NAÏF
. Con l'espressione art naïf ("arte ingenua") s'intende indicare una forma d'arte che non ha alcun legame immediato con il mondo culturale, sia esso accademico o d'avanguardia, e non s'inserisce neppure in una tradizione di tipo artigianale, come per es. quella delle pitture d'insegne, di ex-voto od ornamenti di mobili. Non è un'arte di professionisti, ma ha eguale serietà e rigore; non si possono considerare perciò n. le forme di dilettantismo condizionate dal gusto o dalla tradizione dell'arte colta (i cosiddetti pittori della domenica).
Professata da autodidatti per lo più di non alta estrazione sociale (contadini, operai, donne di fatica, modesti funzionari o commercianti), quest'arte tende a rappresentare gli aspetti comuni della vita quotidiana che si trasforma attraverso gli occhi candidi dei migliori in una visione poetica e magica della realtà (i pittori n. sono anche chiamati maestri popolari della realtà). Si è voluto legare l'arte n. come fenomeno sociale alla società industriale, tuttavia soltanto dall'inizio di questo secolo essa ha assunto una dimensione storica particolare per l'interesse che ha suscitato in artisti, scrittori e collezionisti. Chi iniziò e introdusse il discorso sull'arte n. fu H. Rousseau il Doganiere, che occupa certamente un posto eccezionale per la portata altissima della sua arte. Nota è la sua amicizia con A. Jarry, G. Apollinaire, P. Picasso, R. Delaunay: non si può negare l'impressione profonda che produsse in loro l'arte di Rousseau, anche se la sua scoperta era in certo senso posta sullo stesso piano e suscitava lo stesso fascino delle arti delle popolazioni primitive (non a caso i pittori n. vengono anche chiamati neo-primitivi o primitivi del 20° secolo) e questa stessa amicizia fu all'inizio quasi un gioco e velata da una leggera ironia. Il critico e collezionista W. Uhde nel 1912 scopriva a Senlis un'altra pittrice n. di valore eccezionale, Séraphine (S. Louis); subito dopo la prima guerra mondiale era messa in luce l'opera di L. Vivin (1861-1936), di C. Bombois (n. 1883), di A. André Bauchant (1873-1958). Nel 1927 a Parigi G. Courteline esponeva, suscitando molto interesse, la sua collezione di pittori n., definendola molto felicemente Musée du Labeur Ingénu; va però ricordato che la stessa collezione era apparsa sulle pagine del giornale satirico Cocorico nell'agosto 1900 sotto l'ironico titolo di "Museo degli orrori". Nuove esposizioni a Parigi (1932), a Zurigo (1937), a New York (1938), a Berna (1949), a Bruxelles (1958), a Baden Baden, Hannover e Francoforte (1961), a Roma, Salisburgo e Parigi (1964), a Zagabria (1970), la donazione della raccolta Uhde, nel 1948, al Museo d'arte moderna di Parigi e l'istituzione (dal 1966) di una triennale d'arte n. a Bratislava hanno portato molta pubblicità al mondo dei naïfs. Particolare rilievo dev'essere dato alla scuola iugoslava, che si raggruppa intorno a I. Generalić nel villaggio di Hlebine e intorno a J. Brasić (n. 1905) nel villaggio di Oparić, e annovera personalità di grande rilievo come M. Virius (1889-1943) ed E. Feješ (1904-1969). Notevole importanza hanno anche gli americani M. Hirschfield (1872-1946), di origine russo-polacca, e A. M. Robertson Moses (1860-1961), conosciuta come Grandma Moses, lo svizzero A. Dietrich (1877-1957), gl'italiani O. Metelli (1872-1938) e A. Ligabue (1899-1965), l'olandese S. Meijer (1877-1965), l'haitiano H. Hyppolite (1894-1948). Ancora va ricordata la scultura, dalle realizzazioni complesse e monumentali, come il Palazzo ideale che il fattore F. Cheval (1863-1924) costruì in più di quarant'anni a Hauterives, alle attualissime composizioni del minatore tedesco E. Boedeker (1906-1971) come La società moderna, che considera le conseguenze della lite tra Adamo ed Eva (1970). L'inserimento nel mercato d'arte ha fortemente influito sull'arte n. nei tempi più recenti, insinuando il dubbio sulla genuinità di talune sue espressioni, sempre più condizionate dall'espansione della comunicazione visiva propria dei mass media, e dunque toccandone uno dei caratteri fondamentali, cioè l'onestà davanti all'arte e alla vita. Confine incerto dell'arte n. è quello con i prodotti delle tradizioni popolari; generalmente si può dire che l'arte n. non riconosce i legami utilitari delle arti popolari (ex-voto, insegne, immagini religiose, teatro popolare, decorazione di oggetti, ecc.), anche se per certi aspetti formali, e certamente per un suo prevalente carattere descrittivo ed emblematico, essa ha alcuni riferimenti storici a quella tradizione. Per il suo candore, l'arte n. ha un precedente nei cosiddetti primitivi americani (dagli anonimi limners, a M. A. Willson, al più noto E. Hicks), ma essa si svolge in una situazione storica del tutto diversa, testimone del decadimento delle credenze popolari più antiche e radicate, e dell'incomprensione del mondo industriale. Così, mentre sono frequenti i riferimenti alla tradizione mitologica e religiosa o ai grandi avvenimenti della cronaca, del tutto assente è la testimonianza della condizione operaia: i rari paesaggi industriali sono quasi senza figure. D'altro canto, notevole è l'influsso che la dissociazione dalla realtà contemporanea degli artisti n., o la loro capacità d'intuirne i valori simbolici e trascendenti, ha avuto sull'arte colta.
Vedi tav. f. t.
Bibl.: W. Uhde, Fünf primitive Meister: Rousseau, Vivin, Bombois, Bouchant, Séraphine, Zurigo 1947; O. Bihalij-Merin, Primitivi contemporanei, Milano 1959; S. Janis, The taught themselves. American primitive painters of the 20th century, Port Washington 1965; A. Jakovsky, peintres naïfs, Basilea 1967; id., Ces peintres de la semaine des sept dimanches, Milano 1969; B. Kelemen, La peinture naïve yougoslave, Zagabria 1969; American naïve painting of the 18th and 19th century, a cura di The American Federation of Arts, 1969; A. Dasnoy, Exegèse de la peinture naïve, Bruxelles 1970; O. Bihalij-Merin, Pittori naïfs, Milano 1972; R. Margonari, Naïfs, Parma 1973.