Nairobi
Da cantiere ferroviario a capitale
Nairobi, la capitale del Kenya, è una delle città africane nate e consolidatesi con il colonialismo. A differenza di molti altri
ex capoluoghi coloniali, non è una città costiera; al contrario è su un altopiano, in una posizione climatica ottima, e lungo la ferrovia. Dopo l’indipendenza la città si è accresciuta di quartieri poveri abitati da immigrati attratti dalla modernità della capitale
La capitale del Kenya è oggi una delle più popolose e importanti città dell’Africa (v. anche Africa, storia della) nera, con 2.818.000 abitanti e un complesso molto rilevante di attività economiche. Molto meno di un secolo fa, però, Nairobi era solo una cittadina di circa 20.000 abitanti, che all’inizio del Novecento fungeva da capoluogo del protettorato dell’Africa orientale britannica; ancora all’inizio degli anni Ottanta la sua popolazione non arrivava a 800.000 abitanti.
La fondazione di Nairobi è relativamente recente (1890) e dipende anch’essa dalla colonizzazione, dato che il centro si formò spontaneamente come accampamento temporaneo per gli operai che stavano costruendo la ferrovia che dalla costa avrebbe raggiunto l’Uganda; l’accampamento si trasformò poi in stazione lungo il percorso ferroviario. Fin dai suoi primi anni di esistenza la città conobbe una forte presenza di Indiani e Pakistani, anch’essi sudditi coloniali britannici, che si insediarono a Nairobi per commerciare e che sono tutt’oggi numerosi nella città, dove hanno un loro quartiere.
La grande spinta allo sviluppo di Nairobi venne dall’indipendenza del Kenya, di cui fu proclamata capitale, ma anche certamente da una posizione piuttosto salubre. La città sorge infatti su un altopiano, a oltre 1.600 m di quota ma pochissimo a sud dell’Equatore. Il suo clima, quindi, non è quello tipicamente caldo-umido equatoriale, ma molto più temperato e meno piovoso: per questa ragione, soprattutto, venne scelta come sede politica, prima dai Britannici e poi dai Kenioti, invece di Mombasa, grande porto e città di più antica tradizione. Inoltre la posizione centrale rispetto alla parte più popolata del paese e lungo le principali vie di comunicazione con il mare, hanno rafforzato il ruolo di Nairobi come grande mercato, specialmente per i prodotti agricoli e dell’allevamento, così come ha attirato verso la città imprese industriali moderne e competitive che si sono aggiunte a quelle tradizionali (soprattutto alimentari).
Il centro di Nairobi riflette la pianificazione dell’epoca coloniale, con una pianta regolarissima, a scacchiera. L’espansione recente, invece, ha stravolto quest’ordine. Nella parte occidentale del centro urbano si trova il quartiere degli affari, la City, con gli uffici dell’amministrazione e le residenze delle classi agiate e degli europei, e con i moderni alberghi in cui fanno scalo i turisti che visitano i parchi naturali del Kenya, a cominciare da quello che si estende proprio alle porte della capitale. Si tratta in pratica di una città di tipo occidentale, con grattacieli, negozi, ristoranti, locali alla moda, in parte circondata da una fascia di parchi cittadini che la separano dal resto. Ci sono poi il quartiere commerciale degli Indiani e i quartieri residenziali africani ‘legali’, costruiti in muratura.
All’esterno del centro si sviluppano immense baraccopoli molto articolate, in cui le costruzioni sono realizzate con i materiali più vari, ma tentando di riprodurre il tipo di insediamento originario: quasi tutti gli abitanti di Nairobi sono, infatti, recenti immigrati dalle campagne keniote. Questi quartieri ‘informali’ – cioè abusivi – privi di servizi urbani, e perfino di strade di accesso, sono continuamente in crescita, ed è difficilissimo stabilire, al di là dei dati ufficiali, quale sia la popolazione complessiva della città. Nel più famoso di questi quartieri, Kibera, si stima che vivano ammassate 800.000 persone. L’attrattiva principale di Nairobi è oggi l’industria. La città ha infatti un discreto insieme di fabbriche (metalmeccaniche, materiali da costruzione, alimentari) che lavorano anche per l’esportazione. Ma il lavoro che forniscono non è nemmeno lontanamente sufficiente per tutta la popolazione. Un problema aggiuntivo, per Nairobi come per altre città del Terzo Mondo, è la presenza di decine di migliaia (c’è chi parla addirittura di 100.000) di ‘bambini di strada’, ragazzi che hanno perduto o abbandonato la famiglia e che vivono di espedienti.