NECTANEBO
I Greci attribuirono tale nome a due sovrani egiziani della XXX dinastia. Il primo dei due, secondo una più recente interpretazione, è Nkht-nb.f (378-361 a. C.), Νεκταναβις (Theopomp., Fr., 111), Νεκτανεβις (Diodor., xv, 42), Νεκτανεβής, Nectenebis (Nepos Chabr., 2, 1), il secondo è Nkht-Hr.ḥbt (359-342 a. C.), Νεκτανεβως (Plut., Ages., 36 ss.), Νεκταναβις.
Nectanebo I, originario di Sebennytos nel Delta, succedette ad Achoris appoggiandosi al clero di Sais. Durante il suo regno respinse una invasione persiana guidata dal satrapo Farnabazo.
Nectanebo II usurpò il trono al fratello Teos, succeduto a N. I; dopo avere represso una rivolta interna si dedicò alla riorganizzazione del regno, ma la sua opera fu definitivamente interrotta dalla invasione persiana di Artaserse III.
La maggior parte delle statue e dei rilievi che rappresentano i sovrani mostrano una caratteristica indifferenza per l'osservazione dei tratti fisionomici individuali in favore di una rappresentazione idealizzata e convenzionale che riprende moduli arcaici e che in talune opere - come ad esempio nella statua acefala del Museo Vaticano e nelle teste di sfingi trovate a Luxor - risente assai l'influsso dell'arte greca. Tra i monumenti di questo gruppo a noi giunti con la testa intatta si ricordano, a titolo d'esempio, per N. I la stele di Naukratis e la statua J. d. E. 87298 del museo del Cairo, la statua del Louvre A 29, la testa della Collezione Maudit e le già citate sfingi di Luxor; per N. Il rilievi da templi, numerose statuette del re rappresentato tra le gambe del falco Horus e una testa d'incerta provenienza nella collezione egiziana dell'Università di Mosca.
Di contro a queste rappresentazioni convenzionali, abbiamo per il solo N. I alcuni monumenti che presentano invece tratti fortemente realistici. Tre sono rilievi su lastre di basalto che forse facevano originariamente parte di una lunga e bassa balaustrata ad Heliopolis (B. von Bothmer) per quanto siano stati trovati uno (Bologna, Museo Civico n. 1870) a Roma, sull'Aventino, e gli altri due (Londra, British Museum, n. 22, 998) in località del Delta. In tali lastre, decorate su entrambe le facce, il re appare inginocchiato in atteggiamento di offerente; lo schema iconografico ripete le rappresentazioni, più antiche di tre secoli, di Psammetico I e Psammetico II che si trovano su lastre simili provenienti, probabilmente, dallo stesso monumento (Londra, British Museum, n. 20; Vienna, Kunsthistorisches Museum, n. 213); di esse si riprendono sia la posizione, sia il copricapo e la forma della testa, questi ultimi elementi di chiara impronta nubiana. È questo un evidente esempio di quella tendenza arcaizzante nell'arte della XXX dinastia che ha le sue radici nell'età saita.
Come già nelle lastre del VII sec., anche in quelle che ora ci interessano (si esclude la British Museum 998 in cui il capo è stato volontariamente scalpellato) col trattamento manierato del corpo contrasta il capo fortemente individualizzato, con una realistica accentuazione dei tratti fisionomici: naso aquilino, occhi ravvicinati, bocca piccola e sottile, mento corto e mascella larga e pesante. La particolarità di questi tratti ha permesso di riconoscere un ritratto del re in una testina (alta cm 6,5) in basalto del Museo del Louvre (E 8o61), in cui il re è rappresentato con il capo coperto dalla "corona blu" ornata dell'ureo. L'accentuata geometrizzazione della corona mette ancor più in risalto il fluido modellato del volto.
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