modifiche all'apparecchio originale.
Nel 1911 A. Lo Surdo ha descritto due modelli di nefoscopio (fig. 4) costituiti essenzialmente dalla riduzione in scala 1/10 del modello originale del Besson: per evitare i gravi errori che porterebbe in un modello così ridotto un, sia pur piccolo, spostamento dell'occhio, questo è obbligato a traguardare attraverso a un oculare privo di lenti, munito, negli apparecchi costruiti più recentemente, di diaframma ad iride, portato da due guide scorrevoli. Tutto l'apparecchio è sostenuto da un treppiedi ed è mobile attorno a un asse verticale: una bussola solidale col cavalletto dà la direzione di spostamento della nube. Da questo apparecchio differisce pochissimo quello stabilito più recentemente da G. Stüve. In ambedue è stato interposto qualche dente sussidiario nello spazio centrale del rastrello (uno dal Lo Surdo, quattro dallo Stüve) per poter più agevolmente seguire i moti lenti delle nubi. A. Baldit ha modificato l'originale nefoscopio Besson, sempre allo scopo di renderlo portatile, senza diminuire troppo le dimensioni del rastrello: in luogo delle funicelle egli ha disposto un braccio orizzontale munito di un oculare senza lenti in modo da fissare la posizione dell'occhio dell'osservatore: in contrapposto si può regolare a volontà l'altezza del rastrello che è portato da un sistema di due tubi metallici a cannocchiale: lungo di essi vengono riportati i coefficienti per i quali occorre moltiplicare i valori della velocità forniti dalla relazione sopra stabilita. Nel caso che il rastrello nefoscopico sia impiantato su terreno non orizzontale, occorre tenerne conto nelle misure; a rigore occorrerebbe anche tener conto della diversa altezza degli osservatorî, ma l'errore che si commette è trascurabile, specialmente se si dispone di un rastrello di grandi dimensioni.
Caratteristica essenziale di tutti gli apparecchi della seconda categoria è uno specchio nel quale si osserva l'immagine riflessa della nube sovrapposta a un opportuno reticolo. Lo stesso Besson ideò un nefoscopio di questo tipo per osservare le nubi prossime allo zenit. Esso si compone (fig. 5) essenzialmente d'un telaio orizzontale sul quale sono tesi due sistemi ortogonali di fili paralleli ed equidistanti che formano una scacchiera. Ponendosi al disotto di questo telaio e guardando le nubi attraverso di esso, si può determinare la direzione del loro moto, orientando il telaio in modo che uno dei sistemi di fili diventi ad esso parallelo; l'altro sistema viene così a trovarsi perpendicolare al movimento delle nubi, e permette di determinare agevolmente la velocità relativa. L'osservazione si compie per mezzo di uno specchio piano inclinato, posto al di sotto del telaio. La posizione dell'occhio è determinata da un oculare che al bisogno può essere munito d'un vetro affumicato. Il telaio, circolare di m. 0,65 di diametro, è sostenuto da tre assi portati da una lastra metallica anulare. Questa parte mobile si sposta rispetto a una base fissa formata da un disco di legno graduato nella sua faccia superiore orientato e fissato su un pilastro o uno zoccolo qualsiasi. La direzione si legge sulla graduazione del disco, in corrispondenza di un segno inciso sulla lastra metallica sul lato da cui vengono le nubi. L'altezza dello strumento sopra lo zoccolo è di m. 1,10; però a causa della riflessione sullo specchio tutto avviene come se l'occhio fosse esattamente a metri 1,50 al di sotto del telaio. Sul telaio la distanza tra i fili è di m. 0,075, ossia 1/20 della distanza dell'occhio. Per conseguenza la velocità relativa delle nubi è data da w = 180 n/t, n essendo il numero d'intervalli percorsi dal punto osservato nel tempo t; w è misurato in radianti/ora: la dimostrazione è analoga a quella data per il rastrello.
Molto diffuso è il nefoscopio di Finemann; esso consiste in una superficie speculare di vetro nero (fig. 6) montata su di un sostegno a viti calanti in modo da poter essere facilmente disposta orizzontale; sullo specchio sono tracciati due o tre cerchi concentrici a distanze uguali uno dall'altro; sull'armatura che porta lo specchio, lateralmente, è disposta un'asticciola spostabile verticalmente e munita di una scala graduata che permette la stima dell'altezza dell'estremità dell'asticciuola sul piano dello specchio; una bussola, visibile in parte per una finestra praticata nel vetro nero dello specchio, permette l'orientamento del nefoscopio. L'orlo dell'armatura che porta l'asticciola verticale può ruotare comunque nel piano dello specchio, in modo che le osservazioni possono esser fatte in qualunque direzione si trovi la nube. Le osservazioni vengono compiute traguardando l'immagine riflessa sullo specchio di un punto della nube, dall'estremità dell'asticciuola, e osservando il tempo che impiega a passare da un punto della circonferenza centrale a un punto di una delle circonferenze esterne seguendo il raggio. Si vede immediadiatamente che questo nefoscopio si può assimilare al rastrello Besson, pensando idealmente di sostituire ai punti delle due circonferenze toccati dall'immagine della nube due successivi denti del rastrello nefoscopico; ne consegue che, se indichiamo con h l'altezza dell'asticciola e con d la distanza tra i due cerchi, si potrà scrivere w = 360 d/ht; nei modelli abituali d ha il valore di 2,50 o di 2,68 centimetri e quindi si avrà a seconda dei modelli w = 900/ht o w = 965/ht.
In America è assai diffuso il nefoscopio di Marvin, il quale consiste essenzialmente in una superficie speculare circolare orizzontale fissata a un opportuno sostegno; sull'orlo graduato di questa scorre un'asticciola verticale che porta superiormente un manicotto nel quale può scorrere, parallelamente a un diametro dello specchio, un'altra asticciola che porta all'estremità un oculare: la posizione dell'occhio può quindi variare nel piano orizzontale, ma rimane sempre a una nota altezza sul piano dello specchio. L'osservazione consiste nel determinare il tempo impiegato dall'immagine della nube a percorrere una distanza nota segnata sullo specchio.
Arcimis ha realizzato un apparecchio che presenta il vantaggio di una grandissima comodità d'uso, poiché permette di osservare le nubi in qualsiasi punto del cielo esse si trovino. Tale nefoscopio consiste in una cassetta d'ottone (figg. 7 e 8) montata in modo da poter essere comunque inclinata sull'orizzonte. Una delle pareti porta un piccolo tubo di ottone chiuso da una lastrina in cui è praticato un foro in modo da costituire un oculare. Nell'interno della scatola sono uno specchio e un cristallo inclinati di 45° rispetto alla direzione dei raggi luminosi che penetrano nell'oculare: sullo specchio si riflette l'immagine della nube, e in corrispondenza di esso è praticata un'ampia finestra nella parete della scatola; sul vetro è invece proiettata l'immagine di un reticolo ortogonale che viene a sovrapporsi a quella della nube nell'occhio dell'osservatore: la distanza tra due successive linee del reticolo è vista sotto un angolo di un grado. La cassetta d'ottone è portata da un piatto graduato munito di bussola e mobile attorno a un asse verticale: il tutto è sostenuto da una base a viti calanti. Si dimostra facilmente che la velocità relativa delle nubi è data da w = 62,8n. cosec γ/t, essendo w misurato in radianti/ora, γ l'altezza della nube sull'orizzonte, n il numero dei quadretti percorsi dalla nube nel tempo t. Per poter più comodamente usare quest'apparecchio, quando la nube non è allo zenit, si può munire uno dei sostegni che reggono la scatola d'ottone di un indice, e la scatola stessa di un quadrante sul quale sono scritti i valori di 62,8 cosec γ.
L. Martinozzi ha realizzato un apparecchio (fig. 9) il quale presenta anchesso il vantaggio di poter osservare le nubi in qualsiasi punto del cielo e inoltre permette l'uso di una formula a coefficiente costante poiché all'immagine della nube viene sovrapposta quella di un reticolo la cui distanza tra i varî tratti varia come sen γ automaticamente a seconda dell'altezza della nube sull'orizzonte. Quest'apparecchio ha anche il vantaggio di essere di proporzioni alquanto ridotte rispetto agli altri. È previsto per quest'apparecchio l'impiego di un contasecondi graduato direttamente in radianti/ora.
In caso di necessità si può usare come nefoscopio un qualsiasi cannocchiale munito dei cerchi azimutale e zenitale, e in particolare si può usare il teodolite a cannocchiale spezzato che s'impiega per l'inseguimento dei palloncini piloti. Il metodo più semplice per l'impiego di questo strumento come nefoscopio consiste nel misurare il tempo che una porzione di nube impiega ad attraversare il campo del cannocchiale, o, se questo è munito di reticolo, una determinata porzione del campo; in tali condizioni lo strumento viene usato come un nefoscopio Arcimis. La valutazione dell'ampiezza angolare del campo d'un cannocchiale, come è noto, è assai agevole. Altra via, alquanto più laboriosa ma che permette di valutare il moto della nube in qualunque direzione esso si effettui rispetto all'osservatore, consiste nell'assimilare il punto della nube osservato a un palloncino pilota la cui quota non varî. Siano A e A′ (fig. 10) le posizioni successive occupate dal punto della nube che l'osservatore mantiene nel centro del campo, H l'altezza della nube, C e C′ due punti, situati sul cammino dei raggi luminosi che provengono dal punto della nube osservato, a un'altezza h arbitrariamente prefissata dall'osservatore; supponendo il moto piano potremo scrivere per la velocità relativa l'espressione w = A A′/Ht = C C′/ht; il valore di w si ricava dalla seguente costruzione grafica. Immaginiamo i punti C C′ successivamente occupati da un palloncino pilota alla quota h, si costruiscano i punti D D′, estremi delle proiezioni dei raggi vettori OC e OC′ valendosi delle comuni tavole per la costruzione dei grafici dei palloncini piloti.
Per ottenere direttamente la velocità relativa in radianti/ora si procede come appresso: se il tratto DD′, il cui valore, letto sull'apposito regolo in metri al secondo, esprimiamo con s, fosse percorso dalla nube in un minuto primo, la velocità relativa della nube in radianti/secondo sarebbe espressa da s/h e quindi in radianti/ora si avrebbe w = 3600 s/h; ma un minuto primo è in generale un periodo di tempo troppo lungo, perché la nube può cambiare assai rapidamente di configurazione, indicando allora con t il tempo che ha effettivamente durato l'osservazione, il tratto DD′ sarà t/60 volte quello che avrebbe percorso la nube in un minuto. L'esperienza ha mostrato che una nube si può seguire bene in generale per una ventina di secondi: prendiamo allora h = 900 metri (cioè adoperiamo la pagina relativa al sesto minuto delle tabelle per il lancio dei palloni piloti usati dal servizio aerologico italiano) ed effettuiamo l'inseguimento per 24 secondi; la velocità relativa in radianti/ora sarà espressa da w = 3600 • 60 s/900 • 24 = 10 s, cioè la velocità relativa della nube è data dal decuplo della misura della proiezione del suo moto, fatta con l'apposito regolo e con la stessa scala del grafico; la direzione del moto è data dalla direzione della proiezione determinata sul grafico stesso nella maniera usuale. L'inconveniente dell'uso dei cannocchiali come nefoscopî consiste nel fatto che è raro che le nubi abbiano un contorno ben netto, molto spesso anzi esso si rivela al minimo ingrandimento completamente diffuso in modo che è estremamente difficile individuarne e seguirne un particolare.
Circa la precisione che si può ottenere nelle misure della velocità delle nubi con i varî nefoscopî, basti dire, data l'incertezza che forzatamente regna sulla quota delle nubi, che una precisione del 5% sulla determinazione della velocità relativa è largamente sufficiente in pratica, ed è agevole ottenerla da un qualunque tipo di nefoscopio.
Bibl.: F. Linke, Meteorologische Taschenbuch, I, Lipsia 1931, p. 192 seg.; D. Selvaggi, Metodi moderni di nefoscopia e nefometria, in Notiziario tecnico d'aeronautica, VII, Roma 1929; F. Liana, O nefoskopach, in Wiadomości meteorologiczne i hydrograficzne, XI e XII, Varsavia 1932; cfr. anche i numerosi scritti di L. Besson, in varie riviste francesi meteorologiche dell'ultimo quarantennio, e specialmente negli Annales de la Ville de Paris; e per gl'italiani, gli scritti di A. Lo Surdo, specialmente in Nuovo Cimento e nel Bollettino del R. Comitato talassografico italiano degli anni 1912 e 1913 e nell'Annuario del R. Osservatorio del museo di Firenze 1911, Firenze 1914.