Vedi NAXOS dell'anno: 1963 - 1973 - 1995
NAXOS (v. vol. v, pp. 383-384)
Fra il 1961 e il 1968 sono state intensificate, in modo particolare, le ricerche di carattere topografico suggerite dalle necessità di una difesa del sito sul quale grava la minaccia dell'indiscriminato sviluppo edilizio del moderno abitato di Giardini. Una serie di saggi, condotti per un raggio abbastanza vasto in aree nelle quali fino ad ora si escludeva la presenza dei resti antichi, ha portato ad una più precisa definizione dell'estensione dell'abitato.
L'obiettivo principale delle ricerche è stato quindi il complesso urbano nella sua interezza, al fine di poter chiarire le caratteristiche dell'impianto nelle diverse epoche, ma soprattutto al momento della fondazione, di notevole significato per la conoscenza dei primi insediamenti coloniali e quindi per lo studio dell'urbanistica greca nelle sue fasi più antiche. Mentre l'abitato dell'VII-VII sec. a. C. appare circoscritto ai terreni nelle immediate vicinanze della baia di Schisò (anche se non si può escludere l'esistenza di nuclei di abitazioni che possono aver raggiunto la riva sinistra del Santa Vénera) più estesa appare la città verso la fine del VII e fino a tutto il V sec. a. C., cioè fino al momento della distruzione (404-3 a. C.). Essa copre, con un'estensione di circa 36 ettari, tutto il capo Schisò, fra il torrente Santa Vénera e il mare, e raggiunge i piedi della collina di Saluzzo che, pur con la sua configurazione di acropoli, sembra essere rimasta esclusa dal perimetro urbano. Dell'abitato di epoca arcaica incomincia a delinearsi la rete viaria composta di strade larghe in 3,50 e di stretti vicoli (m 1) che suddividono in senso NS gli isolati, la cui larghezza si aggira sui 29 m. Verso la fine del VI sec. a. C. viene costruita, inglobando il tèmenos di Afrodite, la cinta muraria ricordata da Tucidide (iv, 25, 7-8). Contemporaneo a questa fase di vita della città è il quartiere suburbano dei coroplasti scoperto nel 1967 nei pressi di cave d'argilla, a SE della collina di Saluzzo. Nuovamente limitato alla fascia costiera è l'abitato sorto alla metà del IV sec. a. C. e che sopravvisse, ormai ridotto a piccoli gruppi di case sparse lungo la costa, fino ai tardi secoli dell'Impero (mansio dell'Itinerarium Antonini) e in epoca bizantina.
Una sistematica messa in luce degli edifici è stata condotta nell'area del santuario probabilmente dedicato ad Afrodite presso la foce del Santa Vénera. In essa sono stati individuati i resti di un sacello della fine del VII sec. a. C., le fondazioni di un tempio del V sec. a. C. e il muro di recinzione in opera poligonale che costituisce uno degli esempî più cospicui di questa tecnica nell'occidente greco. I materiali rinvenuti entro il tèmenos, evidentemente resti di una grande stipe che raccolse gli ex voto dalla fine del VII sec. a tutto il VI sec. a. C., sono costituiti da figurine in terracotta, da vasi soprattutto locali e da armi. Particolarmente ricco è un deposito di terrecotte architettoniche, di tipi diversi, rinvenuto ai lati del muro del tèmenos. Questi materiali, insieme a quelli venuti in luce nel quartiere dei coroplasti e a quelli provenienti da blocchi di abitazioni parzialmente esplorati, ci permettono di delineare un quadro della produzione artigianale nassia nel VI e V sec. a. C. Particolarmente interessante è una serie, nuova per la Sicilia, di sime plastiche con anthèmiòn di loti e palmette, che indicano, con i loro motivi in tutto simili a quelli di esemplari di Caulonia, stretti contatti con l'Italia meridionale. Si tratta di tipi di tradizione ionica alla quale appare in particolar modo legato l'ambiente che si è venuto configurando attraverso i risultati delle recenti ricerche. Lo indicano la tecnica dei muri poligonali, che trova evidenti confronti a Eleusi, Delfi e Smirne, lo stile delle figurine fittili e dei rivestimenti architettonici e in particolare una serie di antefisse sileniche prodotte dal kerameikòs di N. ed esportate in altre città della Sicilia come Siracusa e Camarina.
Anche a N., come a Megara Hyblaea, Siracusa e Lentini, è stata di recente accertata l'esistenza di una fabbrica locale di vasi che inizia la sua attivita gia verso la fine dell'VIlI sec. a. C., con tipi che imitano il protocorinzio, ma che assume caratteristiche proprie soprattutto nel VII sec. a. C. Le forme più diffuse sono quelle del deìnos, dell'oinochòe e della piccola kỳlix. Nella decorazione di gusto orientalizzante prevalgono le figure di animali a silhouette piena, ma con particolari a contorno, in cui sono evidenti gli influssi delle ceramiche cicladiche.
Bibl.: P. Pelagatti, Naxos, Relazione preliminare delle campagne di scavo 1961-64, in Boll. d'Arte, 1964, p. 149 ss.; id., Antefisse sileniche siceliote, in Cronache di Archeologia e di Storia dell'Arte, 4, 1965, p. 79 ss.; id., Naxos, Scavi 1965-68. La scoperta del ceramico, in Boll. d'Arte, 1968.