SEBASTIANI, Napoletano (Napodano). – Nacque a Napoli forse nel 1298 – come lui stesso afferma chiudendo il suo commentario alle Consuetudines Neapolitanae (Napoli 1775, II, col. 480)
– da antica e nobile famiglia; nulla si sa dell’identità dei genitori.
Generalmente ricordato come Napodano, il suo nome è stato convincentemente riconosciuto in Napoletano Sebastiani (Neapolitanus Sebastianus de Neapoli) da Lorenzo Giustiniani (1788, p. 163), mentre Gregorio Grimaldi (1736, p. 4) aveva ritenuto che si chiamasse Sebastiano di Napoli (successivamente storpiato in Napodano).
A Napoli Sebastiani certamente crebbe e studiò, frequentando la scuola di Pietro Piccolo da Monteforte; terminati gli studi, nei quali, secondo Pietro Giannone (1723), «riuscì il primo della sua età» (ed. 1865, p. 359), intraprese contemporaneamente le carriere di avvocato e di professore (teneva corsi sul diritto civile, e cioè sul diritto romano) presso lo Studium. Come mostra anche un documento di poco anteriore alla sua morte, egli stesso si firmava «miles, iuris civilis professor ac Curiae Vicariae huius Regni Siciliae iudex»; il documento, datato 8 maggio 1362, è ricordato da Giustiniani (1788, p. 163): in effetti, nel 1345 – dunque in età matura, e quando aveva già raggiunto una fama ragguardevole come giurista – la regina Giovanna I aveva provveduto a nominarlo giudice della Gran Corte della Vicaria, chiamandolo negli anni seguenti presso di sé come consigliere e ‘familiare’.
In precedenza, Sebastiani aveva sposato Cecca de Castracanibus, che gli sopravvisse, come prova Giustiniani (1788, p. 163), smentendo Filippo De Fortis (1755); dal matrimonio nacquero dei figli, che scomparvero tutti nella terribile peste del 1348, così come gran parte dei familiari. Per trovare consolazione da questi lutti, oltre che per sottrarsi al morbo, Sebastiani si ritirò in una villa presso Monte S. Martino, ove attese a completare (il 5 aprile 1351, per sua stessa dichiarazione) il suo commento alle Consuetudines. Ammalatosi di ipocondria (De Fortis, 1755, p. 248), tornò successivamente a Napoli ma scomparve poco dopo (20 agosto 1362); la data esatta di morte si desumeva dall’epigrafe sepolcrale (fu sepolto in S. Domenico Maggiore), poi distrutta nel terremoto del 1446.
Sebastiani commentò l’intero corpo normativo vigente alla sua epoca nel Regno di Sicilia. Le sue glosse alle Costituzioni e ai Capitoli del Regno di Sicilia si aggiungevano a quelle dei precedenti annotatori e, a loro volta, furono riprese dai successivi. In questo modo esse passarono nelle moderne edizioni sin da quelle rispettivamente più antiche. A Sebastiani va forse riconosciuto un ruolo importante anche nella formazione del testo della vulgata dei Capitula se, come sembra, si deve individuare nel Brancacciano IV.C.5 della Biblioteca nazionale di Napoli uno dei suoi codici di lavoro (Cortese, 1978). Fu inoltre autore di un certo numero di commenti alle leggi giustinianee. È possibile trarre tale notizia sia direttamente da lui stesso sia attraverso Matteo d’Afflitto. Scrisse anche delle aggiunte ai commentari di Cino da Pistoia e forse un’opera che illustrava, alfabeticamente ordinati, termini e concetti giuridici (Giustiniani, 1788, p. 166).
Certamente, l’opera cui Sebastiani deve principalmente la sua notorietà è però la glossa che appose alle Consuetudines Neapolitanae.
Da quando, dopo averne ordinato la raccolta in scritto, nel 1306 Carlo II d’Angiò aveva provveduto a promulgarle, le Consuetudines vantavano nel Regno pieno valore di leggi, e Sebastiani fu il primo in assoluto a commentarle. La sua glossa fu grandemente apprezzata e godette della massima autorità fra i pratici come fra i successivi commentatori: gli uni e gli altri si abituarono ad attribuirgli «non inferior forza e vigore del testo medesimo» (Giannone, 1723, 1865, p. 359). L’editio princeps è quella curata da Francesco del Tuppo unitamente al testo normativo (Napoli 1482). Ne seguirono molte altre, fra i secoli XVI e XVIII, arricchite con l’aggiunta di annotazioni e integrazioni di vari altri giuristi.
La lettura dell’opera rivela in Sebastiani una notevole dimestichezza con i classici oltre a una profonda conoscenza degli istituti romanistici e della letteratura giuridica delle grandi scuole dell’Italia centro-settentrionale. Benché criticato per l’eccessivo e poco giustificato ricorso al diritto romano nell’interpretare le consuetudini regie (Giustiniani, 1788, p. 165), Sebastiani si contraddistinse tuttavia per un ingegno di giurista particolarmente acuto e originale.
Fra i vari possibili, merita di essere ricordato il caso della lunga glossa che appose al titolo XVII (De iure congrui) delle Consuetudines, che è considerata il primo trattato specificamente dedicato all’istituto della protimesi. Allontanandosi dai motivi (di carattere feudale) che dovevano aver soprattutto ispirato Carlo II, e non considerando affatto il tenore della pseudofedericiana const. Sancimus, Sebastiani mostrò piuttosto interesse e apprezzamento per l’antica tradizione bizantina. Con una complessa e originale costruzione teorica, egli giunse ad allargare notevolmente la portata dell’istituto consuetudinario conducendola ben oltre lo stretto dettato normativo (Cortese, 2005).
Fonti e Bibl.: P. Giannone, Istoria civile del Regno di Napoli, Napoli 1723, I, l. 21, cap. 7 (ed. Napoli 1865, IV, pp. 358-360); G. Grimaldi, Istoria delle leggi e magistrati del Regno di Napoli, III, Napoli 1736, pp. 4 s.; F. De Fortis, Governo politico, Napoli 1755 (rist. con il titolo Raccolta delle vite e famiglie degli uomini illustri del Regno di Napoli, Bologna 1972, pp. 247 s.); L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, III, Napoli 1788, pp. 163-166 (rist. Bologna 1970); B. Capasso, Sulla storia esterna delle Costituzioni del Regno di Sicilia, Napoli 1869, p. 102; E. Cortese, Nicolaus de Ursone de Salerno..., in Per Francesco Calasso. Studi degli allievi, Roma 1978, pp. 173-284 (ora in Id., Scritti, a cura di I. Birocchi - U. Petronio, Spoleto 1999, pp. 322, 334); Id., Il diritto nella storia medievale, II, Roma 1995, p. 338 n. 84; O. Zecchino, Le edizioni delle “Constitutiones” di Federico II, Roma 1995, p. 18; E. Cortese, Protimesi, in Federico II. Enciclopedia fridericiana, II, Roma 2005, pp. 537 s., 540.