NATALI
– Famiglia di pittori quadraturisti e architetti originaria di Casalmaggiore, nel Cremonese, contemporanea di un'omonima famiglia di artisti cremonesi con la quale non intercorrono legami di parentela.
Capostipite fu Giambattista, indicato come capomastro a Casalmaggiore (Zaist, 1774, p. 117). La sua data di nascita è ignota; sposatosi nella parrocchia di S. Stefano con Domenica Magni, ebbe con lei nove figli: Giuseppe, Maria Caterina (n. 1657), Francesco Maria (n. 1659), Maria Maddalena (n. 1660), Maddalena (n. 1662), Pietro Maria (n. 1663), Teresa (n. 1666), Francesco, Lorenzo (n. 1673).
Il primogenito, Giuseppe, nato a Casalmaggiore il 7 luglio 1654 (Azzolini, 1994, p. 41), fu pittore di architetture e «ragionevole dipintore di figure» (Zaist, 1774, p. 118). Dopo l’iniziale praticantato nella scuola locale di Girolamo Pellizzoni detto il Crescini o, per alcuni, Grassini (Còccioli Mastroviti, 2011, p. 240), mediocre pittore ma valente architetto, grazie all’interessamento dell’ecclesiastico Alfonso Ferrari e del conte Camillo Magio, suoi mecenati, si recò a Roma e a Bologna per completare la formazione. La lezione emiliana, in particolare quella di Ferdinando Galli Bibiena, influenzò fortemente la sua maniera pittorica caratterizzata da architetture dipinte intervallate da ariosi paesaggi. Tra la fine del Seicento e il primo decennio del secolo successivo svolse la sua attività di frescante, quasi mai avvalorata da documenti e spesso espletata col supporto dei fratelli Francesco, Pietro Maria e Lorenzo (ibid., p. 43), sia nella natia Casalmaggiore sia in molti altri luoghi della Lombardia e dell'Emilia.
Si ricordano gli affreschi in due sale di palazzo Magnani (Zaist, 1774, p. 121) a Casalmaggiore, nella chiesa di S. Giacomo a Soncino (1696; decorazioni a quadratura lungo le pareti presbiteriali e sulla volta della navata centrale), in palazzo Barni a Lodi (1698-1704; quadrature del salone d’onore, del salotto adiacente e di altre sei sale al piano nobile), nell'oratorio della Beata Vergine delle Grazie a Cortemaggiore (1699 - ante 1709), nel palazzo di proprietà del marchese Luigi Botta Adorni a Pavia (1700-06), nella volta della residenza del padre generale dei monaci geronimiani (1705) e nella sagrestia della chiesa dei Ss. Pietro e Paolo a Ospitaletto Lodigiano (1705), nel duomo vecchio (cappella del Ss. Sacramento) e nei palazzi dei conti Palazzi e dei marchesi Martinengo a Brescia (in entrambi decorò le volte di due ambienti), nella chiesa di S. Francesco (cappella di S. Antonio da Padova) e in palazzo Archinto (galleria del piano nobile: sue le quadrature, le figure sono di Andrea Lanzani) a Milano, un «orto pensile», forse un fondale prospettico, nel palazzo vescovile a Reggio nell'Emilia su commissione dell’allora vescovo cremonese Ottavio Picenardi. Un caso isolato, seppur significativo, resta, nella sua carriera di pittore quadraturista, la progettazione, nei primi anni del Settecento, dell’altare maggiore della basilica di S. Gaudenzio a Novara, per il quale predispose anche un modello (Còccioli Mastroviti, 2011, p. 247).
Sul volgere del Seicento e nei primi decenni del secolo successivo, insieme ai fratelli, inaugurò a Cremona una fiorente bottega di pittura (fra gli allievi si ricordano Gian Battista Zaist e Giovan Angelo Borroni) e lavorò molto in numerose chiese della città realizzando svariate decorazioni per le quali è quasi sempre difficile stabilire una datazione precisa (ibid., p. 241). Eseguì l’affrescatura (figure del fiammingo Robert De Longe) del soffitto della chiesa di S. Monica, di cui si conserva solo la decorazione di tre campate rispettivamente con la Gloria di S. Agostino, S. Monica e l’Eterno Padre; la decorazione del soffitto con scorci di sotto in su sopra l'altare di S. Antonio di Padova nella chiesa di S. Vincenzo; «molte picciol Capelle» (Zaist, 1774, p. 119) nella chiesa di S. Bartolomeo; le quadrature della volta della chiesa di S. Abbondio (ibid.) e la decorazione della volta, in parte a figure e in parte ad architetture, in S. Gerolamo, eseguita con la collaborazione di Francesco Boccaccino; gli affreschi (perduti tra 1868 e il 1869) della cappella di S. Caterina in S. Domenico; l’intera decorazione sempre a quadratura (scomparsa, realizzata con il bolognese Francesco Rocca) dell’oratorio del Ss. Crocifisso, un tempo annesso alla chiesa di S. Antonio Abate, sede della Congregazione dei mercanti (Còccioli Mastroviti, 2011, p. 56); le quadrature della volta della cappella di S. Filippo Neri, gli ornati della cappella dell’Angelo Custode (1698, figure di De Longe) e le decorazioni prospettiche nei transetti in S. Sigismondo (ibid., p. 242); la decorazione della facciata (perduta perché completamente ricostruita tra 1845-48 dall’architetto Luigi Voghera) «tutta dipinta a chiaroscuro» in S. Agata (Zaist, 1774, p. 119).
Oltre che per la committenza religiosa lavorò, sempre a Cremona, anche per quella privata (ambito anch'esso per il quale non è sempre agevole risalire a una sicura e precisa datazione). Si ricordano le raffinate decorazioni della galleria e di una stanza di palazzo Cattaneo (Còccioli Mastroviti, 2011, p. 246), quelle di alcuni locali in palazzo Maggi Grasselli (ibid., p. 240), i fregi di sapore manieristico di palazzo Soresina Vidoni (ibid., pp. 54 s.) o gli scenografici soffitti di palazzo Lodi-Mora-Zaccaria (ante 1699) realizzati con Boccaccino (Azzolini, 1994, pp. 43-50). In collaborazione con Zaist, eseguì le quadrature (perdute) della volta dello scalone di palazzo Araldi (1718 circa).
Numerosi anche i lavori eseguiti a Piacenza e dintorni. Nel primo decennio del Settecento fu impegnato, insieme al fratello Francesco, al fiorentino Sebastiano Galeotti e a De Longe – questi ultimi due in qualità di figuristi – nella chiesa di S. Teresa (1708, quadrature del presbiterio e cappella di S. Teresa, con una balaustra illusionisticamente sagomata sulle pareti e l'Ascensione di s. Teresa nella volta). Di sua mano sembrano pure essere il prezioso repertorio decorativo di prospettive architettoniche intervallate da morbidi inserti floreali presente nella zona presbiteriale dell’oratorio di S. Cristoforo e le elaborate vedute per angolo di matrice bibienesca che accompagnano gli affreschi a tema mitologico del salone della villa di Castelnuovo Fogliani (attuale aula magna dell'Università del Sacro Cuore).
Morì a Cremona il 1° dicembre 1720 e fu sepolto in S. Bartolomeo, davanti all’altare di S. Giuseppe (Fiori, 1972, p. 198, n. 48). Sua moglie, Teresa Gabelli, risulta morta a Piacenza, dove si era trasferita con la figlia Genoveffa, il 18 gennaio 1733.
Francesco, detto il Piacentino, nacque a Casalmaggiore l’8 settembre 1669. Avviato da Giuseppe all'arte della quadratura, dal 1697 è documentato per circa un decennio a Pontremoli, in Lunigiana, dove lavorò intensamente anche in collaborazione con il figlio Giambattista. Al periodo compreso tra il 1697 e il 1700 risale la grandiosa quadratura del salone e di nove stanze di villa Dosi Delfini (1697-1700), in cui i soggetti mitologici realizzati dal toscano Alessandro Gherardini appaiono scenograficamente inquadrati da balconcini bombati e dal profilo irregolare, da vedute per angolo e da colonne tortili: l’effetto è marcatamente architettonico e prelude già al barocchetto delle sue opere successive.
Tra gli altri affreschi eseguiti col figlio a Pontremoli si ricordano, entro la prima metà del Settecento, quelli, perduti, nella navata e nel transetto del duomo con S. Rosa da Lima e S. Geminiano e quelli della sagrestia e della cappella di S. Nicola da Tolentino nella chiesa della Ss. Annunziata (1697-1707); i dipinti per casa Ferdani Buttini e per l'alcova di casa Cortesi (entrambi del 1707); quelli per le cappelle di S. Orsola (1722) e di S. Antonio (1725; dove compare anche la sua firma) nella chiesa di S. Francesco; all'inizio del quarto decennio risalgono i dipinti nel piano nobile di palazzo Petrucci (1732-33).
Tra il 1705 e il 1707 lavorò a Livorno nell'oratorio di S. Ranieri (Còccioli Mastroviti, 2006, pp. 296 s.). Nel 1709 si recò a Milano e, intorno alla fine del primo decennio, eseguì alcune decorazioni nel coro dei monaci della certosa di Pavia (Zaist, 1774, p. 133). Tra la fine del primo decennio e la metà del secondo si stabilì a Piacenza con la moglie Annunziata Ferrari prima nella parrocchia di S. Mario, poi in quelle di S. Antonino (1711), di S. Alessandro (1717-1733) e di S. Eufemia (1733-1735). Verso il 1720 fu a Modena (Còccioli Mastroviti, 1990, p. 805), città in cui Zaist (1774, p. 133) ricorda il suo operato in due stanze dipinte in occasione delle nozze della duchessa Carlotta d’Orléans con Francesco d'Este.
Compì numerosi interventi ad affresco, sempre in senso architettonico decorativo, anche a Parma (nell'oratorio delle Grazie,1715; nella distrutta chiesa delle teresiane scalze, in collaborazione con Galeotti, 1717; nella certosa, 1720-21; nella cappella della Beata Vergine degli Angeli in duomo, 1721), Colorno (palazzo ducale e teatro), Vicenza (palazzo Porto, 1725), Codogno (santuario della Madonna di Caravaggio, in collaborazione col Galeotti,1729) e Piacenza (palazzo Cavazzi della Somaglia, 1709-12, alcova e galleria; oratorio di S. Giorgio Sopramuro, in collaborazione con Galeotti, 1711; palazzo Farnese, gabinetto della duchessa Dorotea Sofia, 1717; S. Rocco, 1723-25; S. Vincenzo, 1732, seconda cappella, navata sinistra; S. Giovanni in Canale, decorazione del presbiterio, 1734). Si ricordano inoltre gli interventi nella villa Paveri Fontana a Castel San Giovanni (1713) e nel salone d'onore di palazzo Douglas Scotti (attuale prefettura) a Vigoleno (post 1726; Còccioli Mastroviti, 2011, p. 235), nel Piacentino.
Nel primo decennio del Settecento frequentò spesso Massa, dove con i fratelli Lorenzo e Pietro decorò in palazzo ducale il salone degli Svizzeri, andato distrutto in un incendio (Còccioli Mastroviti, 1990, p. 805) e completamente ridipinto ai primi dell'Ottocento dal reggiano Giuseppe Reggini su disegno del massese Saverio Salvioni.
Apice della sua arte è considerato il ciclo di affreschi in palazzo Bertamini Lucca a Fiorenzuola d’Arda, nel Piacentino, realizzato tra il 1724 e il 1733 con il ticinese Bartolomeo Rusca. Nei dipinti, che hanno come tema alcune Allegorie e vari episodi tratti dalle Metamorfosi di Ovidio, l’armoniosa unità di intenti tra i due artisti appare in tutta evidenza. Notevole, in particolare, la complessa macchina architettonica della volta del salone del piano nobile che fa da cornice a uno sfondato di cielo popolato da divinità mitologiche e, al centro della parete finestrata, la figura allegorica rappresentante l’Architettura colta nell’atto di sorreggere il progetto del palazzo (Còccioli Mastroviti, 1989, p. 157).
Morì a Pontremoli il 31 ottobre 1735, mentre era intento a decorare la cupola dell’oratorio della Madonna del Ponte, e fu sepolto nella chiesa di S. Colombano (Fiori, 1972, p. 197, n. 46).
Dei suoi figli ne seguirono le orme Giambattista e Rainiero, nato a Piacenza nel 1711, del quale sono ricordati solo alcuni affreschi nella chiesa di S. Bernardino a Castiglione d'Adda (Fiori, 1972, p. 198). La figlia Angela sposò il pontremolese Ercole Contestabili e da loro nacque, nel 1716 a Piacenza, Antonio, anch’egli pittore.
Giambattista, nato a Pontremoli nel 1698, iniziò la formazione artistica in parte presso lo zio Giuseppe che lo avviò allo studio della quadratura e dell’illusionismo prospettico, e in parte presso il padre, che lo indirizzò verso un tipo di pittura più prettamente decorativo. Con il padre e con Galeotti è documentato (Còccioli Mastroviti, 1990, p. 805) per la prima volta a Parma nel cantiere delle teresiane scalze e nell’oratorio della Beata Vergine delle Grazie (1717). La febbrile attività del padre fra Parma, Piacenza e Pontremoli gli permise di avvicinarsi a differenti realtà pittoriche, da quelle di area lombarda a quelle liguri e emiliane (Còccioli Mastroviti, 1990, p. 805). Nel 1728 fu a Parma con Pietro Righini dove svolse attività di scenografo per il teatro ducale e, entrato nell’entourage di Elisabetta Farnese, realizzò alcuni disegni per le sue collezioni (1731; Còccioli Mastroviti, 1990, p. 806). Dopo un breve periodo trascorso a Milano (1731-32), si trasferì a Pontremoli, dove, oltre a decorare un’alcova in casa Petrucci (1732), progettò, in qualità di architetto, l’oratorio di Nostra Donna (1732-38), di cui curò, con Galeotti, la decorazione interna. Nel 1732 rientrò a Piacenza: qui affrescò col padre la facciata delle chiesa di S. Donnino (dipinti perduti). Nello stesso anno l’Anzianato della città gli affidò l’incarico di realizzare il progetto, su cui si conserva un interessante carteggio (Còccioli Mastroviti, 1990, p. 806), per una macchina di fuochi allestita per celebrare l’ingresso ufficiale in città di Carlo I di Borbone, nuovo duca di Parma e Piacenza. Sempre a Piacenza, nel 1734, eseguì le quadrature (figurista Luigi Mussi) nella cappella della Madonna della Cintura della chiesa di S. Paolo. Dalla fine del terzo decennio del secolo lavorò molto anche a Genova: in collaborazione con Mussi eseguì decorazioni per la chiesa della Maddalena (1729); con il reggiano Giovan Battista Fascetti realizzò alcune scenografie per il teatro del Falcone (1735) e per il teatro S. Agostino (1737); sue anche le quadrature presenti nell’appartamento di Maddalena Doria Spinola in palazzo Spinola (1736 circa; Còccioli Mastroviti, 2004, p. 273).
Intorno al 1735 lavorò nell'oratorio della Beata Vergine delle Grazie a Castel San Giovanni (Còccioli Mastroviti, 1990, p. 806). Tra il 1735 e il 1743, a Casale Monferrato, con il savonese Agostino Ratti e il ticinese Bartolomeo Rusca, decorò il grandioso salone da ballo in palazzo Ardizzone D’Arco (quadrature che accompagnano il Banchetto degli dei dell'Olimpo) e alcuni ambienti in palazzo Magnacavalli e palazzo Gozzani di Treville (ibid.); inoltre, insieme col casalese Pietro Francesco Guala, operò in palazzo Sannazzaro (architetture illusionistiche nella sala da ballo inquadranti il tema raffigurante l’Omaggio alle arti).
Le fonti ricordano un suo soggiorno a Lucca, «città ove lavorò molto» (Soprani - Ratti, 1768, p. 370); risalgono all’inizio del 1741 gli affreschi eseguiti in una sala in palazzo Sardi (come provano alcune note di pagamento emesse da Lorenzo Sardi a favore di Giambattista, qui chiamato «Natalino Parmigiano» e di Domenico Falcetti, locandiere che per un mese lo aveva ospitato con un suo compagno) e alcune quadrature con temi floreali (1743) – assai vicine alle decorazioni di palazzo Dosi Magnavacca (1743-47) a Pontremoli – ideate per il palazzo d’estate di Francesco Buonvisi in via Fillungo (Betti, 2007, pp. 139 s.).
In questi anni esercitò anche, a Pontremoli, l'attività di architetto: suoi sono i progetti del pronao della chiesa di S. Francesco (1741), di palazzo Rusca Pavesi (1742-49) e del citato palazzo Dosi Magnavacca (1743-47; Còccioli Mastroviti, 1990, p. 806). Attorno al 1746 potrebbe anche aver siglato – in collaborazione con il quadraturista Antonio Alessandri e con il figurista Eulogio Fariselli Bobbi – le quadrature della chiesa di S. Tommaso Apostolo a Verdeto nel Piacentino (Còccioli Mastroviti, 2004, p. 273).
Nel 1747 su invito del conte piacentino Gian Felice Gazzola, ingegnere e comandante delle artiglierie borboniche, si trasferì a Napoli, dove divenne pittore di corte di Carlo III di Borbone (1749) e rimase fino a qualche mese prima della morte. Risalgono a questo periodo gli affreschi con Allegorie delle Virtù regie realizzati sulle pareti orientale e occidentale del secondo salone, detto saloncino dei Busti, a Castelcapuano (attuale sede della Corte d’Appello di Napoli). In questo stesso luogo, pur mancando precisi riscontri documentari, gli si possono attribuire, con buon margine di certezza, anche le pregevoli inquadrature architettoniche entro le quali una serie di allegorie (attribuite a Carlo Amalfi), non ancora del tutto decifrate, interpreta il tema della Giustizia (Porzio, 2007). Sempre a Napoli realizzò quadrature nella certosa di S. Martino (cappella della Maddalena), in S. Brigida, S. Nicola alla Carità, S. Michele Arcangelo, S. Nicola ai Padri Operari e S. Paolo Maggiore; l'intervento decorativo in S. Chiara è andato perduto nell'incendio che nel 1943 distrusse l'interno della basilica (Còccioli Mastroviti, 1990, p. 806). Per la reggia di Capodimonte (1757-59) approntò il progetto architettonico decorativo del salottino di Porcellana, una stanza quadrangolare con pareti interamente rivestite da lastre di porcellana, interrotte da sei grandi specchiere, e completata da un soffitto a stucco. Il conte Gazzola, tra i primi studiosi a mostrare interesse alla conoscenza e alla documentazione delle rovine e delle piante di tutti i monumenti che si trovavano lungo l’antica via Campana, dopo le prime ricognizioni effettuate tra gli anni Quaranta e Cinquanta nei siti archeologici di Pozzuoli, Cuma, Baia e Paestum lo incaricò di realizzare, insieme a Gaetano Magri, Mario Gioffredo, Filippo Falciatore, Giuseppe Ricciardelli, Tommaso Rajola e Francesco La Marra, i disegni (eseguiti tra il 1746-48 e il 1750-1752 e oggi perduti) per le tavole poi incise e poste a coronamento dei volumi di Paolo Antonio Paoli Puteolanae antiquitates (Napoli 1768; Simoncini, 2001, p. 164) e dell'inglese Thomas Major (The ruins of Paestum, London 1768).
Dopo essersi ritirato a vivere nel convento napoletano di S. Brigida, tornò a Cremona, dove morì il 10 ottobre 1765.
Fonti e Bibl.: R. Soprani - C.G. Ratti, Vite de’ pittori, scultori ed architetti genovesi…, I, Genova 1768, pp. 370 s.; G.B. Zaist, Notizie istoriche de’ pittori, scultori ed architetti cremonesi, II, Cremona 1774, pp. 117- 123, 132-135; G. Fiori, Documenti biografici di pittori piacentini dalla fine del 400 al 1700, in Archivio storico per le Province parmensi, s. 4, XXIV (1972), pp. 196-199; A. Còccioli Mastroviti, Per un censimento della quadratura negli edifici religiosi a Piacenza tra barocco e barocchetto: il contributo dei N., in Bollettino storico piacentino, LXXXI (1986), pp. 36-57; Id., Rigore prospettico, artificio, scenografia nelle decorazioni a quadratura di Francesco N., in Archivio storico per le Province parmensi, s. 4, XLI (1989), pp. 149-161; Id., N., Francesco, N., Gian Battista, N., Giuseppe, in La pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1990, pp. 805-807; L. Azzolini, Giuseppe N. nei decori del palazzo Lodi-Mora poi Zaccaria, in Strenna dell’ADAFA, XXXIV (1994), pp. 41-53; G. Simoncini, Ritorni al passato nell’architettura francese: fra Seicento e primo Ottocento, Milano 2001, p. 164; M. Forni, Gli «appartamenti del re» e il «salone dipinto» in palazzo Botta Adorno di Pavia. Le opere di quadratura di Giuseppe N., in Bollettino della Società pavese di storia patria, CIII (2003), pp. 275 s.; A. Còccioli Mastroviti, Momenti, protagonisti e aspetti del quadraturismo a Piacenza e nel territorio nell’età dei Bibiena: Giuseppe, Francesco e G. Battista N., in L’Architettura dell’inganno. Quadraturismo e grande decorazione nella pittura di età barocca. Atti del Convegno internazionale di studi, Rimini… 2002, a cura di F. Farneti - D. Lenzi, Firenze 2004, pp. 267- 277; Id., Francesco N. quadraturista: momenti e aspetti della decorazione a quadratura fra Toscana, Ducato farnesiano, Lombardo-Veneto, in Realtà e illusione nell’architettura dipinta. Quadraturismo e grande decorazione nella pittura di età barocca. Atti del Convegno internazionale di Studi, Lucca… 2005, Firenze, 2006, pp. 295-306; P. Betti, Decorazioni pittoriche del Settecento nelle dimore di Lucca: il palazzo Sardi e il palazzo Talenti, in Le dimore di Lucca. Atti del Convegno di studi, Lucca… 2005, a cura di E. Daniele, Firenze 2007, pp. 139-146; A. Porzio, Dipinti murali del Sette e Ottocento in Castelcapuano a Napoli e cenni sul loro restauro (2005-06), in Mibac conservazione: una storia futura (catal., Ferrara), Roma 2007, p. 103; A. Còccioli Mastroviti, Per il quadraturismo a Cremona e nel territorio: committenti, artisti, cantieri, in Artisti cremonesi. Il Settecento (catal.), a cura di B. Bianchi - R. Colace, Cremona 2011, pp. 41-68, 232-247.
Anna Chiara Fontana