NAǦ῾ ḤAMMĀDĪ
(App. IV, II, p. 542)
I codici di Naǧ῾ Ḥammādī . − Per quanto concerne l'originario ritrovamento dei manoscritti (1945), è probabile che comprendesse anche altri codici, di cui solo recentemente sono cominciate a circolare sul mercato antiquario notizie, del resto assai confuse. I manoscritti oggi noti conobbero dopo la scoperta varie vicissitudini, dovute sia al particolare carattere del mercato antiquario, sia alle gelosie e incomprensioni fra i pochi specialisti, che ne hanno ritardato la pubblicazione e lo studio.
I testi sono in gran parte tramandati da questi soli manoscritti, e ignorati dalle altre fonti; inoltre sono spesso privi di titolo nel manoscritto, o con titoli che non sembrano corrispondere a un'identificazione precisa fuori dall'ambiente in cui sono stati copiati da ultimo.
L'elenco qui di seguito si adegua pertanto all'uso più comune presso gli studiosi, con preferenza per il latino (o greco latinizzato), ma l'identificazione più precisa si ottiene con l'indicazione di codice e posizione nel codice. Del resto in molti casi non è affatto certo che ci si trovi davanti a opere complete, piuttosto che a lunghi brani estratti per motivi ancora da stabilire (per es. il brano dall'Asclepius, Cod. vi, 8).
Cod. i: 1. Oratio Pauli; 2. Epistula Iacobi apocrypha; 3. Evangelium Veritatis (alcuni frammenti anche nel Cod. xii); 4. De resurrectione ad Rheginum; 5. Tractatus Tripartitus. Cod. ii: 1. Apocryphon Iohannis (altre due versioni si trovano nei medesimi codici di N. ῾H., e una quarta nel Cod. Berolinensis P8502); 2. Evangelium Thomae; 3. Evangelium Philippi; 4. Hypostasis archonton; 5. Sine titulo [de origine mundi] (alcuni frammenti nel Cod. xiii); 6. Exegesis de anima; 7. Liber Thomae athletae. Cod. iii: 1. Apocryphon Iohannis; 2. Evangelium Aegyptiorum (un'altra redazione è nel Cod. iv); 3. Epistula Eugnosti (un'altra redazione è nel Cod. v); 4. Sophia Iesu Christi; 5. Dialogus Salvatoris. Cod. iv: 1. Apocryphon Iohannis; 2. Evangelium Aegyptiorum. Cod. v: 1. Epistula Eugnosti; 2. Apocalypsis Pauli; 3-4. Apocalypsis Iacobi prior et altera; 5. Apocalypsis Adam. Cod. vi: 1. Acta Petri; 2. Bronte, Nous teleios; 3. Logos authenticos; 4. Noema magnae potentiae; 5. Excerptum ex Platonis Republica (ix, 588B-589B); 6. De ogdoade et enneade; 7. Oratio hermetica; 8. Excerptum ex Asclepio. Cod. vii: 1. Paraphrasis Shem; 2. Tractatus magni Seth; 3. Apocalypsis Petri; 4. Doctrina Sylvani; 5. Tres stelae Seth. Cod. viii: 1. Zostrianos; 2. Epistula Petri ad Philippum. Cod. ix: 1. Melchisedek; 2. Meditatio Noreae; 3. Testimonium veritatis. Cod. x: 1. Marsanes. Cod. xi: 1. Interpretatio gnoseos; 2. Expositio valentiniana; 3. Fragmenta varia; 4. Allogenes; 5. Hypsiphrone. Cod. xii: 1. Sententiae Sexti; 2. Evangelium veritatis; 3. Fragmenta varia. Cod. xiii (fogli inseriti nel Cod. vi): 1. Protennoia trimorphos; 2. Sine titulo [de origine mundi].
I manoscritti sono attualmente conservati presso il Museo Copto del Cairo, in fogli separati posti fra due lastre di materiale plastico trasparente, dopo un accuratissimo lavoro di restauro. È stata pubblicata un'edizione in facsimile, che fornisce anche lo standard per la numerazione dei codici. Anche alcune copertine sono state conservate. Parecchi codici sono in ottimo stato (specialmente i codici i, ii, iii, vi, vii), altri sono molto rovinati. La loro manifattura risale al periodo in cui il rotolo papiraceo veniva soppiantato dal codice, che in un primo momento era costruito mediante la riunione dei fogli in un solo quaderno. Gli scribi sono molti, anche all'interno di uno stesso codice, ma il periodo a cui risale la scrittura è posto per comune consenso al secolo 4° (probabilmente la seconda metà).
Molti e di varia natura sono i problemi sollevati dai manoscritti, e accenneremo pertanto qui di seguito soltanto ai principali.
Quanto alla composizione del gruppo, rimane il dubbio se si tratti o meno di una biblioteca: anche se al momento in cui furono deposti nel luogo dove poi sono stati trovati, i 12 (o 13) codici formavano evidentemente una raccolta unitaria (e così fu considerata per parecchio tempo), in seguito si è dubitato del fatto che all'origine ciascuno dei codici fosse stato prodotto per essere posto insieme con gli altri, o comunque su richiesta di un solo ambiente, e tanto meno in uno stesso scrittorio, né si ritiene che le opere abbiano un carattere comune, né che siano state tradotte o tramandate in ambiente unitario. Ciascun codice dev'essere dunque considerato un problema a sé, salvo stabilire poi rapporti precisi con altri codici del gruppo. Si può così constatare come il Cod. i contenga scritti di origine valentiniana, il v scritti apocalittici, il vi scritti ermetici (accanto ad altri diversi).
Circa l'identità dei gruppi o comunità gnosticizzanti in Egitto, interessati a produrre testi in lingua copta, come quelli trovati a N.Ḥ., esiste una documentazione esterna, che si affianca a quella interna degli stessi testi. I papiri di scarto usati per fabbricare le copertine di alcuni codici provengono da un monastero pacomiano. Questo non avrebbe di per sé grande significato, potendosi spiegare in molti modi; ma si aggiunge al fatto che N.Ḥ. si trova appunto nel territorio di fondazione dei primi monasteri pacomiani (in primo luogo pBou, divenuto il monastero principale), e che alcuni studiosi avevano già indicato le comunità pacomiane come possibile ricettacolo dei gruppi gnosticizzanti.
È vero che, nonostante alcuni tentativi ingegnosi, la documentazione sui pacomiani (Vite di Pacomio e testi correlati) non sembra giustificare un orientamento gnosticizzante di questo movimento. Ma è anche vero che in quella stessa documentazione si allude all'esistenza di eretici ''origenisti''; che le lettere di Pacomio contengono elementi misteriosi i quali le apparentano in qualche modo ad alcuni testi gnosticizzanti (e quanto dice in proposito Palladio, sebbene falso sul piano storico, sembra accennare nel sottofondo a un'atmosfera gnosticizzante); infine, è difficile pensare ad altri centri (a noi noti) interessati, in quel periodo e in quella regione, alla produzione in lingua copta.
La commistione di origenismo tardivo e di gnosticismo sembra la chiave per comprendere l'ambiente in cui collocare i testi copti gnosticizzanti. Un'importante testimonianza dell'archimandrita Shenute (probabilmente 348-466), scritta fra il 430 e il 450, c'informa che tali testi erano ancora diffusi a quell'epoca, e proprio nell'ambiente monastico dell'Egitto centro-meridionale. È probabile che questa sopravvivenza fosse dovuta all'unione di due fattori: un certo tipo di interessi dottrinali e spirituali dei primi pacomiani, e la fuga dei monaci origenisti perseguitati da Teofilo dopo il 401, che rafforzarono, forse modificandoli, tali interessi.
Per quel che concerne gli aspetti linguistici, è sostanzialmente certo che i testi sono esistiti in lingua greca, e quella che troviamo nei codici di N.Ḥ. è la traduzione. Nel periodo in cui è da supporre siano state effettuate le traduzioni (3°t4° secolo), la lingua copta stava appena assumendo una dignità letteraria, e dunque uno standard grammaticale e sintattico, soprattutto attraverso il lavoro di traduzione dei libri biblici. Chi lo compì, aveva in certo senso imposto la forma (dialetto) oggi detta ''saidica'', canonizzata in modo assai preciso, che tuttavia conviveva con altre forme dialettali. I testi di N.Ḥ. si conformano per la maggior parte al saidico, ma con parecchie deviazioni, fonetiche soprattutto ma anche morfologiche. Alcuni testi sono invece redatti nel dialetto ora chiamato licopolitano, perché probabilmente parlato in quella regione. Tutto ciò è di grande interesse per la storia della lingua copta.
Quanto alle edizioni, quella menzionata, in facsimile, rimane essenziale per ogni approfondimento critico (salvo la consultazione dei manoscritti stessi) a causa della particolare situazione dei testi. Ad essa si aggiungono, oltre varie edizioni singole, più o meno autorevoli, due collane che hanno in programma l'edizione critica integrale: The Coptic-Gnostic Library, edited with English translation, introductions and notes (nella serie Nag Hammadi Studies); Bibliothèque Copte de Nag Hammadi, Section ''Textes'', Lovanio. È da ricordare anche l'esistenza di una traduzione completa in lingua inglese. Vedi tav. f.t.
Bibl.: D. Scholer, Nag Hammadi Bibliography 1948-1969, Leida 1971 (cfr. poi i supplementi annuali in Novum Testamentum); The facsimile edition of the Nag Hammadi Codices, 11 voll., ivi 1972-79; The Nag Hammadi Library in English, a cura di J. M. Robinson, ivi 1977 (1988); C. Scholten, Die Nag-Hammadi-Texte als Buchbesitz der Pachomianer, in Jahrbuch für Antike und Christentum, 31 (1988), pp. 144-72.