NEANDRIA (Νεάνδρεια, Νεανδρία; Neandria)
Città della Troade, odierna Çigri Dağ. La leggenda (secondo Dyctis Cret., 11, 12, 13) la addita come capoluogo, non lontano da Troia, del regno di Kyknos, che fu ucciso da Achille.
Il nome greco di Korone riferito al territorio della città è arbitrario. Ben poco ci dicono le fonti e solo qualche notizia si può dedurre da Strabone (Geogr., XIII, 604 ss.), Plinio (Nat. hist., v, 30, 122) e Senofonte (Hell., iii, 1, 16). Certo è che N. fu colonia eolica, com'è documentato da iscrizioni rinvenute nella parte arcaica della città. Il nome compare dal 454 al 431 nelle liste dei tributi della lega marittima attica. Dal 399 N. cade prima sotto la satrapia di Mania, e, alla di lui morte, di Derkylidas (Xen., Hell., iii, 1, 16). Nel 310 a. C. la popolazione della città fu trasferita da Antigono ad Antigoneia (poi Alexandria Troas) (Strab., Geogr., xiii, 593, 597, 604, 607). Dalla fine del IV sec. a. C., avvenuto il sinecismo ad opera di Antigono, si può considerare conclusa la storia della città.
Primi descrittori di N. furono C. T. Newton, A. H. Sayce ed H. Schliemann; l'identificazione delle rovine sul Çigri Dağ si deve a F. Calvert. I. T. Clarke studiò alcuni materiali architettonici di N., ma solo R. Koldewey effettuò sul posto i primi scavi che si protrassero dall'agosto all'ottobre del 1889. Da allora la città non è stata più esplorata scientificamente.
Cinta, case e necropoli. - Le rovine di N. si levano a 500 m di altitudine, su una cresta granitica del Çigri Dağ, a poca distanza dal mare, a S del fiume Scamandro e di Ilio. Le mura della città, costruite a riseghe continue, assumono in pianta la forma di un poligono irregolare schiacciato alle estremità e raggiungono un perimetro di m 3200; l'asse longitudinale NO-SE è di m 1400, l'asse minore NE-SO di m 450; lo spessore dell'opera raggiunge in media i 3 metri. La cinta ha 11 torri e altrettanti accessi; 4 torri principali, sistemate alle estremità del perimetro, sono a doppio corpo aggettante e proteggono una porta arretrata, che è collegata alla muraglia con due possenti riseghe. Scale interne danno accesso alle torri; alcuni pic-. coli vuoti aperti ai piedi dell'opera permettono il deflusso delle acque piovane. L'impianto descritto è stato assegnato al V sec. a. C. sulla base della tecnica muraria prevalentemente usata, che è del tipo trapezoidale irregolare. Ma, alla torre principale del lato S è addossato un tratto di muro eseguito in tecnica trapezoidale isodomica con faccia squadrata, che è databile al IV secolo, mentre all'angolo S-E della cinta si trova un tratto di muro costruito con rozze pietre sovrapposte, certo del VI sec. a. C. Agli inizî dello stesso secolo è da assegnare un lungo tratto di muro della città arcaica, orientato NO-SE, situato nel lato O della città. Mura di appoggio sono presenti lungo la parte settentrionale della cinta a N e a N-E.
Una strada attraversa la città da N a S: ai lati di essa si dispongono gruppi di case, databili al V sec., costruite con blocchi accuratamente squadrati; resti di case arcaiche sono ad occidente della strada. Da una di queste case proviene un interessante iscrizione bustrofedica. A N delle case d'epoca classica, tra esse e le mura, è un grande spiazzo dove si riconosce il sito dello stadio.
All'esterno, a circa 1 km a S della cinta si trova una piazza sulla cui area sono state rinvenute iscrizioni attestanti sul posto l'esistenza di un santuario di Zeus.
Necropoli sono state rinvenute a N, N-E, E, S e S-O della cinta. Le deposizioni sono tra lastre di terracotta, dentro pỳthoi, in casse di lastroni, in sarcofagi monolitici o costruiti con lastre. Sono state esplorate circa 40 sepolture, per lo più molto povere e prive di corredo funerario. Alcune tombe del lato S sono contrassegnate da un minuscolo tumulo di terra. A S della torre principale del lato S è stato identificato un tumulo vero e proprio contrassegnato da grosse pietre disposte in cerchio.
Tempio. - All'interno della cinta e al centro della città, su una spianata, si trova il tempio di Apollo. Sulla terrazza delle sostruzioni - un podio di m 12,87/25,71 si leva la cella vera e propria, un rettangolo di m 8,04 per 19,82. L'ingresso è a N-O; l'asse longitudinale del tempio è orientato NO-SE. Lungo questa direzione è stata allineata all'interno della cella una fila di 7 colonne che divide il tempio in due navate (un focolare era in fondo ad una di esse, l'immagine doveva trovarsi nell'altra navata). L'intera costruzione è in calcare locale. Le colonne poggiavano sul sottodado senza una base propria, il fusto era liscio e molto rastremato. Ciascuna colonna era sormontata da un capitello cosiddetto eolico - da alcuni studiosi chiamato proto-ionico (Dinsmoor e altri) - costituito da due elementi: un corto e basso abaco originato da una palmetta che fiorisce tra due volute a spirale, che costituiscono a loro volta l'echino; il capitello vero e proprio è separato dalla colonna da due anelli foliati (cosiddetto a giglio d'acqua), stretti da due modanature convesse (v. vol. ii, p. 324). Le colonne sostenevano il trave principale del tetto che doveva essere a spioventi con frontoni sui lati brevi; la copertura era di tegole con sima e antefisse di terracotta (di cui sono stati rinvenuti alcuni frammenti decorati). I capitelli sopra descritti (i cui elementi differiscono in qualche particolare nella parte inferiore da esemplare a esemplare), sono stati ricostruiti dal Koldewey; la restituzione grafica e il restauro dei frammenti sono stati comunemente accettati (Robertson, Dinsmoor, von Gerkan; pareri contrari hanno espresso il Dörpfeld e lo Schefold; è convinzione del Martin, inoltre, sulla base di alcuni confronti con capitelli recentemente scoperti a Thasos, che gli elementi foliati del capitello eolico di N. sono da considerare a parte). La forma peculiare del capitello di N. è comune all'area culturale eolica arcaica, ed essa è presente con varianti a Larisa (i cui esemplari si datano dalla fine del VII sec. al 550 a. C.), a Napè, a Mitilene ed Eresso nell'isola di Lesbo (520-510 a. C.). Contrariamente a quanto si pensava prima, la datazione degli esemplari di N. va ribassata dalla fine del VII alla metà del VI secolo. Inoltre, per le connessioni che presentano con rilievi assiri (W. Andrae) in cui sono presenti tipi similari di capitelli, e per alcuni, pare, incontestabili elementi fenicio-ciprioti, di recente accertati (R. Martin), gli esemplari eolici non sono da considerare come prototipi del capitello di ordine ionico (che, del resto, tranne il particolare dell'abaco e delle volute è del tutto diverso, anche nella colonna), ma, piuttosto, come un compromesso compositivo, una giustapposizione di elementi decorativi non portanti (tranne la palmetta) e tali da non costituire uno stadio di passaggio fino all'ordine ionico.
Accostata al lato breve S-E del podio del tempio è stata rinvenuta una base iscritta: vi è menzionata una statua di Apollo. Poco più a S sono le fondazioni (m 4,80 × 4,10) dell'altare del tempio. Attorno all'area del tempio e dentro la cella sono stati rinvenuti frammenti di terrecotte decorative e figurate databili alla metà del VI sec. a. C.
Le monete di N., quasi tutte emissioni di argento, con teste di Apollo sul dritto, sono databili tra il 430 e il 310 a. C., e gettano scarsa luce sull'ultimo periodo di vita della città.
Bibl.: F. Calvert, in Arch. Journ. Lon., XII, 1865, p. 51 ss.; C. T. Newton, Travels and Discoveries in the Levant, I, Londra 1865, p. 128 ss.; A. H. Sayce, in Journ. Hell. Studies, I, 1880, p. 62 ss.; H. Schliemann, Ilios, Lipsia 1884, p. 67 ss.; J. T. Clarke, in Am. Journ. Arch., II, 1886, pp. i ss.; 136 ss.; R. Koldewey, Neandria, in 51° Winckelmannspr., Berlino 1894; G. Mendel, Catalogue Sculp. Mus. Imp. ottom., Costantinopoli 1914, p. 33; 40, nn. 275, 281; D. S. Robertson, A Handbook of Greek and Roman Architecture, Cambridge 1929, p. 57 ss.; 98; 323; figg. 22-23; W. Andrae, Die ionische Säule, Berlino 1933, p. 3 ss.; D. Levi, in Enc. It., XXIV, 1934, p. 477, s. v.; W. Ruge, in Pauly-Wissowa, XVII, 1935, c. 2106, ss., s. v.; K. Schefold, in Öst. Jahreshefte, XXXI, 1939, p. 42 ss.; R. L. Scranton, Greek Walls, Cambridge Mass. 1941, pp. 168; 171; 185; 186; D. Condis, in Ann. Atene, (N. S. VIII-X), XXIV-XXVI, 1946-48, 1950, p. 25 ss.; W. B. Dinsmoor, The Architecture of Ancient Greece, Oxford 1950, pp. 61-64, figg. 21-22; A. v. Gerkan, Beitr. B. Schweitzer, Stoccarda 1954, p. 71 ss.; A. W. Lawrence, Greek Architecture, Londra 1957, p. 131-32, fig. 74; R. Martin, in Études d'Arch. Class., I, 1955-56, Parigi 1958, p. 117 ss., tavv. XXVI-XXVIII; E. Akurgal, in Anatolia, V, 1960, p. 1-7, tavv. I-VI. Per le monete: British Mus. Coins, Troad, Aeolis and Lesbos (W. Wroth), Londra 1894, pp. XXIII, 73 ss., nn. 1-11; B. V. Head, Historia numorum, Oxford 1911, p. 547.