NARDINI DESPOTTI MOSPIGNOTTI, Aristide
– Nacque a Livorno il 17 aprile 1826 da Pasquale Nardini e da Carolina Fornaciari, che in seconde nozze sposò Anastasio Despotti Mospignotti. Fu battezzato con il nome di Aristide Enrico Alessandro Giuseppe Anastasio Gaudenzio.
Compì gli studi presso i barnabiti, passò poi all’Università di Pisa dove si laureò in matematica applicata e fisica il 12 febbraio 1849 e in lettere il 22 febbraio 1850; nel 1852 ricevette il diploma di ingegnere e architetto. Non esercitò mai la pratica professionale e si dedicò esclusivamente allo studio e alla teoria dell’architettura, partecipando tuttavia ai più importanti concorsi architettonici dell’Italia umbertina.
Nel 1853 pubblicò a Firenze, a proprie spese, il suo primo lavoro, intitolato Della razionalità architettonica. Escludendo dalla trattazione considerazioni sulla tecnica dell’arte muraria, l’opera era suddivisa in quattro libri: Delle origini architettoniche, Della essenza architettonica, Delle forme architettoniche, Della composizione architettonica. Nel 1854 fu nominato socio della Società de’ filodidaci e corrispondente della Società Colombaria fiorentina. Tra il 1859 e il 1862 fu maggiore, poi colonnello, del terzo battaglione della guardia nazionale di Livorno. Con decreto di Vittorio Emanuele II, nel 1861 fu nominato cavaliere (e l’anno successivo ufficiale) dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro. Partecipò attivamente alla vita pubblica di Livorno, rivestendo vari incarichi civili: fu consigliere comunale dal 1861 al 1891e provinciale dal 1865 al 1868.
Partecipò al secondo (1864) e al terzo (1866-67) concorso per la facciata di S. Maria del Fiore di Firenze. I progetti non ebbero molto successo, ma gli offrirono l’occasione di pubblicare uno studio intitolato Della facciata del duomo di Firenze (Livorno 1864), seguito dalla Appendice agli studi… sulla facciata del duomo di Firenze (ibid. 1864) e da Due disegni per la facciata del duomo di Firenze (ibid. 1867). Il primo studio del 1864 fu notevolmente apprezzato, oltre che da Errico Alvino, in una lettera aperta pubblicata su La Nazione del 28 agosto 1864, anche dalla stampa periodica; sulla Gazzetta del popolo del 20 luglio 1864 l’anonimo articolista rimarcava che «se invece d’una facciata si dovesse mettere al nostro Duomo un libro io direi, pigliate quello del Nardini». Le scelte progettuali da attuare erano dettate dall'analisi attenta dell’architettura storica: per continuare e completare un’opera quale il duomo fiorentino era necessario, secondo Nardini, indagare le 'sorgenti d’ispirazione'. Solo attraverso l’individuazione delle origini era possibile 'inventare' la facies del monumento e le sue possibili varianti. Intervenendo nel dibattito sulla questione dello 'stile adeguato' – emerso dagli approcci compositivi dei partecipanti ai concorsi, sintetizzati come elencò la giuria, nelle soluzioni monocuspidale (anche detta basilicale), e tricuspidale, o rispondente alle navate interne della cattedrale – Nardini ragionò sulle diverse possibili conclusioni del monumento e sulle decisioni esperibili per il disegno complessivo della facciata. Nel secondo volume inserì, infatti, una foto di un progetto diverso rispetto a quello presentato alla gara, risultato dalle modifiche alla parte superiore e alle decorazioni centrali. In occasione del terzo concorso propose invece un prospetto 'pseudobasilicale', in duplice versione: la prima – raffigurata con un disegno al tratto – secondo i principi della 'creazione', la seconda – presentata con un disegno acquerellato – in linea con i dettami della 'imitazione'. Quest’ultima, nello scritto del 1867, venne definita, più volte «una delle solite facciate, cioè una fiancata di faccia». In tal senso, Nardini sembra, da un lato, aver conosciuto il pensiero di Viollet-le-Duc, dall’altro, sviluppato – in relazione al tema del policromismo – una sensibilità quasi ruskiniana (Cresti - Cozzi - Carapelli, 1987, p. 148).
Nel 1865 divenne membro della giunta di vigilanza dell’Istituto nautico e della commissione vigilatrice della Scuola di arti e mestieri di Livorno, l’anno successivo capoguardia onorario della Venerabile arciconfraternita della Misericordia di Livorno. Nel 1868 fu chiamato a far parte del Consiglio di sanità provinciale, mentre il 28 agosto 1870 fu nominato accademico onorario dal collegio dei professori della Reale accademia di belle arti di Firenze. Nel 1873 fu nominato ufficiale dell’Ordine equestre della Corona d’Italia.
Sul tema delle facciate incompiute e della cattedrale fiorentina pubblicò ancora Il sistema tricuspidale e la facciata del duomo di Firenze (Livorno 1871) ei due saggi Filippo di ser Brunellesco e la cupola del duomo di Firenze, e Il campanile di S. Maria del Fiore (ibid. 1885). I suoi interessi però non si limitarono solo al campo architettonico, ma si estesero anche a quello della letteratura; scrisse infatti alcune poesie e un poema epico (I faneromeni d’Omero, di Aristarco Scannaciuco, pubblicati per cura di Aristide Nardini Despotti Mospignotti, ibid. 1880).
Il 28 aprile 1881 divenne ispettore degli scavi e monumenti dell’antichità di Livorno. Nello stesso anno partecipò al concorso per il monumento nazionale a Vittorio Emanuele II da costruirsi a Roma. Ispirandosi al cimitero Monumentale di Milano e in parte alle moschee arabe per la presenza – come si leggeva su Il Popolo romano del 2 febbraio 1882 – di un'ingombrante cupola a cipolla di 'stile maomettano', elaborò un progetto di monumento funerario con cripta e famedio, nel quale la statuaria e le iscrizioni, come scrisse nella relazione, avrebbero accompagnato in maniera logica e discorsiva i visitatori.
In occasione del concorso mondiale per la nuova facciata del duomo di Milano, diede alle stampe il volume Del duomo di Milano e della sua nuova facciata (Milano 1889) e l'opuscolo La facciata nuova per il duomo di Milano (ibid. 1889). Nel 1891 divenne socio onorario dell’Accademia La nuova fenice. Ricorrendo il centenario del duomo d’Orvieto, divulgò uno studio intitolato Lorenzo da Maitano e la facciata del duomo di Orvieto (Roma 1891).
Nel 1897 pubblicò per la Cooperativa editrice di Roma il saggio L’architettura jonica in relazione a quella dei popoli ariani dell’Asia anteriore, anticipazione di un’opera rimasta incompiuta dal titolo Origini dell’architettura in Italia che, se portata alle stampe gli avrebbe «accreditato fama di valentissimo critico ed archeologo» (Canestrelli,1903, p. 118). Nello stesso anno, fu nominato dal Municipio di Livorno membro del Consiglio direttivo della Scuola di arti e mestieri, incarico che ricoprì fino al 1900, e vicepresidente della commissione vigilatrice del Museo civico.
Negli ultimi anni di vita, nonostante le difficoltà economiche, continuò a rendere gratuitamente i pubblici servigi, tanto che «le persone buone e giuste fecero gran plauso, perciò quando nel 1899 fu nominato bibliotecario della Labronica, ricompensa inadeguata forse ai suoi meriti, ma pubblico segno di estimazione a cittadino così onorato» (Vigo, 1903).
Il suo ultimo lavoro pubblicato fu Il duomo di S. Giovanni oggi battistero di Firenze (Firenze 1902).
Morì a Livorno il 26 maggio 1903.
Occupandosi per tutta la vita di studi storici, animò il dibattito nazionale, soprattutto, sul completamento delle facciate delle grandi cattedrali irrisolte. L’interesse per la storia dell’architettura andò ben oltre i limiti imposti dalle occasioni progettuali. Di lui si disse che «fu uno dei primi a dare a questo studio un nuovo indirizzo, consociando alle ricerche storiche, attinte alle sicure fonti dei documenti coevi, l’esame diretto archeologico dei monumenti» (Canestrelli, 1903, p. 118).
Opere: oltre agli scritti citati nel testo si ricordano: Parole pronunziate sulla tomba al campo-santo suburbano di Pisa (con G. Borghini - E. Holtzmann et al.), s.l., s.d. [1872?]; Traslocamento del gruppo dei quattro mori: memoria a sua eccellenza il ministro della Pubblica Istruzione in nome della Commissione permanente dei lavori nel Consiglio comunale di Livorno, Livorno 1873; La facciata per S. Maria del Fiore. Disegno dell’architetto conte Carlo Arrighi Pisani, ibid. 1877; Il monumento nazionale al re Vittorio Emanuele II in Roma. Studi, ibid. 1881; La decorazione esterna del tempio di S. Giovanni, in Arte e storia, VII (1888), 17, pp. n.n.; Il portico del duomo di Livorno, in Miscellanea livornese, 1° marzo 1894, pp. n.n.; Il Pantheon: Agrippa, Adriano … e Settimio Severo?, Milano 1899; Arturo Conti. Per la collocazione nella civica pinacoteca del ritratto di lui omaggio e dono di artisti ed amici: 30 agosto 1903, Livorno 1903.
Fonti e Bibl.: L’archivio diNardini Despotti Mospignotti è stato ceduto dai familiari il 4 settembre 1903 alla Biblioteca Labronica F.D. Guerrazzi di Livorno. Un altro nucleo di documenti (non ordinato e pertanto non consultabile), costituito da circa 400 lettere, è stato acquistato nel 1905 dalla Biblioteca nazionale centrale di Firenze (collocato in Manoscritti da ordinare, n. 89). Altri documenti sono rintracciabili in: Roma, Arch. centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei ministri, Commissione reale pel monumento a Vittorio Emanuele II; Livorno, Arch. storico, Fondo Comunità, Atti, 1861-1869; Ibid., Arch. comunale, Consigli comunali, Atti, 1870-1891; Firenze, Arch. storico dell’Accademia di belle arti, Atti Collegio dei professori, 1870; Pisa, Arch. storico, Dottorati, 1850. P. Franceschini, La nuova facciata di S. Maria del Fiore. Appunti critici, Firenze 1883, pp. 40 s.; P. Vigo, A. N. D. M., in Gazzetta livornese, 26-27 maggio 1903; A. Canestrelli, A. N. D. M., in Miscellanea d’arte. Rivista di storia dell’arte medievale e moderna diretta da I.B. Supino, I (1903), 7, p. 118-120; F. Pera, Quarta serie di Nuove biografie livornesi, Siena 1906, pp. 70-78; G. Wiquel, Dizionario di persone e cose livornesi, Livorno 1976-85, p. 399; C. Cresti - L. Zangheri, Architetti e ingegneri nella Toscana dell’Ottocento, Firenze 1978, pp. 164 s., 332; D. Cappellini, L’opera teorica di A. N. D. M., tesi di laurea, Università degli studi di Pisa, facoltà di lettere e filosofia, a.a. 1981-82; D.L. Massagrande, Progetti e proposte per il Vittoriano nelle carte Correnti delle Civiche Raccolte storiche milanesi, Milano 1985, tav. n.n.; C. Cresti - M. Cozzi - G. Carapelli, L’avventura della facciata. Il duomo di Firenze 1822-1887, Firenze 1987, pp. 114-117, 146-148; Opera di S. Maria del Fiore di Firenze, Due granduchi, tre re e una facciata (catal.), Firenze 1987, pp. 165-167; M. Bini, I ricordi di architettura. Disegni e progetti alla fine del XIX secolo, Firenze 1990, p. 139; M. Cozzi - F. Nuti - L. Zangheri, Edilizia in Toscana dal Granducato allo Stato unitario, a cura di M. Cozzi, Firenze 1992, pp. 36 s.; Guida agli archivi delle personalità della cultura in Toscana tra 800 e 900. L’area fiorentina, a cura di E. Capannelli - E. Insabato, Firenze 1996, p. 419; C. Brice, Monumentalité publique et politique à Rome. Le Vittoriano, Rome 1998 (ed. it. Roma 2005, pp. 90 s., 149, 157, 168 s., 175); M. Savorra, «Facciate d’imitazione» e monumenti nazionali. I concorsi per il «completamento» delle chiese tra uso politico e ricerca delle origini, in Bollettino della Società di studi fiorentini, 2011, n. 20, pp. 156-165.