NATALI
– Famiglia cremonese di architetti e pittori, distinta dall’omonima famiglia originaria di Casalmaggiore, operante negli stessi anni, ma tra i cui esponenti non intercorrono legami di parentela (Maccabelli, 2006, pp. 251 s.).
Capostipite fu Giambattista Giacomo, nato a Cremona il 22 marzo 1563 nella parrocchia di S. Sepolcro (Visconti, 1854, p. 163) da Natale Natali Guardolino, mercante di cotone, mentre ignoto rimane il nome della madre.
Secondo un’errata notizia alimentata dalla storiografia artistica locale (Zaist, 1774, p. 81) si è creduto che Guardolino fosse il soprannome di Carlo, figlio di Giambattista, mentre in realtà si tratta di un vero e proprio secondo cognome presente nei documenti già nel XVI secolo, se non prima.
Il 5 agosto 1586 Giambattista sposò Sofonisba Pesenti, figlia di Pietro Martire Pesenti, detto il Sabbioneta, pittore, scultore e architetto: fu forse proprio l’attività del suocero a indirizzarlo all’«inclinazione alle arti belle» (Visconti, 1854, p. 163) anche se non conosciamo di preciso in quale ambito egli abbia operato né ci sono giunte opere a suo nome. A lui sono stati erroneamente attribuiti alcuni progetti per ancone di altari rintracciati presso il Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi (Bandera, 1979A, p. 35) che appartengono invece all’omonimo Giovan Battista Natali detto il Falzetta, architetto bolognese attivo nella prima metà del Seicento (Tabarrini, 2006, p. 262, n. 26; Caraffa - Faietti, 2011).
Ben definita appare invece la figura del figlio di Giambattista, Carlo Lorenzo, nato a Cremona il 7 agosto 1589 e battezzato nella chiesa di S. Sepolcro (Visconti, 1854, p. 165). Dopo un breve apprendistato nella bottega del pittore, suo conterraneo, Andrea Mainardi detto il Chiaveghino (Zaist, 1774, p. 81) e una presunta collaborazione con il padre e Sinidoro e Brunoro Cambi detti Bombarda nell’esecuzione degli stucchi per la chiesa cremonese di S. Pietro al Po (Voltini, 1981), presumibilmente attorno al 1610 si trasferì a Bologna presso la bottega di Guido Reni (Zaist, 1774, p. 81) per poi trattenersi nel 1618 a Genova (Bandera 1979A, p. 49 n. 18), città in cui dipinse un fregio in palazzo Doria, e poi a Roma (Zaist, 1774, pp. 81 s.). Rientrato a Cremona nel 1630, nell’aprile di quell’anno fu eletto architetto della Fabbrica del duomo della sua città, carica che mantenne fino al 1668, quando gli subentrò il figlio Giovan Battista, ma dove continuò a lavorare per tutto il resto della vita. Durante tale mandato sovrintese a vari interventi tesi a modificare radicalmente l’aspetto interno dell’edificio trasformato in quegli anni secondo i nuovi stilemi del gusto barocco.
Al 1631 risale la costruzione di un cornicione ligneo dorato – demolito in seguito per opera di Giovan Battista ma del quale si conserva il disegno presso l’Archivio della Fabbrica del duomo – che correva lungo tutta la navata maggiore (Maccabelli, 1981, p. 24) allo scopo di sorreggere i dodici arazzi di Fiandra con Storie di Sansone commissionati nel 1629 dai fabbricieri della cattedrale a Jan Raes di Bruxelles ed esposti durante particolari celebrazioni (Guadalupi, 2007); al 1634 il rinnovamento architettonico e plastico-decorativo della cappella del SS. Sacramento (navata laterale destra) ispirato a contemporanei modelli romani (quali il coro di S. Maria di Loreto; Guazzoni, 2007, p. 121) ed eseguito con gli stuccatori Giovan Angelo Galosino di Lugano e Giovanni Battista Boffa cremonese; al 1641 la trasformazione dell’altare del Crocifisso (transetto destro) in una cappella atta ad accogliere una rappresentazione plastica in legno del Calvario «a imitazione di quello di Varallo» (cit. in Guazzoni, 2007, p. 121): di tale lavoro non rimane traccia in seguito a un suo ulteriore rifacimento, operato nel 1784, quando la cappella fu dedicata alla Sacra Spina; al 1645-46 il rifacimento della cappella di S. Giovanni Battista (o della Madonna del Popolo, navata laterale sinistra), in cui i decori in stucco e oro incorniciano le tele di Giulio e Bernardino Campi. Dal 1651 si occupò della decorazione pittorica a lacunari prospettici delle volte delle navate laterali, eliminando quanto restava delle pitture medievali (Zaist, 1774, p. 82) e ideò il disegno per tutti i nuovi capitelli delle colonne della navata maggiore (Bresciani, 1665; Zaist, 1774, p. 82). Si devono ancora alla sua mano la realizzazione dell’epigrafe marmorea commemorativa del cardinale Girolamo Vidoni (1632), posta nel transetto meridionale presso l’ingresso della sagrestia dei canonici, il progetto del pulpito ligneo, poi demolito, scolpito nel 1692 dal cremonese Alessandro Arighi e il disegno della cornice per la pala dell’altare di S. Benedetto (Zaist, 1774, pp. 82 s., 97 s.).
Non ci sono prove documentarie che avvalorino quanto riportato da Zaist (p. 82) secondo il quale Carlo avrebbe incontrato a Genova il bolognese Giulio Cesare Procaccini, presente in quegli anni nella città liguree fino ad allora dedito alla scultura, cui avrebbe fornito i primi precetti pittorici. Echi dell’emiliano Procaccini uniti al misticismo di Tanzio da Varallo emergono tuttavia in alcune tele ascrivibili al terzo decennio del XVII secolo: è il caso del quadro raffigurante La Vergine tra santi e angeli che porge il rosario a s. Chiara (coll. priv.; ripr. in Maccabelli, 2006, p. 252) e di quelli con la Visione di s. Ignazio (1622, Cremona, collegio della Beata Vergine) e con la Madonna del Rosario col Bambino e s. Domenico inginocchiato contornata dai Misteri del Rosario (1626,chiesa di S. Maria a Rivara, nel Cremonese).
Del medesimo artista, Zaist (1774, pp. 82 s.) ricorda anche due tele, oggi perdute, presenti in chiese cremonesi: la prima a S. Lucia raffigurante il Martirio della santa, la seconda a S. Francesco con S. Fermo martire; Bresciani (1665) ricorda alcuni affreschi, di soggetto ignoto, un tempo nella navata mediana della chiesa di S. Lorenzo. All’interno della vita del Chiaveghino, primo maestro di Carlo, Baldinucci (1681-1728) rammenta anche le sue doti di ritrattista, ma dei numerosi ritratti citati anche da Zaist (1774, p. 83) non è stata rinvenuta traccia.
Per quanto riguarda l’edilizia civile, a Carlo si deve il primo progetto, avviato nel 1642 (Azzolini, 1998, p. 35 s.), di villa Dati a Cella (od. Cella Dati) nel territorio tra Mantova e Cremona, residenza estiva della famiglia degli omonimi marchesi. L’edificio, rimaneggiato nel corso dell’Ottocento, presenta facciata lineare fiancheggiata da due brevi avancorpi, collegati da un piccola loggia aperta e finestre massicciamente profilate, sormontate da timpani triangolari o centinati.
Carlo gestì anche una scuola di pittura nella propria casa: fra i suoi allievi, si ricordano, Gervasio Gatti e Francesco Boccaccino (Zaist, 1774, pp. 83, 272). Morì a Cremona nel 1683 (Maccabelli, 2007, p. 224).
Dall’unione di Carlo con Maddalena Teodora nacque nel 1630, a Cremona, Giovan Battista. Dopo aver appreso i principi del disegno di figura e di architettura dal padre (Zaist, 1774, p. 83), frequentò la bottega di Pietro Martire Neri, ritrattista cremonese, e fu probabilmente in contatto con Pietro Ricchi detto il Lucchese (Visconti, 1854, p. 165). Nei primi anni Cinquanta, probabilmente grazie all’interessamento del marchese Antonio Maria Dati, mecenate e protettore della sua famiglia, si recò a Roma (Maccabelli, 2007, p. 212). Privo di veridicità storica sembra essere il suo alunnato presso la bottega di Pietro Berrettini da Cortona (Zaist, 1774, p. 83), artista forse mai conosciuto di persona ma del quale sentì profondamente l’influenza e del quale gli erano ben note le opere, grazie anche alla mediazione del maestro Neri (Visconti, 1854, p. 165), presente a Roma dal 1647.
A questo primo periodo romano è legata la vicenda riportata da Zaist (1774, pp. 84 s.) secondo il quale il marchese Dati – incaricato di indagare, per conto del padre, sui motivi degli sperperi di denaro del figlio – scoprì che, oltre ad acquistare molti disegni, questi spendeva ingenti somme anche per una giovane romana, Prudenza Vincenzi; stando alla stessa fonte il marchese, dopo aver ottenuto da Carlo l’assenso per il matrimonio, avrebbe condotto nel 1654 i due sposi a Cremona. Dall’unione nacquero 11 figli: Maddalena Teodora (1654), Sofonisba Elena (1656), Marco Antonio Giacinto (1658), Margherita Teresa (1659), Giuseppe Cristoforo (1661), Margherita Teresa (1663), Felice Caterina (1665), Leopoldo (1666; padrino di battesimo fu il marchese Dati), Leopoldo Giovanni (1669), Carlo Guido (1671) e Vittoria Serafina (1672), dei quali Maddalena e Giuseppe avrebbero seguito le orme paterne.
Gli stretti rapporti fra i Natali e i marchesi Dati continuarono nel tempo. A Giovan Battista fu infatti affidato l’incarico, nel 1654, di affrescare la residenza estiva della famiglia a Cella, progettata dal padre (Zaist, 1774, p. 85).
Nella decorazione del soffitto del salone d’entrata ripropose in modo pedissequo la decorazione ideata da Pietro da Cortona nella loggia del palazzo Pamphili in piazza Navona raffigurante il Consiglio degli dei dell’Olimpo mentre, nella decorazione della volta del salone adiacente, trasse ispirazione dagli affreschi con il Trionfo della Divina Provvidenza dipinti dal Cortona nel palazzo romano dei Barberini, estrapolandone temi decorativi e soggetti ma omettendo, ovviamente, le armi della casata.
Dal 1655 al 1681 Giovan Battista collaborò con il padre ai lavori nella cattedrale di Cremona e, dal 1668, come già accennato, gli subentrò nell’incarico di architetto della Fabbrica; entrambi furono pertanto protagonisti del profondo rinnovamento cui fu sottoposto l’interno dell’edificio sacro (Guazzoni, 2007, p. 120) e, in particolare, del completo riassetto degli altari delle navate minori.
Si deve al solo Giovan Battista la ristrutturazione, tra il 1667 e il 1670, dei primi tre altari della navata di sinistra (altare della B. Vergine delle Grazie, altare di S. Giuseppe, altare di S. Antonio Abate), e, qualche anno dopo, di due della navata destra (altare della Vergine della Pace o di S. Eusebio, 1676; altare di S. Caterina, 1679-1680), questi ultimi ideati dopo il secondo viaggio a Roma (Bandera, 1979A, p. 49 n. 16; Id., 1989, p. 826). Fonte d’ispirazione per tali interventi risultano, in tono più sfarzoso, le macchinose realizzazioni scenografiche ideate da Giovan Battista per ilrinnovamento degli altari laterali della chiesa cremonese di S. Agostino (Maccabelli, 1981, pp. 28 s.) cui aveva sovrinteso tra il 1662 e il 1664.
Al periodo compreso tra 1663 e 1665 risalgono i lavori di Giovan Battista nella cappella di S. Paola Romana nella chiesa cremonese di S. Sigismondo: oltre alla pala d’altare, raffigurante la Morte della santa eponima, datata (1663) e firmata, sono di sua mano anche le due tele laterali con i Funerali della santa e l’Edificazione del monastero, come pure la decorazione con finte architetture ad affresco della volta della cappella (1665). Come si evince da due lettere datate 6 e 27 dicembre (Maccabelli, 1979B, pp. 99 s., docc. XIV, XV), nel 1668 Giovan Battista si recò dapprima a Milano e a Como, per ordinare e far lavorare marmi per due cappelle del duomo cremonese, poi a Genova (Bandera, 1979B, p. 100).Nel 1671 ridipinse sul Torrazzo (come viene usualmente definito il campanile della cattedrale cremonese) il pubblico orologio ideato nel 1583 dai fratelli Giovan Battista e Giovan Francesco Divizioli con i segni dello Zodiaco come pure la sottostante «arma di Spagna, istoriata con Angeloni e Putti» di cui Zaist (1774, p. 36) ricorda il disegno autografo dipinto e dorato, un tempo presente in una sala della Veneranda Fabbrica del duomo. L’intera decorazione fu del tutto rinnovata nel 1710 da Giuseppe Natali, appartenente all’omonima famiglia originaria di Casalmaggiore (ibid., p. 120). Tra il 1674 e il 1675 si recò di nuovo a Roma, grazie alle lettere di raccomandazione del cardinal Leopoldo de’ Medici del quale fu, fino al 1675 (anno di morte del cardinale), procacciatore di dipinti e disegni (Bandera, 1979A; 1979B). A partire da questi anni, soggiornò a più riprese a Roma: introdotto nelle cerchia del potente cardinale Paluzzo Paluzzi degli Albertoni, meglio conosciuto come cardinal Altieri (Stella, 1960), il 28 ottobre 1674 fu accolto nell’Accademia di S. Luca (Maccabelli, 2006, p. 255) e, dal 12 gennaio al 12 aprile 1676, risulta partecipare assiduamente alle riunioni mensili della Compagnia dei Virtuosi al Pantheon; nel 1687 e nel 1689, fu anche eletto artista «festarolo», termine con il quale si indicava colui che si occupava dei festeggiamenti in onore di S. Giuseppe, patrono della suddetta Compagnia (Id., 2007, p. 216).
Sempre agli anni romani (1675) risale la curiosa notizia secondo cui Giovan Battista, dopo un convincente discorso illustrativo tenuto presso i Virtuosi al Pantheon, avrebbe depositato il brevetto di una «sorba» o «tromba», strumento assai diffuso nelle abitazioni private cremonesi grazie al quale si sollevavano o cavavano liquidi da pozzi o cisterne (Zaist, 1774, p. 37). Proprio alle «trombe» per estrarre liquidi è dedicato un intero capitolo del manoscritto (Ioannis Baptistae Natali adversaria de architectura et pictura ) custodito nella Biblioteca Vaticana (Vat. lat. 10305) scritto a Roma dallo stesso Natali e che fornisce preziose indicazioni riguardo all’organizzazione dei cantieri romani in epoca barocca (Tabarrini, 2006, p. 262).
Nel 1678 eseguì, nella chiesa di S. Maria del Suffragio (prima cappella a destra), gli affreschi della volta con La colomba dello Spirito Santo e l’Eterno in gloria d’angeli, tre grandi tele con l’Adorazione dei magi, l’Adorazione dei pastori e il Sogno di Giuseppe e la cornice marmorea che profila i ritratti funebri a rilievo (scolpiti da Domenico Guidi) del suo maestro Neri e del di lui cognato Gaspare Moroni. In questi anni di intensa attività non abbandonò la professione di architetto poiché proprio agli anni Settanta risale l’inizio della progettazione di villa Gerenzani (ora Calciati) a Dosimo, presso Cremona. Dell’edificio, tuttora esistente, sono stati rintracciati (Azzolini, 1998, p. 35) l’«abbozzo» (1676) e il «pensiero con pianta» (1681) nei quali appare evidente la semplice planimetria ideata dall’artista che pur seguendo lo schema tipico delle case rurali lombarde ‘a torreselle’, si mostra memore di ascendenze peruzziane nella loggia centrale aperta, fiancheggiata da due brevi avancorpi. Numerose sono poi le le tele realizzate per diverse chiese cremonesi nelle quali forte appare l’influenza dello stile del genovese Luigi Miradori, detto il Genovesino, con il quale Giovan Battista fu sicuramente in rapporti visto che nel 1655 Miradori fece da padrino a uno dei suoi figli (Bandera,1979A, p. 35).
Si ricordano, in particolare: l’Apparizione della Vergine a s. Antonio (1654, chiesa di S. Imerio), il Battesimo di s. Valeriano e il Battesimo di s. Agostino (1665), nella chiesa di S. Pietro al Po, l’Apparizione della Madonna col Bambino al beato Bernardo de’ Tolomei ed ai monaci Ambrogio Piccolomini e Patrizio Patrizi (1674, Cremona, Museo civico), il Miracolo di s. Domenico (chiesa di S. Domenico, disperso).Nel Martirio di s. Tommaso diCanterbury, dipinto nel 1657 per la chiesa di S. Pietro al Po, appare l’influenza marcata di un altro pittore genovese, Giovanni Andrea Ansaldo, il cui stile, grandiosamente illusionistico, Giovan Battista aveva probabilmente avuto modo di conoscere durante il suo soggiorno genovese (Maccabelli, 2007, p. 212).
Morì a Roma poco prima del 28 giugno 1696, giorno in cui vennero celebrate le sue esequie (Thieme - Becker).
La figlia Maddalena – a lungo erroneamente indicata come sua sorella (Zaist, 1774, p. 88) – ricordata dalle fonti come valente ritrattista (ibid., pp. 36 s.), compì la sua formazione principalmente a Roma, città dove, insieme al fratello Giuseppe, si era recata tra 1674 e il 1675 al seguito del padre. Nelle lettere indirizzate da Giovan Battista a Leopoldo de’ Medici (Bandera, 1979B, p. 104) sono citati numerosi ritratti di gentidonne, opera di Maddalena, a tutt’oggi irreperibili; l’unico rintracciato è il Ritratto di prelato (1675), conservato presso il Museo Ala Ponzone di Cremona (Maccabelli, 2007, pp. 223-225). I regolari pagamenti versati all’Accademia di S. Luca dal 28 ottobre 1674 fino al 12 aprile 1676 testimoniano la sua presenza a Roma, dove è assai probabile che si fosse stabilita definitivamente presso la famiglia materna (Maccabelli, 2007, p. 225). Dopo il 1676 di lei non si hanno più notizie; ignoti sono il luogo, probabilmente Roma, e la data di morte.
Il fratello Giuseppe, giunto a Roma con il padre e la sorella, iniziò a frequentare, grazie anche all’appoggio di Leopoldo de’ Medici, la bottega di Ciro Ferri (Bandera, 1979B, pp. 103 s., 110), celebre pittore allievo di Pietro da Cortona e direttore dell’Accademia Medicea dal 1673 al 1686. Di lui si rammentano, nel 1678, la collaborazione con il padre nei lavori in S. Maria del Suffragio e, nel 1681, il completamento della decorazione della cappella del Rosario nella basilica di S. Lorenzo a Monticelli d’Ongina (Piacenza), iniziata anch’essa da Giovan Battista. Nel 1682 risulta iscritto all’Accademia di S. Luca dove si classificò al quarto posto della prima classe di pittura (Maccabelli, 2007, pp. 257 s.). Il suo nome compare nell’elenco dei partecipanti alle riunioni della Compagnia dei Virtuosi al Pantheon fino al luglio del 1697; a partire da questa data se ne perdono le tracce.
Fonti e Bibl.: G. Bresciani, La virtù ravivata de’ Cremonesi insigni… (1665), a cura di R. Barbisotti - A. Puerari, Cremona 1976, p. 231; F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno… (1681-1728), VII, Milano 1811, p. 575; A. Capra, La nuova architettura civile e militare (1683), Sala Bolognese 1987, pp. 176 s.; G.B. Zaist, Notizie istoriche de’ pittori scultori ed architetti cremonesi, II, Cremona 1774, pp. 81-87, 97 s., 120, 272; P.E. Visconti, Precetti della pittura e delle arti… riuniti ed esposti da Giambattista N. pittore cremonese del secolo XVII in un manoscritto reso ora noto dal possessore di esso P. E. commendatore Visconti…, in Giornale arcadico di scienze, lettere e arti [Roma], 1854, vol. 135, pp. 154-169; A. Stella, Altieri, Paluzzo, in Diz. biogr. degli Italiani, II, Roma 1960, pp. 561-564; S. Bandera, Un corrispondente cremonese di Leopoldo de’ Medici: Giovan Battista N. e la provenienza dei disegni cremonesi agli Uffizi, in Paragone, XXX (1979A), 347, pp. 34-55; Id., Lettere di Giovan Battista N. a Leopoldo de’ Medici, ibid. (1979B), pp. 93-116; A. Maccabelli, L’attività dei N. in cattedrale (1630-1680), in Cremona, XI (1981), 4, pp. 23-34; F. Voltini, La chiesa di S. Pietro al Po in Cremona, Cremona 1981, p. 32; L. Bandrea, Natali, Giovan Battista, in La pittura in Italia. Il Seicento, a cura di M. Gregori - E. Schleier, II, Milano 1989, p. 826; Id., Natali, Giovan Battista, in Pittura a Cremona dal Romanico al Settecento, Milano 1990, pp. 295 s.; L. Azzolini, Progetti inediti di Giovan Battista N., pittore-architetto cremonese, in Arte lombarda, n. s., CXXII (1998), 1, pp. 35-38; A. Maccabelli, «Casa Natali», la famiglia si allarga, in La scuola classica di Cremona. Annuario 2006, Cremona 2006, pp. 251-261; M. Tabarrini, Sul cantiere barocco, in Roma barocca (catal.), a cura di M. Fagiolo - P. Portoghesi, Roma 2006, pp. 262 s.; A. Guadalupi, Gli arazzi fiamminghi della cattedrale. Storie della vita di Cristo e Storie di Sansone, in Cattedrale di Cremona, Milano 2007, p. 342; V. Guazzoni, Al servizio della Fabbrica, ibid., pp. 120-126; A. Maccabelli, in La Pinacoteca Ala Ponzone. Il Seicento, a cura di M. Marubbi, Cremona 2007, pp. 211-217, 223-225, 257 s.; A. Serafini, Miradori, Luigi, detto il Genovesino, in Diz. biogr. degli Italiani, LXXIV, Roma 2010, pp. 774-780; Giovan Battista N.: un caso di omonimia, in Disegni dagli Uffizi rivisti (catal., on line), a cura di C. Caraffa - M. Faietti, 2011: http://www.uffizi.firenze.it/mostre; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 352.