NAPOLI (XXIV, p. 227; App. I, p. 879)
Nel decennio 1931-40 lo sviluppo edilizio di Napoli, favorito dall'importanza sempre maggiore che il suo porto era andato assumendo rispetto ai territorî d'oltremare, è stato molto notevole; in progresso risultavano specialmente il rione Vasto, nei pressi della stazione ferroviaria, il Vomero, che costituisce quasi un centro a sé stante in posizione dominante e salubre, il rione Regina Elena a occidente, i rioni Arenella e Mater Dei a nord, il rione Luzzatti verso est, il rione Speme sul declivio di Posillipo e quello di Fuorigrotta nella zona dei Campi Flegrei. Tale sviluppo, al quale corrispondeva un considerevole incremento demografico, venne arrestato dalla guerra e, a partire dal giugno 1940, ma in modo particolare negli anni 1943-44 la città ha subìto gravi danni a causa degli attacchi aerei. La compattezza edilizia, caratteristica dei vecchi rioni, ha fatto sì che le distruzioni operate dalle bombe siano state molto ingenti. Intere zone, prossime agli impianti industriali, agli scali ferroviarî e portuali, come il Borgo Loreto, sono state rase al suolo, mentre altre distruzioni sono state causate nella parte antica della città. Nell'insieme - considerando anche le rovine causate dai Tedeschi (v. appresso) - si calcola che siano state distrutte 10.000 abitazioni e 5000 danneggiate in modo da non essere più abitabili, con un totale di circa 100.000 vani. Tuttavia il numero degli abitanti - sebbene la mortalità infantile sia molto elevata e in questi ultimi anni il decesso per malattie infettive e tubercolosi risulti doppio rispetto a quello del 1931 - è andato aumentando, e al 31 dicembre 1947 quelli residenti nel comune superavano il milione (1.020.085).
Quanto allo sviluppo futuro, un piano regolatore era stato progettato da una commissione incaricata da alcuni enti cittadini (1936-39); successivamente (1945) un nuovo piano è stato preparato dalla associazione nazionale ingegneri e architetti, tenendo conto dei danni causati dalla guerra. Si è iniziata la costruzione della Via Marittima, la quale, dopo aver costeggiato il porto con una curva di 5 km., si dovrà innestare alla Galleria della Vittoria. Il diradamento demografico e il miglioramento delle condizioni di abitabilità sono tra i compiti che il piano di ricostruzione e di bonifica deve affrontare e risolvere. Esso prevede la creazione di 3 gruppi di nuclei urbani collegati al centro cittadino: quello ad ovest, legato allo sviluppo industriale e marittimo di Bagnoli-Pozzuoli; quello a nord, che si appoggia sul fertile altipiano e sulle sue industrie agricole in via di sviluppo; e quello ad est, connesso con l'incremento portuale e industriale.
Il porto (XXIV, p. 231; App. I, p. 880). - La guerra infierì particolarmente sul porto causandovi profonde distruzioni. Esse si riassumono nelle seguenti cifre: 80% delle banchine attraccabili e 85% dei depositi coperti e dei fabbricati funzionali, distrutti o danneggiati; tutto il complesso dell'attrezzatura meccanica e degli impianti idrici ed elettrici, distrutto. L'opera di ricostruzione ha avuto inizio con un certo ritardo dovuto alla prolungata occupazione militare, ma essa è molto avanzata e sarà compiuta nel 1949. La stazione marittima è stata ricostruita; è stata altresì ripresa la costruzione del nuovo grande bacino di carenaggio, interrotta a causa degli eventi bellici (v. in questa seconda App., I, p. 349). La via Marittima (v. sopra), in corso di costruzione, consente maggiore respiro al porto e crea gli spazî per l'attuazione del nuovo piano regolatore ferroviario. Quest'ultimo comprenderà due stazioni, di cui una per il vecchio porto, ubicata a P. Massa, e l'altra per il porto di levante nella zona dei Granili. Le due stazioni avranno adeguati fasci di nuovi binarî, cosicché risulterà proporzionato lo sviluppo di essi a quello delle banchine di attracco. Vedi anche porto, in questa Appendice.
Anche il traffico portuale può considerarsi in piena ripresa. Il movimento dei viaggiatori si è costantemente mantenuto vicino ai dati di anteguerra; anzi nel 1947, registrando complessivamente1.185.372 passeggeri tra sbarcati ed imbarcati, era maggiore che nel 1939 (1.133.036 passeggeri). Bisogna aggiungere tuttavia che le cifre relative al 1947 sono rappresentate in buona parte da movimento verso e da porti nazionali. Ma già nel primo semestre del 1948 era aumentata l'affluenza per l'estero, rappresentata da 28.160 unità (8,1% del movimento nello stesso semestre). Del pari considerevole è la ripresa del movimento di navi e di merci. Mentre nel 1939 si ebbe un movimento, tra arrivi e partenze, di 18.652 navi con complessive 2.766.027 t. di merci tra sbarcate ed imbarcate, nel 1947 si registrano 15.994 navi con 1.681.2o3 t. di merci, di cui circa l'85% in arrivo e il 15% in partenza. La bandiera italiana, come di consueto, vi è rappresentata in misura predominante (51%), mentre in sensibile aumento è la partecipazione dell'americana (24%), cui seguono l'inglese, la svedese e la norvegese con percentuali minori. Fra le merci sbarcate figurano principalmente: carbone, nafta, benzina, grano e altri cereali: tra quelle imbarcate: conserve alimentari, frutta, patate, macchine e prodotti chimici.
Danni ai monumenti e alle opere d'arte. - Circa un terzo degli edifici monumentali di Napoli sono stati colpiti dai bombardamenti subìti dalla città. Tuttavia le chiese e i monumenti completamente distrutti apparirebbero cose di non grande rilievo per l'arte se tra i danni e le distruzioni irreparabili non si dovesse annoverare anche tutto quanto era nell'interno della bellissima chiesa di S. Chiara. Questa, colpita da uno spezzone incendiario nel tetto il 4 agosto del 1943, divenne un'orrenda fornace nella quale scomparvero incenerite le ricche decorazioni settecentesche e quasi totalmente alcuni tra i più bei monumenti del Trecento che l'adornavano, compreso quello di Roberto D'Angiò, quello di Carlo di Calabria e l'altro di Maria d'Angiò Durazzo, opere, le due ultime, di Tino di Camaino.
Anche la chiesa di Monteoliveto è stata colpita, ma si è già in gran parte riparato ai danni. Così sono stati fatti lavori ai Gerolamini, alla chiesa del Carmine, dove è andato perduto il bellissimo soffitto ligneo, nel S. Paolo Maggiore, nel S. Lorenzo, ora tutto consolidato nelle sue pericolanti strutture, nel S. Pietro Martire, nella chiesa della SS. Annunziata - dove la bella cupola del Vanvitelli, squarciata dalle esplosioni, minacciava rovina - e in quella dello Spirito Santo. Altre chiese colpite e nelle quali si è già provveduto a lavori di restauro, sono: quella di S. Giovanni a Carbonara, di S. Maria a Caponapoli, di S. Gregorio Armeno, di S. Nicola alla Carità, dei Ss. Severino e Sassio, di S. Maria di Donnaregina, dell'Incoronata, di S. Maria Regina Coeli, di S. Domenico Maggiore e di S. Eligio. In questa ultima chiesa il crollo di mura, frutto di successivi restauri, ha messo in luce elementi notevolissimi delle antiche strutture gotiche di cui si è tenuto conto nel restauro. Ma ancora il triste elenco non è finito, ché a Napoli circa cinquanta chiese di preminente interesse artistico sono state colpite dai bombardamenti e, con le chiese, tanti antichi e nobili palazzi. Tra questi, il palazzo Cuomo Filangieri, quello dei Marigliano del Mormanno, quello Maddaloni, opera del Fansago, quello dei Sangro Sansevero, il palazzo Cellammare, il palazzo Calabritto, quello Serra di Cassano, quello d'Angri e il palazzo Partanna. In questi e in tanti altri palazzi, come nelle chiese, ciò che è irreparabilmente distrutto sono tante belle decorazioni, specie barocche che non era stato possibile proteggere o rimuovere. Infatti dalle chiese di Napoli, come dai musei, tempestivamente erano state rimosse le opere d'arte maggiori ed avviate ai depositi. Tuttavia uno di questi depositi, e propriamente quello della villa Montesano a S. Paolo di Belsito presso Nola, che ospitava con la parte più preziosa dell'Archivio di Stato di Napoli le raccolte del Museo Gaetano Filangieri, fu incendiato per barbara rappresaglia dai Tedeschi, e di circa 2.000 oggetti di quel museo sono state salvate solo due casse di quadri, tra i quali la bella S. Maria Egiziaca del Ribera. Ricostituito con doni di cittadini ed enti, il museo è stato riaperto il 29 settembre 1948 insieme con i musei Duca di Martina e Nazionale con la Pinacoteca, rammodernati e riordinati.
Storia. - Scesa l'Italia in guerra a lato della Germania, Napoli venne a trovarsi esposta, per la sua importanza militare, ai pericoli delle incursioni aeree nemiche. Tuttavia gli attacchi aerei, nei primi due anni di guerra, furono sporadici e quasi sempre diretti contro obiettivi militari o a questi connessi. A cominciare però dall'inverno 1942-43 le incursioni divennero più frequenti e sempre più indiscriminate, via via che il teatro di guerra si avvicinava dall'Africa alla Sicilia e alla penisola. Fra le cento e più incursioni che la città subì durante il conflitto, sono rimaste indimenticabili, per la violenza e la vastità delle distruzioni operate, quelle del 4 agosto e del 9 settembre 1943.
Annunciato l'armistizio fra l'Italia e gli Alleati (8 settembre 1943), i Tedeschi ricorsero a tutti i mezzi per eliminare ogni resistenza italiana. A tale data la città era presidiata da poco più di 3000 soldati male armati e non addestrati, addetti alla difesa del porto o ai depositi reggimentali, inquadrati nel XIX corpo (gen. Pentimalli) e privi di qualsiasi efficienza bellica; per contro i Tedeschi, oltre agli elementi sfusi, avevano a portata della città una divisione (12.000 uomini e mezzi corazzati). All'annuncio dell'armistizio seguì un disorientamento generale, aggravato dalla imposizione di deporsi. le armi, consegnandole ai Tedeschi. È da considerare che nelle predisposizioni emanate dall'autorità centrale per fronteggiare un'aggressione germanica, non era stata volutamente considerata la difesa della città, data la grande estensione dell'agglomerato urbano e la deficienza di forze; tuttavia un'azione coordinata per creare isole di resistenza prolungata sarebbe stata possibile. In pratica invece regnò molta incertezza, forse nella speranza di un rapido intervento degli Alleati o di una ritirata dei Tedeschi. Si ebbero episodî sporadici e anche eroici nelle caserme, azioni di gruppi di patrioti specie al Vomero, nonostante l'assenza di direttive, ma tutti gli sforzi singoli furouo vani: i Tedeschi soffocarono spietatamente la resistenza e l'11 settembre divennero padroni della situazione.
I Tedeschi, infatti, instaurarono nella città un governo militare, non senza ricorrere a misure arbitrarie e a metodiche violenze. Il sospetto che un militare germanico fosse stato assassinato con un colpo di fucile partito dalla sede centrale dell'Università degli studî costò l'incendio di essa e la distruzione della ricca biblioteca dell'Accademia reale che vi era allogata. E poi soprusi e rastrellamenti di persone, soprattutto di giovani atti alle armi o al lavoro delle retrovie, taglie, spoliazioni di negozî, asportazioni da uffici pubblici e da abitazioni private di apparecchi meccanici, radio, automezzi, ecc. Infine, appressandosi gli Alleati alla città, si accelerò l'opera di distruzione del porto e dei complessi industriali, vennero incendiati i grandi alberghi; distrutte le centrali elettriche, il gazometro; rovinato l'acquedotto; minati edifici pubblici e altro ancora.
Nel frattempo la 5a armata americana a sud di Salerno, dopo accaniti combattimenti si era consolidata arrestando violenti contrattacchi tedeschi e il 16 settembre, dopo una crisi iniziale gravissima, poteva cominciare a estendere la sua occupazione in direzione di Napoli. I Tedeschi accorsero con le loro forze per arginare la minaccia e occuparono anche i Monti Lattari per avere il tempo di distruggere il porto di Napoli; ma ben presto dovettero cedere e ripiegare verso il Volturno all'avvicinarsi delle avanguardie alleate che il 30 occuparono Pompei e Nocera.
Contro tanta ferocia tedesca, che aveva offeso anche i più pacifici cittadini nella loro dignità umana e civile, si sollevarono alfine alcune schiere di ardimentosi di ogni condizione sociale; la città, concorde in tutti i suoi ordini, le seguiva appassionatamente. Si organizzarono squadre armate, si elevarono barricate lungo le vie attraverso cui sarebbero passati i Tedeschi in partenza da Napoli e quivi per quattro giorni (le "quattro giornate": 28 settembre-1° ottobre 1943) imperversò la guerriglia: si poterono così impedire altri saccheggi e razzie e la distruzione, già preparata, di opere di utilità generale. Il 1° di ottobre, mentre da Capodimonte gli ultimi Tedeschi bombardavano Napoli, gli Anglo-americani entravano nella città, accolti come liberatori. Durante il proseguimento della guerra in Italia Napoli costituì per gli Alleati una base di cospicua importanza: ciò che le procurò ripetute incursioni aeree tedesche. Con la cooperazione soprattutto americana - che si mostrò particolarmente efficace in occasione dell'epidemia di tifo petecchiale del novembre 1943 - si pose mano a rimettere in efficienza i servizî pubblici; e lentamente e faticosamente la scompigliata vita civile si venne ricomponendo.
Provincia di Napoli. - La provincia di Napoli, in seguito al decreto 11 luglio 1945, n. 373, con cui è stata ricostituita la provincia di Caserta, ha perduto 56 comuni e la sua superficie è scesa da 3112 kmq. a 1171; invece la densità è salita a 1505 ab. per kmq., essendo gli abitanti 2.056.324 (al 31 dicembre 1947), per cui ora quella di Napoli risulta di gran lunga al primo posto tra le provincie italiane.
Bibl.: E. Pontieri, Rovine di guerra in Napoli, in Arch. stor. nap., LXIII, 1943; P. Gardner e B. Molajoli, Per i monumenti d'arte danneggiati dalla guerra nella Campania, Napoli 1944; A. Omodeo, L'Università di Napoli incendiata dai tedeschi, Napoli 1944; C. Barbagallo, Napoli contro il terrore nazista (8 settembre-18 ottobre 1943), Napoli, s.d.; R. Pane, in Le vie d'Italia, 1947, pp. 900-6.