PRAMPER, Narciso
PRAMPER, Narciso. – Ignoti sono gli estremi biografici di questo prete friulano noto per aver prodotto nel 1560 un manoscritto di aspra polemica sulla messa, intitolato Specchio de verità, nuovamente composto per Narcisso Pramper da Udene, nel quale demostra et scuopre li enormi errori, gl’infiniti abusi et l’atrocissime idolatrie et biestemme, dal volgo non conosciute, sì della messa quanto del messale.
L’opera ha due dediche: «alla sua Patria del Friuli» e all’arciduca Massimiliano d’Austria, cui fu probabilmente presentata, dato che è conservata nella Biblioteca Palatina della Nationalbibliothek di Vienna (Codex Vindobonensis Palatinus 10519, in 4°, 122 cc.). Il prete si attribuisce esplicitamente la paternità del testo, ma in realtà esso è una copia, con poche varianti, della Annatomia della messa, la qual scuopre gli enormi errori et gl’infiniti abusi, dal volgo non conosciuti, sì della messa quanto del messale, utilissima, anzi necessaria a tutto il populo christiano, con un sermone dell’Eucharestia nel fine, il qual dimostra se Christo è corporalmente nel sacramento, o no, pubblicata nel 1552 sotto lo pseudonimo di Antonio di Adamo e senza indicazioni tipografiche, ma forse a Poschiavo da Landolfi o a Zurigo da Wyssen-bach e Gesner. Il libro ebbe un originale latino anonimo del 1550, ora perso, attribuito ad Agostino Mainardo. Fu messo all’Indice nel 1559 ed ebbe traduzioni in francese, inglese e latino. Pramper sceglie un testo protestante per ingraziarsi l’arciduca e si presenta come perseguitato dal vicario patriarcale di Aquileia Giacomo Maracco per la sua fede evangelica.
I fatti documentati della sua vita sono pochi, molti sono invece i dubbi che sollevano le sue affermazioni. Non apparteneva al casato dei Prampero, a suo tempo signori di Gemona. La prima notizia che lo riguarda risale al 10 febbraio 1543, quando divenne titolare della chiesa curata di Ciconicco, Ruscletto e Plasencis, sottoposta al capitolo di Cividale. Egli era soltanto chierico, e il beneficio gli fu conferito con la clausola che divenisse prete quanto prima. Tuttavia non amava risiedere nella curazia, perché nel luglio 1556 il tetto della canonica era tanto malridotto da renderla inabitabile. Era invece molto abile nello sbarcare il lunario chiedendo soldi in prestito senza restituirli. Nel settembre del 1555 doveva 52 ducati a un oste di Ciconicco, il 25 luglio 1556 pagò le spese dei mandati fatti contro di lui dal capitolo di Cividale a istanza del canonico Bernardino de Puppis e gli restituì il capitale, mentre il 13 agosto 1556 venne citato a San Daniele del Friuli, a istanza di ser Daniele Forlano, per una causa non specificata.
Pramper subì effettivamente due condanne da parte di Maracco, ma per questioni economiche. Aveva preso a prestito 200 lire e una pelliccia dal cavaliere Francesco Stella, cittadino di San Daniele, ma non li aveva restituiti e Stella aveva avviato contro di lui il 7 agosto 1556 un processo presso il vicario patriarcale precedente, Luca Bisanti. Questi, il 7 e 10 agosto, ordinò alle comunità di Ciconicco, Ruscletto, Plasencis, Silvella e Chiarandis di sequestrare gli affitti e gli altri proventi dovuti a pre Narciso. L’11 settembre Pramper fu citato a comparire; si presentò subito, ma già il 12 settembre fuggì dalle carceri. Dopo altre vicende giudiziarie, il 17 settembre fu emanata la sentenza, di cui manca il testo, ma si sa che il 3 ottobre 1556 fu imposto ai podestà di Ciconicco, Ruscletto, Plasencis di consegnare entro tre giorni i frutti dovuti a pre Narciso. La faccenda non finì così ed ebbe una coda fino all’11 dicembre 1557. Pramper nel frattempo aveva cercato scampo nella vicina diocesi di Concordia. Il tribunale concordiese aveva decretato la citazione e l’arresto, contro cui l’imputato aveva fatto ricorso il 27 novembre 1557. Il processo fu concluso dal vicario patriarcale Maracco il 18 marzo 1558, ma il testo della sentenza è troppo generico per intenderne i termini.
La seconda sentenza è di poco seguente. Pre Narciso fu processato dal capitolo di Cividale e condannato al bando dal vicario Bisanti nel 1556, non si sa per quale motivo. Tuttavia, alla metà del 1557 ritornò più volte a Ciconicco e si diceva che avesse rubato in chiesa frumento e due calici con le patene. Il capitolo pregò a questo punto il vicario patriarcale di intervenire. I primi di settembre del 1558 Maracco riuscì ad arrestare Pramper non si sa con quali imputazioni. Probabilmente riguardavano proprio i furti sacrileghi e si spiegherebbe così una pena severa come la condanna alle triremi «ad certum tempus», che effettivamente Maracco decise alla fine di settembre o ai primi di ottobre. Il prete riuscì a fuggire, come si ricava da una decisione del capitolo del 12 ottobre che ordinò la citazione di Pramper, ingiungendogli di riprendere il servizio, pena la rimozione dal beneficio. Anche il vicario generale, per contrastare lo strapotere del capitolo, fece affiggere il 15 ottobre un mandato sulla porta della chiesa di Ciconicco, imponendo che nessun prete officiasse senza sua licenza. Il capitolo a ogni modo continuò per la sua strada: il 21 emanò l’editto per l’assegnazione della curazia vacante, il 24 il prete contumace fu citato per l’amozione e il 31 ottobre fu rimosso definitivamente dal beneficio.
Pramper fornisce una spiegazione molto diversa della sua condanna alla galera. Nella dedica alla patria del Friuli e in un’integrazione al testo della Annatomia della messa narra infatti di essere stato processato per eresia dal vicario Maracco e riferisce molti dettagli delle sue tristi vicende: era rimasto 58 giorni in prigione, sempre ai ferri, con imputazioni obbrobriose. I suoi parenti non potevano parlargli per preparare una difesa, fu minacciato di tortura, non gli fu mai assegnato un termine per la difesa e infine fu condannato alla galera. A mezzanotte fu legato, caricato su un carro di contadini con due cavalli e portato via sotto la scorta di una ventina di sbirri armati. Maracco gli diede a intendere che lo faceva portare nel castello patriarcale di San Vito al Tagliamento per interrogarlo sotto tortura. Appena fuori dalla porta di Udine (non si dice quale delle quattro), il vicecancelliere (Pramper lo chiama cancelliere) Bartolomeo Brugno gli intimò la sentenza. Ma la notte seguente Dio, che non abbandona mai chi ha fede in lui, lo sciolse dai ferri alla palizzata del fiume Lemene vicino a Caorle, così che fuggì. Dopo essere rimasto tre giorni e tre notti nelle paludi, «nell’acqua et nel fango, fin alla gola», si allontanò e riparò in Austria.
Il racconto è molto dettagliato e il trattamento del perseguitato per la fede evangelica risulta brutale. Pochi particolari sono veri (come il vicecancelliere Brugno), ma l’insieme è del tutto inverosimile e nessuno dei comportamenti attribuiti a Maracco trova riscontro negli atti processuali del S. Uffizio. Un punto tuttavia si può accertare in modo sicuro: pre Narciso non fu mai processato per eresia. L’archivio del S. Uffizio di Aquileia e Concordia è integro e il nome del prete non vi compare mai. Inoltre per andare da Udine a San Vito al Tagliamento non si passa per Caorle, ma vi si passa per andare da Udine a Venezia, dove stazionavano le galere della Repubblica. Diventa allora credibile l’evasione compiuta dal prete a Caorle, mentre veniva portato a Venezia per la condanna ai remi per furto sacrilego.
Rifugiatosi in Austria, Pramper decise di conferire alla fuga una motivazione più nobile: la fede evangelica. Per dimostrarla mise a frutto ancora una volta la sua abilità nell’appropriarsi di cose altrui e trasformò un testo a stampa in un manoscritto, attribuendosene con poca fatica la paternità. Le varianti del manoscritto rispetto al volume a stampa sono poche. Ci sono dieci errori di copiatura (alle pp. 76, 78, 85, 131, 135, 151, 157, 184, 201, 210), che rendono poco comprensibile il testo, e tredici aggiunte, o modifiche, o rielaborazioni di pre Narciso per spiegare meglio alcune questioni, o riportare nomi e dati al Friuli, o citare Pier Paolo Vergerio (alle pp. 53, 60, 102, 147, 154, 162, 165, 173, 180, 181, 190, 205, 206 s.). Non si tratta dunque di una nuova traduzione dell’Anatomia missae e neppure di una parziale rielaborazione della versione italiana pubblicata nel 1552, ma di una copia con poche varianti.
Fonti e Bibl.: Udine, Archivio storico dell’Arcidiocesi di Udine, Curia arcivescovile, Manoscritti speciali, f. 595, incipit «1556. Prothocollum mandatorum inhibitorum civilium et ordinationum in Sancto Daniele formatorum, 1557», pp. 86-88, 102 s., 124-127, 165, 318, 345, 351-354, 356, 359; Acta, 1557, cc. 181v, 767r, 770r, 772r, 1558, c. 559r; Cividale del Friuli, Museo archeologico nazionale, Biblioteca, Archivio Capitolo, Definitiones, reg. 279a, cc. 151v, 157v, 158r, 159v-161r, 163r; Manoscritti diversi, b. 61, «Mandatorum liber tertius», cc. 49r-v, 96v, 98r-v.
L. De Biasio, Narcisso Pramper da Udene, un prete eretico del Cinquecento, Udine 1986; R.A. Pierce, Agostino Mainardo, Pier Paolo Vergerio e la Anatomia Missae, in Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance, LV (1993), pp. 25-43; A. Del Col, L’Inquisizione nel patriarcato e diocesi di Aquileia, 1557-1559, prefazione di A.J. Schutte, Trieste-Montereale Valcellina 1998, pp. CCXII-CCXXV; R.A. Pierce, Pier Paolo Vergerio. The propagandist, Roma 2003, ad ind.; S. Adorni Braccesi - S. Feci, Mainardo, Agostino, in Dizionario biografico degli Italiani, LXVII, Roma 2006, pp. 585-590; L’Inquisizione del patriarcato di Aquileia e della diocesi di Concordia. Gli atti processuali, 1557-1823, a cura di A. Del Col, Udine-Trieste 2009; V. Andreoli, Preti di carta. Storie di santi ed eretici, asceti e libertini, esorcisti e guaritori, Casale Monferrato 2010 (Pramper è la prima figura, descritta solo attraverso il libro di De Biasio).