Vedi NAXOS dell'anno: 1963 - 1973 - 1995
NAXOS (Νάξος, Naxos)
Prima colonia greca in Sicilia, fondata nel 736 a. C. dai Calcidesi, condotti da Thukles, sulla costa orientale dell'isola (Thucyd., vi, 3; Strabo, vii, 33), nella zona di Capo Schisò, al piede dei monti di Taormina, ove si ritirarono i Siculi all'apparire degli Ioni.
Ignota è la sua più antica storia fino agli inizï del sec. V a. C.: ma dovette essere un periodo di espansione verso S, se N. fonda, in località non ancora individuata, la città di Kallipolis. Le notizie sicure datano dal periodo più tormentato della vita del centro calcidese. Le fonti storiche denunciano infatti prima la sua sottomissione al gelo Hippokrates (Herod., vii, 154); più tardi, nel 476, l'espulsione da N. dei suoi abitanti, trasferiti con quei di Katane e Leontino, da parte del siracusano Gerone (Diod., xi, 49); e successivamente la partecipazione di N. alla lega delle ionie città siceliote contro Siracusa e la sua fedeltà ad Atene per tutta la durata del conflitto fino alla sconfitta dell'Assinaros (413 a. C.) (Thucyd., vi, 50, 2-3; 72, 1; 74, 2; ecc.; Diod., xiii, 4, 3). Alla sua parte attiva nella lotta contro Siracusa è dovuta la vendetta, ritardata di un decennio, che segnerà la sorte della città: Dionisio la prende, infatti, con uno stratagemma, secondo Polieno, (v, 2, 5), la distrugge, ne dà il territorio ai Siculi, mentre i cittadini fuggiaschi si disperdono per le città dei Siculi e dei Greci (Diod., xiv, 15; xiv, 87). Sul sovrastante monte Tauros sorge allora ad opera dei Siculi una città murata, che però, per l'allineamento della popolazione alla politica cartaginese, è ben presto occupata da Dionisio (392 a. C.) e consegnata ai suoi mercenarî.
Collegato forse a questo fatto è un ritorno di vita, per evidente concessione del tiranno, nel sito della distrutta N.; sorge allora la Neapolis, testimoniata dal diobolo, recante i tipi dell'ultima monetazione nassia, e dai documenti di scavo. Fu una fiamma di breve durata perché il centro politico principale della regione diventa ben presto Tauromenion, che, fondata nel 358 da Andromachos, padre dello storico Timeo (Diod., xvi, 7), è considerata l'erede spirituale dell'antica Naxos. Per l'età romana, Appiano (Bell. civ., v, 109) ricorda il tempio di Afrodite e l'antica, piccola statua dell'Archegètes posta dai primi coloni di N.; l'Itinerario di Antonino localizza una stazione di N. a 25 miglia da Messana. Ma alla metà del II sec. d. C. non ne doveva più sussistere alcun avanzo (Paus., vi, 13, 8).
La preistoria, la protostoria e la storia di N. hanno avuto molta luce da scavi recenti (1953-56-61). L'esplorazione nell'area urbana di N. ha rivelato la presenza della cultura neolitica caratterizzata dalle ceramiche impresse, vicine a quelle tipiche di Stentinello. Largamente rappresentata vi è quindi la media Età del Bronzo, con ceramiche grigie decorate a solcature, da confrontare più con le ceramiche dello stile di Thapsos che con quelle coeve del Milazzese, cui succede la facies finale del Bronzo. Nello scavo del 1961, nell'area del tempio greco, più avanti menzionato, si sono incontrate sepolture entro pìthoi, assegnabili con probabilità alla prima Età del Bronzo. Notevoli testimonianze protostoriche sono le ceramiche d'impasto, atipiche, ma riferibili all'antica Età del Ferro, raccolte nello strato che si viene a confondere con quello iniziale della città calcidese: sono i resti in situ della vita degli indigeni, che, allo sbarco dei Greci, si ritirarono dal mare verso i retrostanti monti (Strabo, vii, 33).
Copiosissimo è il materiale fittile restituito dalla città calcidese a testimonianza della sua vita dalla seconda metà dell'VIII sec. alla sua fine nel 403 a. C. e raccolto tra i resti murarî di private abitazioni e di pubblici edifici. Sono ceramiche di tipo ionico e cicladico, a decorazioni dipinte subgeometriche, in parte attribuibili a fabbriche locali, fra cui è presente anche qualche esemplare a figure brune (animali), che si trovano associate al vasellame d'importazione protocorinzio e corinzio, sostituito a partire dalla metà del sec. VI a. C. dalle ceramiche attiche a figure nere, e, nel V sec. a. C., da quelle a figure rosse.
L'area urbana di N. è stata pressoché totalmente delimitata sull'ampio terrazzo basaltico proteso nel mare, dalla rada di Schisò al torrente S. Venera, dalla scoperta delle mura, il cui andamento non è stato sinora rintracciato nel lato dell'entroterra. La muraglia è un'opera poligonale di pietre laviche, che assume un aspetto di struttura megalitica lungo il S. Venera, ove aveva evidentemente anche la funzione di argine. Dentro la cinta s'è scoperto, oltre alle reliquie delle abitazioni, un forno da vasaio, e si è individuato il basamento di un tempio, attorno a cui si sono recuperati elementi di terrecotte architettoniche arcaiche - sìmai, gèisa, kalypterèes nella caratteristica decorazione a vivacissima policromia (bianco, rosso, bruno), frammenti di gorgonèia ed una notevole serie della coroplastica ionica, rappresentata da statuine, stanti e sedute, e da maschere di una divinità femminile, forse Afrodite.
Probabile decorazione di un tempio doveva essere il frammento di lastra fittile con figurazione ad alto rilievo di Eracle con l'idra, conservato nell'antiquario del teatro antico di Taormina.
Della evoluzione artistica per tutto il periodo di vita della città calcidese si possono cogliere i caratteri salienti del graduale processo stilistico attraverso la monetazione che, dall'arcaismo primitivo allo stile severo, presenta costantemente il tipo del Dioniso barbato, di profilo a sinistra, coronato di edera, e del grappolo pendente dal tralcio sinuoso al pari di un abaco di capitello ionico, poi sostituito dal tralcio a ghirlanda o dalla più complessa scena del sileno accosciato che solleva il kàntharos. Nel tetradracma dell'ultimo terzo del sec. V appare una superba testa di Dioniso dall'ampia chioma stretta da un diadema percorso da un tralcio di edera. Nella monetazione dell'ultima fase del sec. V subentra un nuovo tipo di Dioniso, giovanile, d'aspetto femmineo, il capo cinto da un serto di edera; i didracmi recano talora la firma dell'artista Prokles.
Della ripresa di vita, dopo la distruzione della città nel 403 a. C., su una parte del sito già occupato dalla Palaiapolis, e più precisamente nel tratto settentrionale, gravitante verso la rada di Schisò, sono sicura riprova i resti dell'abitato sovrapposti alle rovine del centro calcidese, incontrati in un ampio saggio. Del tempo sono caratteristiche le ceramiche - tra cui compaiono lo skỳphos attico a fascia risparmiata alla base senza decorazione radiata, e le tazze con le impressioni di palmette legate e di ovoli - e le monete - trianti di Rhegion del 387 a. C. e più tardi bronzi siracusani di Timoleon che danno conferma della Neapolis nassia già presunta per la presenza del diobolo conservato nel museo di Berlino, e nel quale ritornano i tipi figuranti sugli ultimi didracmi di N. dell'incisore Prokles.
Bibl.: A. Salinas, in Not. Scavi, 1886, p. 462 ss.; F. S. Cavallari, Sulla topografia di talune città greche della Sicilia, Palermo 1897, p. 23; E. A. Freeman, History of Sicily, I, Londra 1891, p. 230 ss.; Freeman-Lupus, Geschichte Siciliens, I, Lipsia 1895, p. 278 ss.; P. Orsi, in Not. Scavi, 1903, p. 67 ss.; P. Rizzo, Naxos siceliota, Catania 1894; J. Bérad, La colonisation grecque de l'Italie méridionale et de la Sicile dans l'antiquité, Parigi 1941, p. 85 ss., 102 ss., e 298; G. V. Gentili, Naxos alla luce dei primi scavi, in Boll. d'Arte, 1956, p. 326 ss. Per le monete: B. V. Head, Historia numorum, Oxford 1911; H. A. Cahn, Die Münzen der Sizilischen Stadt Naxos, Basilea 1944; G. E. Rizzo, Monete greche della Sicilia, Roma 1946.