MZĀB (A. T., 112)
B Gruppo di oasi dell'Algeria meridionale, a sud della cosiddetta regione della Chebka e composto dalle oasi di Ghardaïa, la principale, Melika, Beni Isguen, el Ateuf, Metlili e, separate dalle altre, Guerrara e Berriane. Ciascuna di esse alberga un centro urbano.
Eccetto alcuni musulmani di rito mālekita e un po' di ebrei, gli abitanti indigeni della eptapoli mzābita appartengono all'eresia degli Ibāḍiti (v.), le cui dottrine religiose e giuridiche professano e praticano, specialmente in patria, con sincero attaccamento, tanto da dare l'impressione di un gruppo di fervidi credenti dalla vita semplice e austera. e da giustificare l'appellativo a loro dato da qualche scrittore europeo, di puritani del deserto. Anche il loro passato ha notevoli elementi eroici. Dopo la distruzione, al principio del sec. X d. C., del regno ibāḍita di Tāhart (v.) per opera dei Fāṭimiti, una parte degli abitanti non volendo rinunciare alle proprie credenze né sottomettersi al vincitore, emigrò verso il sud Algerino rifugiandosi nella zona di Warglah, ove già vi erano degli Ibāditi, e creando un nuovo centro, Sedrātah (berbero Isedrāten), che ebbe un. certo splendore anche artistico. Di là alcuni degli Ibāḍiti, sia per diffondere le proprie dottrine, sia per prepararsi, in vista di altre persecuzioni, un rifugio ancora più inaccessibile, si recarono nella sterile e desolata regione del Wādī Mzāb (nome mutato in Mīzȧb, per falsa etimologia, da alcuni modernissimi scrittori arabi), in pieno deserto, e vi fondarono, durante il sec. XI d. C., le cinque città che costituirono la primitiva pentapoli mzābita e che a mano a mano si popolarono, specialmente dopo che, nella seconda metà di detto secolo, Sedrātah fu distrutta. Con abilità e tenacia riuscirono a fare di quella regione arida e poverissima, percorsa da nomadi, una dimora di sedentarî, scavando una grande quantità di profondi pozzi, utilizzando metodicamente la rarissima acqua piovana, facendo enormi piantagioni di palme e creando così fresche oasi e giardini; e in seguito (secolo XVII a. C.) fondando altri due centri urbani, che con i cinque già esistenti formarono la confederazione delle sette città ibāḍite rette da una loro costituzione e da norme che in parte sono consacrate nei famosi qānūn. La regione fu poi sottoposta nel 1853 al protettorato francese e nel 1882 fu annessa al territorio algerino.
Oltre che attendere all'agricoltura, questi Berberi sahariani hanno alcune industrie e molti di essi si dànno al commercio. In antico trafficavano col Sūdān e, tra l'altro, in schiavi. In tempi più recenti, per le mutate condizioni politiche dell'Algeria e per l'aumentata popolazione, si è determinata presso i Mzābiti una forma d'emigrazione temporanea, per la quale buona parte di essi si reca nelle città della zona costiera e vi resta periodi più o meno lunghi, esercitando piccoli mestieri o commerci. Tale fenomeno avrebbe portato col tempo a un trasferimento di tutta la popolazione che avrebbe finito col fondersi anche religiosamente col resto degl'indigeni. Per impedire ciò, i Mzābiti hanno adottato la norma di proibire alle donne l'emigrazione, in modo che il centro familiare di tutti resta sempre lo Mzāb.
Oltre che usare l'arabo dialettale nelle relazioni con l'esterno e l'arabo letterario come lingua scritta, questi Ibāditi hanno un loro proprio dialetto berbero che appartiene al gruppo della Zenātiyyah, e al quale sono tenacemente attaccati come espressione della loro intimità familiare e del loro senso di nazionalità.
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