nave
. In senso proprio, il sostantivo ricorre spesso con valore del tutto generico, per lo più in sede di paragone: né... / cavalier vidi muover né pedoni, / né nave, If XXII 12; Anteo, da chino che era, come albero in nave si levò, XXXI 145; Ragionando andavam forte, / sì come nave pinta da buon vento, Pg XXIV 3; cfr. anche XVII 78, XXXII 116, Cv IV IV 5, e la bella immagine di Pd XVII 42 La contingenza ... / necessità ... non prende [dal cospetto etterno] / se non come dal viso in che si specchia / nave che per torrente giù discende (per la variante per corrente, " idest, fluvium " [Benvenuto], cfr. Petrocchi, ad l.). Con questo valore generico, anche il diminutivo: Come la navicella esce di loco... (If XVII 100).
Ma talvolta si allude a una n. ben determinata, come quella di Carlo II, che già usci preso di nave (Pg XX 79), o quella di Giasone (Fiore VIII 1).
Un'imbarcazione più piccola, una " barca ", è la nave piccioletta di Flegiàs (lf VIII 15; e infatti: Lo duca mio discese ne la barca, v. 25), e quella di Caronte: Ed ecco verso noi venir per nave / un vecchio... (III 82; per il costrutto, cfr. Pg IV 93 a seconda giù andar per nave).
Piuttosto vario l'uso metaforico, che trova spesso ampio riscontro nel contesto: con riferimento all'impegno intellettuale di D. stesso, che si prepara ad affrontare l'ardua materia del Convivio, in Cv II I 1 lo tempo... domanda la mia nave uscir di porto; per che, dirizzato l'artimone de la ragione a l'ora del mio desiderio, entro in pelago con isperanza... di salutevole porto, cui si può accostare la navicella del mio ingegno di Pg I 2 (per l'immagine metaforica cfr. E.R. Curtius, Europaische Literatur und Lateinisches Mittelalter, Berna 1948, 136-138 - che polemizza con coloro che fanno dell'immagine una derivazione da Properzio [III III 22 " ingenii cymba "] e cita esempi della tradizione letteraria medievale -, e la nota di E. Raimondi, in Lect. Scaligera II 4 n. 1; e cfr. anche Pd II 1 ss.); all'ispirazione poetica si allude in Rime CXIV 4 Io mi credea del tutto esser partito / da queste nostre rime [d'amore] ... / che si conviene ornai altro cammino / a la mia nave più lungi dal lito, dove l'espressione " non è da prendere nel senso che Dante si trovasse già in età avanzata, quasi alla fine della vita, ma alla matura giovinezza, come la nave che è... in alto mare " (Barbi-Maggini; e cfr. tutta la nota ad l.). In Fiore CXCIX 61 ‛ arrivare in porto ' della n. di Amante indica il felice compimento della sua impresa. Con diversa metafora in Cv IV V 8: al tempo di Augusto, però [che] pace universale era per tutto... la nave de l'umana compagnia... a debito porto correa: qui tutta l'espressione indica il sereno prosperare delle genti pacificate.
A una nave santa nocchiere in gran tempesta è paragonata l'Italia (Pg VI 77), che, abbandonata a sé stessa, " séguita la norma de' navili vedovi di nocchieri, quando sono in tempesta " (Ottimo); come una n. è vista anche la Chiesa (la barca / di Pietro di Pd XI 119-120), come dice la voce che uscì del cielo, accentuando con l'uso del diminutivo il suo rammarico: 0 navicella mia, com' mal se' carca! (Pg XXXII 129; e cfr. anche il v. 127). Il ‛ carico ' allude alla donazione di Costantinó, e " questa è la querela che [D.] finge esser fatta da san Pietro, che la sua Chiesa sia in tal forma dotata " (Vellutello). Rimandando ad Apoc. 18, 4 " Et audivi aliam vocem de caelo dicentem: Exite de illa [Babilonia]... ", il Tommaseo chiosa: " voce di rammarico, appunto nella visione della femmina fornicante co' re ".